Quando gli chiedi cos’è che lo preoccupa della Torino attuale, Luca Beatrice non ha dubbi: «La mancanza di bambini, il regresso della natalità. Dove abito l’unico bimbo, di quattro anni, è il mio. I figli li fanno solo più gli immigrati, dobbiamo capire il perché. E, guarda, non ho soluzioni, le cause sono molte e complesse. Certamente Torino è una città vecchia, con tutto quello che comporta».
Quest’anno si sta chiudendo con il botto: festival, eventi, mostre, il grande successo delle ATP Finals…
«Vero. L’edizione 2023 di Artissima è stata positiva, con la consueta atmosfera da kermesse che la caratterizza, unica in Italia. Di affari se ne sono fatti pochi, ma anche questa non è una novità. La nostra è una fiera sostenuta dalle Istituzioni, dove fatturare non è prioritario. Nel palinsesto degli eventi va segnalato Club to Club, momento d’eccellenza della scena torinese».
Curatore e critico d’arte contemporanea tra i più noti del panorama italiano, ha curato mostre a Roma, Genova, Napoli, Bologna e Torino. Dal 2010 al 2018 è stato presidente del Circolo dei lettori. Ha pubblicato numerosi saggi, tra i quali: Da che arte stai?, Pop, Sex, le biografie di Renato Zero e Lucio Dalla, il recente pamphlet Arte e libertà. Collabora con Libero, Tuttosport, Linkiesta, Corriere Torino
L’Italia sembra essere diventata il paese dei festival. Anche i piccoli centri ne hanno uno, qualche volta con tematiche bizzarre, ma quasi sempre sono un successo. Come mai?
«Semplice, l’evento, l’aggregazione, sostituiscono la programmazione. Tutto si concentra nell’arco di quattro/cinque giorni, raccogliendo il massimo di presenze».
Il mondo della cultura torinese è stato scosso dalla polemica su Christian Greco. Invitato a dimettersi da alcuni esponenti della destra. Cosa ne pensi?
«Christian Greco è un bravissimo direttore dell’Egizio e anche un amico. Ha svolto un ottimo lavoro avvalendosi del talento di Evelina Christillin, il presidente che tutti vorrebbero al proprio fianco. Ma non ingigantirei le polemiche, sono state il frutto di opinioni personali e non istituzionali».
Nel mondo delle arti torinesi il Castello di Rivoli sembra un buco nero…
«Io sostengo da tempo che quel museo non ha futuro: lontano e costoso, non vedo come possa essere rilanciato. Sicuramente non ci sono i budget per sostenere una programmazione ad alto livello».
Il Museo del Cinema ha invece calato la carta vincente con la mostra di Tim Burton. Alla Mole si stanno facendo le cose in grande?
«Direi di si, e la mostra su Burton la trovo bellissima. Ma anche in precedenza si è lavorato bene. Nel 2024 dovrei curare un’esposizione dedicata alle serie televisive».
Torino vince su molti fronti, ma sembra che le realtà culturali siano un passo avanti al mondo della politica. Qual è il tuo giudizio?
«Io ho accolto con sollievo il dissolvimento antropologico dei 5 Stelle. Così, naturalmente, oggi tutto mi sembra meglio. Penso che Stefano Lo Russo sia un sindaco serio e preparato, anche se non ti scalda il cuore. Stimo Rosanna Purchia come assessore alla cultura, ed è anche una eccellente amministratrice. Mi piacerebbe incidesse di più. Ha un solo difetto, è fastidiosamente tifosa del Napoli».
Chiudiamo con il calcio. Come valuti la Juve di oggi?
«Mi piace, è una squadra forte e concreta. Allegri per me è l’allenatore ideale, sta valorizzando giocatori che, solo pochi anni fa, non sarebbero andati neanche in panchina. Però c’è una cosa che detesto e vorrei abolire, il motto: vincere non è importante è l’unica cosa che conta. Non è una esortazione, ma una condanna. Se non vinci tutti i tuoi successi precedenti perdono valore».