Home > People > Interviste > Camilla Mazzi da Torino a San Pietroburgo
È CONSIDERATA LA PROMESSA DELLA DANZA INTERNAZIONALE. CAMILLA MAZZI, VENTUNENNE TORINESE, È UNA DELLE BALLERINE DEL MARIINSKIJ THEATRE DI SAN PIETROBURGO. LA SUA STRAORDINARIA ‘LIRICITÀ’, LA SUA PASSIONE SFRENATA E UN’INVIDIABILE DETERMINAZIONE HANNO CONQUISTATO PRIMA LA RUSSIA E POI IL MONDO.
Il collo allungato, lo chignon impeccabile, le braccia che volteggiano nell’aria e le gambe salde e sicure che sostengono ogni passo, ogni movenza, frutto di ore e ore di duro allenamento. Veder ballare Camilla Mazzi (e a chi non ha modo di recarsi di persona nei più importanti teatri del mondo, consigliamo di effettuare qualche ricerca sul web) è una gioia per gli occhi. Camilla incarna perfettamente la massima espressione dell’arte della danza, in cui l’alto tecnicismo si unisce a un’eccellente capacità d’interpretazione. Non è un caso se Camilla è stata contesa tra i migliori teatri della Russia (a Mosca e San Pietroburgo) e se, alla fine, il suo cuore l’ha portata a optare per quella che è stata ed è tuttora la culla della danza classica, il Mariinskij Theatre. Da 3 anni è una dei 200 ballerini super selezionati del corpo di ballo dello storico teatro pietroburghese.
Al Mariinskij Theatre hanno ballato le più grandi ballerine italiane di fine ’800, come Pierina Legnani e Carlotta Brianza, qui è nato il balletto e qui mi hanno offerto le condizioni migliori di crescita: un insegnante dedicato e la possibilità di danzare da solista
Camilla, hai appena 21 anni e la tua storia sembra una fiaba: ce la racconti?
«Quando ne avevo 9, mia mamma, medico, mi portò al Teatro Nuovo di Torino per vedere se la danza avrebbe potuto aiutarmi dal punto di vista posturale. Non avevo mai ballato e quindi mi ritrovai a seguire le lezioni con bambine molto più piccole di me: iniziare a danzare allo scadere dei 10 anni è considerato quasi ‘tardi’. Persino mia madre – me lo rivelò in seguito – ebbe dei dubbi sul fatto che avrei resistito a lungo in quel contesto. Eppure, fin dall’inizio tornai a casa dicendo: “Mamma, questa cosa mi piace tantissimo”».
Il passo decisivo avviene nel momento in cui incontri Oxana Kichenko, ex ballerina del Bolshoi.
«Esatto. A 13 anni ebbi l’opportunità di entrare a La Scala, ma dopo un mese tornai a casa: era troppo presto per me, probabilmente. Solo quando conobbi Oxana capii che danzare sarebbe diventato il mio lavoro e la mia vita. Grazie a lei sono riuscita a prepararmi per l’audizione per l’accademia di danza di Mosca e ad accedere a questa ambitissima scuola: avevo 15 anni e mezzo e mi trasferii in Russia».
All’epoca, a Torino frequentavi la scuola superiore?
«Sì, ero al terzo anno del liceo classico. Ed ero anche bravina. Continuai a studiare come privatista per la scuola italiana e, nel frattempo, cominciai a frequentare la scuola dell’accademia moscovita, una sorta di liceo coreutico. Il principale ostacolo, come si può immaginare, fu la lingua, ma devo dire che tutti i ballerini sono accompagnati da un’organizzazione super efficiente: in 4 mesi mi misero nella condizione di parlare il russo, in modo da poter accedere al terzo anno. E alla fine sono riuscita a diplomarmi».
Una volta terminata l’accademia, sei stata contesa tra Makhar Vaziev, direttore del balletto del Bolshoi, e Yuri Fateev, del Mariinskij: di certo una grande soddisfazione per una giovane artista come te. Cosa ti ha portata a scegliere San Pietroburgo?
«Sono stati vari i motivi. Qui hanno ballato le più grandi ballerine italiane di fine ’800, come Pierina Legnani e Carlotta Brianza, qui è nato il balletto e qui mi hanno offerto le condizioni migliori di crescita: un insegnante dedicato e la possibilità di danzare da solista, ad esempio».
E così è stato?
«Sì. Sono convinta che questo sia il luogo dove poter imparare di più, confrontandosi ogni giorno con i migliori insegnanti del mondo. È un’esperienza impegnativa ma è esattamente ciò che desidero fare».
