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Architetti

di MASSIMO GIUNTOLI

Presidente dell'Ordine degli Architetti di Torino

Per una progettazione di qualità

Nel disegno di Legge di Bilancio 2019 si propone di istituire una struttura centrale per la progettazione. Il mondo professionale ha espresso il proprio dissenso, sottolineando le ricadute negative sul mercato, sulla qualità degli interventi e, dunque, sulla qualità delle città

Torino, primavera 2019

Di recente, la comunità degli architetti italiani ha fatto squadra su alcuni temi della professione che destano allarme e preoccupazione: per citarne uno, l’equo compenso, che l’Ordine degli Architetti di Torino ha personalizzato con la campagna di sensibilizzazione #ilProgettoNONèScontato. Oggi si aggiunge un ulteriore tassello che suscita non poche perplessità: nel disegno di Legge di Bilancio 2019, attualmente in discussione, si propone di istituire la ‘centrale unica per la progettazione’, che nella Legge di Bilancio per il 2019 cambierà nome e diventerà ‘struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici’.

Il Consiglio Nazionale degli Architetti, con un comunicato ufficiale, ha già presentato agli enti di governo un documento di dissenso, sottoscritto il 14 dicembre 2018 da tutti gli Ordini d’Italia, tra cui quello di Torino, articolato in 7 punti che ne evidenziano le criticità e inammissibilità. Si tratta di materia e di temi assai complessi, sconosciuti alla maggior parte dei cittadini, che non ne percepiscono la portata e le ricadute anche sulla società e sulla vita quotidiana. Come Ordine degli Architetti di Torino ci chiediamo allora: è possibile dare una definizione comprensibile ai più? Proviamo a fornire informazioni tecniche e definizioni per capire le ragioni di tale allarme. Le definizioni sono due, perché due sono stati i passaggi nella Legge di Bilancio; proviamo a enunciarli richiamando alcuni passaggi del disegno di legge:

  1. L’articolo 17 prevede l’istituzione di una centrale per la progettazione delle opere pubbliche con autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale, di cui possono avvalersi le amministrazioni centrali e gli enti territoriali interessati alla progettazione di opere pubbliche. L’affidamento della progettazione delle opere pubbliche è previsto ai sensi degli articoli 23 e 24 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 50/2016) con cui si disciplinano rispettivamente i livelli della progettazione e l’affidamento interno o esterno alle amministrazioni aggiudicatrici della progettazione stessa.
  2. Il cambio nome da ‘centrale unica per la progettazione’ a ‘struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici’ è una modifica forse non rilevante ma che potrebbe acquisire uno specifico significato sulle finalità che il legislatore deciderà di attribuirle. I compiti sarebbero riassunti in questi cinque punti, evidenziati nel dossier preparato dal Centro Studi della Camera dei Deputati: progettazione di opere pubbliche; gestione delle procedure d’appalto per conto della stazione appaltante interessata; predisposizione di modelli di progettazione per opere simili o con elevato grado di uniformità e ripetitività; valutazione economica e finanziaria del singolo intervento; assistenza tecnica alle amministrazioni coinvolte nel partenariato pubblico/ privato.

Quali sono gli aspetti più critici, quelli che potrebbero avere ricadute sul mercato ma anche, di riflesso, sulla qualità degli interventi e, dunque, delle nostre città? Ne citiamo alcuni: la struttura prevedrebbe un numero limitato di tecnici, con il conseguente rischio di un imbuto operativo al dilatamento dei tempi di risposta e alla riduzione della qualità della progettazione; vista la gratuità delle prestazioni della centrale per le amministrazioni che vi accederanno, nessun amministratore pubblico ricorrerebbe mai alle prestazioni degli architetti liberi professionisti; la cancellazione della centralità dell’intervento progettuale lo relegherebbe a pura procedura tecnica, senza più considerare il progetto culturale, la lettura dei bisogni e delle esigenze specifiche dei luoghi, fattori oggi generatori di qualità del vivere e dell’abitare; ne conseguirebbe la mortificazione del lungo processo che ha portato, nella riforma del Codice dei Contratti, a eliminare per le gare pubbliche inutili barriere all’accesso e che ha privilegiato il primato dell’idea rispetto al requisito del fatturato. Su questi quattro punti, non certo esaustivi, il Consiglio Nazionale e l’Ordine di Torino hanno espresso la loro contrarietà. Non si tratta solo di perplessità di una categoria professionale, ma è anche materia di interesse per i cittadini.

MASSIMO GIUNTOLI

Libero professionista, è presidente del Gruppo Torino progetti e opera nel settore sicurezza e prevenzione per committenze pubbliche e private. E inoltre coordinatore e responsabile dell'Ufficio Ambiente di alcune associazioni di categoria ed è coordinatore tecnico del Dipartimento di Interior Design e docente di Ergonomia per il Corso di Laurea di livello dello IAAD di Torino. Dal 23 marzo 2016 è presidente dell'Ordine degli Architetti di Torino.