Home > People > Interviste > Alessandra Siviero e gli anni delle connessioni
LA NUOVA PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE PER L’ARCHITETTURA / TORINO. TRA I SUOI PROGETTI, PROMUOVERE LE CONNESSIONI TRA LE ARTI E L'IMPRENDITORIA; IL FESTIVAL DELL'ARCHITETTURA E UNA VISION CHE RACCONTI AI GIOVANI LA BELLEZZA DEL LAVORO DELL’ARCHITETTO
Lo si evince scorrendo l’elenco dei componenti del nuovo consiglio della Fondazione per l’architettura / Torino: la nomina a presidente dell’architetto Alessandra Siviero apre le porte a una nuova era. Elegante, determinata, Alessandra Siviero è una di quelle mamme lavoratrici capaci di far convivere entrambe le anime del suo essere senza sacrificare nulla e offrendo il massimo in tutto ciò che fa. Così, da quando l’incarico le è stato conferito, il 17 dicembre scorso, la neopresidente ha già definito con chiarezza la parola chiave del suo mandato: connessioni.
Desidero sottolineare la missione dell’architetto, tanto più oggi quando è necessario ridisegnare le città cresciute troppo in fretta: disegnare linee di collegamento tra centro, spazi culturali e periferie e creare punti di congiunzione tra le città
Ci racconta di questo concetto, che accompagnerà tutto il lavoro del suo CDA?
«Credo nelle connessioni come base per fare squadra e avviare sinergie che possano favorire ricadute positive su più settori. Faccio un esempio: quest’anno Torino è capitale del cinema. Perché non legare architettura e cinema? La figura dell’architetto è notevolmente cambiata negli ultimi anni e la cinematografia lo racconta. Stiamo pensando a una rassegna che raccolga i film su questo tema, e, per quando sarà possibile, anche di organizzare l’evento di insediamento proprio al Museo del Cinema; con la Mole vestita di azzurro, il colore della Fondazione. Anche l’arte potrebbe essere un argomento di stimolo per la Fondazione (nel Consiglio abbiamo due esperti, Paolo Turati e Giulia Tosetti, mia vice), per non parlare del food (Oscar Farinetti e Lamberto Vallarino Gancia sono altri due componenti del CDA, NDR). Insomma, ci sono tante opportunità e, per svilupparle, ho pensato di affiancare, ai sei architetti che fanno parte dell’attuale Consiglio dell’Ordine, cinque figure provenienti dalla società civile e di alto profilo culturale, manageriale e imprenditoriale: ritengo potrà essere un scelta vincente».
Si tratta, quindi, di promuovere il confronto tra professionisti di diversi settori?
«Esatto, ma anche di lavorare a stretto contatto con il Consiglio dell’Ordine e con altre fondazioni: fondazioni bancarie, istituzioni culturali operanti sul territorio (Museo Egizio, Teatro Stabile, Teatro Regio) e associazioni, sviluppando occasioni pubbliche di scambio, itinerari di architettura, concorsi di progettazione. Senza dimenticare il sociale: abbiamo già avuto modo di raccogliere fondi per il reparto di Neonatologia dell’Ospedale Sant’Anna. Continueremo in questa direzione con l’intento di promuovere il ruolo sociale dell’architetto e migliorare la qualità di scuole, ospedali, case famiglia…».
Un altro punto chiave del suo programma è la promozione dell’architettura e del lavoro dell’architetto.
«Voglio far capire che quello dell’architetto è il lavoro più bello del mondo. A parte le battute, credo che ci sia la necessità di trasmettere entusiasmo ai più giovani, dimostrando che chi sogna di seguire questa professione potrà ottenere grandi soddisfazioni. Sono in programma, per neolaureati e non, dei cicli di ncontri con archistar di fama internazionale, perché possano raccontare le loro esperienze».
Siete già partiti a pieno regime. Su quale progetto in particolare state lavorando?
«Sul prossimo Festival dell’Architettura. Vorremmo poter animare la città con un festival che abbiamo intitolato ‘Bottom Up! Quando la città si trasforma dal basso’. L’evento è partito dal coinvolgimento dei cittadini in azioni di trasformazione urbana: il cuore dell’iniziativa si basa infatti sull’avvio di operazioni di trasformazione concreta della città a partire dai desideri dei cittadini stessi, che saranno poi coinvolti attivamente durante tutte le fasi del percorso. I progetti selezionati avranno la possibilità di essere inseriti in un circuito di crowdfunding (valorizzando il concetto di rete) e ho intenzione di portarli anche in appuntamenti di portata internazionale. Sono convinta che Torino debba attirare verso di sé una rinnovata attenzione, e il festival offrirà l’occasione di accendere nuovi riflettori: se sarà un successo, anche Torino avrà successo».