Si sa che la vita dei ballerini richiede tanti sacrifici…
«L’allenamento è certamente duro: tutte le mattine siamo in teatro, con lezioni fino alle 11. Dalle 12 alle 15 si tengono le prove con il corpo di ballo, a cui seguono quelle per lo spettacolo della sera. Abbiamo un’esibizione ogni giorno, 5 giorni su 6, e il repertorio è vastissimo. Ci riposiamo il lunedì e poi abbiamo un periodo di pausa di una decina di giorni a gennaio e 6 settimane ad agosto. Per il resto, è lavoro. Ma è un po’ quello che accade a qualunque atleta che debba prepararsi per le Olimpiadi: ci vuole allenamento continuo, da un punto di vista tanto fisico quanto psichico. Ad esempio, sono convinta che il corpo si abitui davvero a tutti gli stress; pensiamo ai piedi rovinati delle ballerine dentro le scarpette a punta: non è una leggenda, le sollecitazioni sono davvero estreme, ma col tempo non ci fai più caso. Quanto all’aspetto mentale… devi sempre cercare di trovare un tuo equilibrio».
A proposito di emozioni, non ti manca Torino?
«Sì, certo. Un aspetto incredibile del vivere da straniera in un Paese estero è il forte attaccamento alla patria, alle origini, alla tua città, un legame che nasce con spontaneità dentro di te. Mi mancano i miei genitori, le persone più care, così come io manco a loro. Devo riconoscere, però, che hanno avuto la grande capacità di capire le mie ambizioni e di appoggiarmi sempre. Non è da tutti».
Com’è stata la tua prima volta sul palco del Mariinskij?
«Me la ricordo ancora benissimo. Tremavo come una foglia, sebbene l’adrenalina mi sostenesse. Dovevo entrare in scena facendo dei passi molto lenti e fu un’impresa davvero ardua riuscire a controllarmi».
Ormai sono 3 anni che fai questo mestiere. Cos’è cambiato?
«All’inizio non posso dire che sia stato facile confrontarmi ogni sera con una platea così grande e così esperta (i russi sono dei veri intenditori). Oggi, però, ho acquisito fiducia e finalmente posso esprimere tutta me stessa quando ballo. E mi diverto».
Oggi sei l’unica italiana a far parte di questo corpo di ballo (ed era da 104 anni che non figuravano ballerine italiane al Mariinskij). Qual è l’elemento distintivo che ti rende tanto ambita dagli esperti del settore? L’eleganza sabauda c’entra qualcosa?
Camilla ride. «Non so se abbia a che fare con le mie origini, ma quello che mi ripetono fin dagli inizi è che sono una ballerina lirica. Il mio corpo mi rende tale (braccia, mani, gambe lunghe), e anche la mia capacità interpretativa ha contribuito a creare quest’immagine. L’interpretazione è fondamentale nella danza, è quello che rende peculiare ciascuna ballerina. Al Mariinskij viene data molta importanza a questo aspetto, mentre al Bolshoi, per esempio, è la parte tecnica a essere più valorizzata. Un ulteriore motivo per cui ho scelto San Pietroburgo».
Quale è il tuo sogno nel cassetto?
«Un ruolo da solista protagonista, senza dubbio. ‘Giselle’, ‘La bella addormentata’… tutti ruoli lirici, ovviamente. In realtà, ho già avuto occasione d’interpretare parti da solista: sono stata una delle due sorelle nella ‘Cenerentola’, ad esempio; ne ‘Le Corsaire’, una delle odalische; nella ‘Chopiniana’ (ovvero ‘Les Sylphides’, NDR), ho ballato il preludio. Ma fare la protagonista è un’altra cosa».
Nel frattempo, ti prendi altre soddisfazioni…
«Se ti riferisci al premio Talenti Italiani all’Estero, che ho ricevuto al concorso Positano premia la Danza – Léonide Massine 2019, allora sì: è stato un bel concorso e ho avuto modo di ballare il passo a due con il mio fidanzato, Ramanbek Beishenaliev, anch’egli ballerino della compagnia. È stato molto emozionante».
E poi le tournée. Hai poco più di 20 anni e hai già girato mezzo mondo.
«È vero: sono stata recentemente in Cina e a Baden- Baden; ho ballato a Washington e in Corea. Non sempre ho il tempo di visitare le città in cui ci esibiamo, ma ogni trasferta è comunque un’esperienza. E poi mi ritengo fortunata perché uno dei miei primi spettacoli in tournée è stato ‘Il lago dei cigni’ al Teatro Regio di Torino: considerando che la compagnia viene in Italia più o meno ogni 8 o 9 anni, è stata una grande fortuna poter ballare nella mia città».
Non hai mai pensato di tornare in Italia?
«Purtroppo in Italia mancano i fondi, manca persino la cultura della danza. Quanti balletti sono previsti nei calendari dei grandi teatri? In Russia, se dici che sei una ballerina, ti guardano con rispetto; in Italia, invece, ti chiedono quale sia il tuo vero lavoro. A San Pietroburgo, oltretutto, mi trovo bene: fa un po’ freddo e patisco il buio che cala molto presto, ma sono felice».
Un suggerimento per chi coltiva la tua stessa passione e sogna di seguire la tue orme.
«Trovare un’accademia di qualità che possa offrire la migliore formazione possibile. Se si vuole scegliere questa strada, inoltre, è meglio avere le idee chiare fin da piccoli: con un valido insegnamento alle spalle, sarà più facile realizzare i propri sogni».
(Foto di FRANCO BORRELLI e ARCHIVIO CAMILLA MAZZI)