Home > People > Interviste > Michela Persico «Torino, la città felice»
CAPELLO BIONDO, TRUCCO SOFISTICATO, UNA SILHOUETTE APPARISCENTE E SINUOSA. MICHELA PERSICO AVREBBE TUTTE LE CARTE IN REGOLA PER CANDIDARSI COME IMPECCABILE “BARBIE” MADE IN ITALY. MA, COME CI RACCONTERÀ LA CONDUTTRICE TELEVISIVA BERGAMASCA, L’ABITO NON FA IL MONACO. E L’INTERVISTA CONFERMERÀ IL DETTO, EVIDENZIANDO NATURALEZZA E PROFESSIONALITÀ. SCOPRIAMO ALLORA AMBIZIONI, PASSIONI, ABITUDINI QUOTIDIANE DI UNA TORINESE ACQUISITA CHE QUI HA TROVATO LA FORMULA PER LA FELICITÀ
«Buongiorno signora Michela. Famiglia unita, persone per bene». Ci accoglie così il cameriere del Caffè Torino mentre serve un goloso piattino ricolmo di marron glacé e baci di dama. Subito capiamo che qui, Michela Persico, è di casa. Ma non solo: otto parole spontanee delineano fin da subito che esistono, ancora, dei principi in cui credere, indipendentemente dal mondo professionale frequentato.
Il sogno da bambina di Michela Persico.
«Il mio sogno è sempre stato quello di diventare una giornalista sportiva. Dalla cittadina in provincia di Bergamo dove sono nata, ad appena 19 anni sono andata via di casa per realizzarlo. Prima la frequentazione dello IULM di Milano, poi le prime esperienze in reti televisive locali, per arrivare a Mediaset. Ma si sa, arriva un momento in cui l’amore vince su tutto e l’incontro con Daniele Rugani (attualmente difensore della Juventus, ndr) mi ha portato a prendere una strada diversa».
La mia passione era fare la giornalista e la conduttrice, e Daniele lo sapeva bene, sapeva benissimo che una coppia non può funzionare se entrambi non sono feliciUna donna che rinuncia alla carriera per amore?
«Assolutamente no! Credo che una donna si possa sentire completa solo se riceve soddisfazioni anche dalle sue passioni, non solo dalla famiglia. La mia passione era fare la giornalista e la conduttrice, e Daniele lo sapeva bene, sapeva benissimo che una coppia non può funzionare se entrambi non sono felici. In quel momento, però, io e Daniele sentivamo il desiderio di costruire qualcosa insieme e il giornalismo sportivo non poteva collimare con il suo ruolo di calciatore, una sorta di conflitto di interessi. Non ho mai permesso a qualcuno di impormi cosa fare e non avrei iniziato in quel momento. È stata una scelta all’insegna della professionalità. La nascita di Tommaso è stata la conferma che il destino mi riservava altro».
E così sei arrivata a Torino…
«Esatto. Devo ammetterlo, all’inizio non è stato facile cominciare una nuova vita da zero: avevo lasciato la mia città, il mio lavoro. Tommaso e Daniele riempivano le mie giornate ma è stato necessario un periodo dovuto per integrarsi. Lo sapete anche voi, c’è il preconcetto che Torino sia una città fredda e austera, e io ne ero condizionata. Ma poi, e ne sono la prova, dipende sempre da come ti poni. Se il tuo atteggiamento è troppo sofisticato e introverso, ovunque troverai difficoltà nel creare legami e amicizie. In tre o quattro mesi, invece, ho acquisito abitudini e instaurato quei contatti che mi fanno vivere bene. E ora posso dirlo, Torino è ormai la mia città, mi trasmette felicità».
Il termine WAGS in italiano viene utilizzato per le mogli di calciatori famosi che solitamente vivono appieno la città in cui si sono trasferite, diventandone vere parti attive e frequentando ristoranti, club e negozi. Tu che tipo di WAG sei?
«Una WAG anomala! Io e Daniele, insieme a Tommaso, amiamo fare una vita tranquilla e casalinga. C’è il bambino da portare a scuola, c’è da fare la spesa. Ogni tanto vado alla Virgin in palestra. Poi al pomeriggio non manca un giro alle giostre e, soprattutto, adoriamo andare alla scoperta di indirizzi nuovi dove fare merenda. Se volete trovare il miglior pancake della città (secondo Tommaso, tre anni!) andate da Macha Cafè. Per il pranzo del fine settimana ci piace Signorvino. Ma resta tra i miei preferiti il Caffè Torino, dove tutta la nostra storia di famiglia torinese è cominciata. È davvero un posto caratteristico dove trovarti a tuo agio. La sera, invece, pantofole, ai fornelli con mamma e papà, e poi, quando Tommaso dorme, io e Daniele ci guardiamo un film. È questa la nostra routine, niente eccessi, niente vita mondana. Siamo dei veri abitudinari».
Oltre ad essere una mamma innamorata, dicevamo prima che Michela Persico è una donna impegnata professionalmente. Quali sono stati i tuoi ultimi lavori e quali i progetti per il futuro?
«Ho debuttato sul grande schermo! È uscito nel 2023 il film “InFiniti”, per la regia di Cristian De Mattheis, di cui sono coprotagonista. È stata davvero un’esperienza eccezionale. Pare che anche da parte della produzione ci sia stata soddisfazione per il mio contributo, tanto che a marzo girerò una nuova pellicola (ma per ora non posso dirvi di più). Messa da parte la conduzione in ambito sportivo, sono inoltre passata all’intrattenimento e da dicembre condurrò un nuovo programma su una rete privata. Non vedo l’ora perché amo il ruolo di attrice ma ancor più la relazione con il pubblico e con gli ospiti. Diciamo che questo anno che si sta per concludere è stato ricco di soddisfazioni sia per me che per Daniele».
Se dovessi menzionare due modelli di professioniste a cui ti ispiri…
«Bianca Guaccero come conduttrice e Serena Rossi come attrice. Sì, lo so. Noterete come si tratti di immagini apparentemente molto diverse da me. Eppure io credo che l’essenza di una persona non la facciano il trucco e il parrucco. Ricordate il detto l’abito non fa il monaco?».
L’unico modo per entrare nel mondo televisivo dello sport, e del calcio in particolare, sembra però l’essere bella…
«Vero, il connubio donna/pallone ancora non va nel verso giusto. Ma sono convinta che prima o poi riusciremo a far capire che l’essere appariscente non va di pari passo con l’impreparazione. Basta dimostrarlo anche cogliendo le occasioni che, sì, ad oggi un bell’aspetto ti garantisce».
Ringraziamo Michela per la sua simpatia e spontaneità, e la lasciamo sorseggiare il cappuccino al sole di piazza San Carlo. Un’ultima cosa: io vestita di nero e Michela di bianco, è stata un’assoluta coincidenza. Quando si dice il caso.
(foto FRANCO BORRELLI)