Siamo tutti consapevoli che Torino potrebbe ‘essere di più’. Quali sono le lacune dal suo punto di vista?
«Manca la capacità di comunicare le sue qualità, cosa che le permetterebbe di diventare attraente per nuovi investitori. Se i principali attori della città si mettessero insieme (ancora la rete) per organizzare appuntamenti culturali, mostre, eventi sportivi, i risultati arriverebbero. Pensiamo alle ATP Finals di tennis: quella sì che sarà una grande occasione. A Torino si sta bene, la qualità della vita è alta, la città piace agli stranieri. Ogni settimana ho riscontri positivi da parte di australiani, americani, svizzeri che trascorrono qualche giorno nel mio appartamento di corso Matteotti, che utilizzo sia come showroom che come proposta per soggiorni brevi. E la qualità architettonica non manca, il carattere aulico e l’eleganza di questa piccola Parigi sono sotto gli occhi di tutti. Bisognerebbe però avviare ulteriori processi di rigenerazione: le OGR, per esempio, ci vengono invidiate da tutti, anche dai milanesi. Le potenzialità ci sono e, come presidente della Fondazione, lavorerò proprio in questa direzione: sono sicura che siamo agli inizi di un percorso che porterà ottimi frutti».
Un argomento molto sentito è il confronto/scontro con Milano…
«È un concetto superato: Torino e Milano devono dialogare. Io stessa sto programmando incontri con le istituzioni meneghine perché le due città siano sempre più megalopoli capaci di contaminarsi. Tra le altre cose, stiamo chiudendo un nuovo format che, durante il periodo di Artissima, potrebbe dare un’ottima visibilità alla nostra città in collaborazione con Milano. Vedremo se riusciremo a concretizzare il progetto».
Nell’ottica di promuovere la qualità dell’architettura e della città, nel 2023 la Fondazione per l’architettura / Torino e l’Ordine degli Architetti avranno una nuova sede.
«Nascerà in via Piave la Casa dell’Architettura, un nuovo spazio in cui troveranno sede l’Ordine degli Architetti di Torino e la Fondazione per l’architettura / Torino, e che farà da punto di riferimento per tutti coloro che sono legati al mondo della progettazione: cittadini, professionisti, aziende, enti del terzo settore e chiunque, per un motivo o per l’altro, si sia innamorato dell’architettura. Ne sono molto orgogliosa, dato che è un progetto in cui mi sono impegnata già prima della nomina a presidente, grazie a una delega dell’Ordine. Ho dedicato due anni a quest’iniziativa, che ritengo sia d’importanza determinante per il mondo dell’architettura. A proposito, sono volata a Madrid, con una delegazione della città, per raccontare di quest’esperienza e della creatività che Torino sta dimostrando in questo settore».
In quanto professionista e presidente, è molto impegnata tra viaggi, incontri, presentazioni. Il fatto di essere donna (e mamma) è un ostacolo?
«Non direi. Credo nella possibilità di conciliare lavoro e famiglia nel momento in cui c’è la passione. Certo non voglio negare che esistano difficoltà a gestire la vita privata, ma ho sempre cercato di far capire a mio figlio l’importanza di avere una mamma che lavora e che, oltre a ottenere dalla professione la necessaria indipendenza economica, trova appagamento nel portare avanti per passione anche un incarico ufficiale come questo».
È la prima volta che una donna viene eletta presidente della Fondazione…
«Vero. Ed è anche vero che in Fondazione, al momento, ci sono più donne che uomini. Al di là di questo, comunque, sono molto onorata della nomina. E sono sicura che il fatto di poter contare su un consiglio di amministrazione di questo calibro sarà un fattore determinante per supportare Torino nella riconquista della sua vocazione nazionale e internazionale. Siamo pronti a ripensare la città perché diventi attraente non solo per i turisti ma anche per gli investitori. Anzi, siamo già al lavoro».
(Foto di MARCO CARULLI e ARCHIVIO ALESSANDRA SIVIERO)