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Nicola Batavia

Chef in direzione ostinata e contraria

di Guido Barosio

Primavera 2023

GENIALE, ACCATTIVANTE, INTRANSIGENTE, PIACE A MOLTI, CERTAMENTE NON A TUTTI. LA SUA CUCINA È UN BATTELLO SEMPRE PRONTO A VELEGGIARE PER NUOVI ORIZZONTI, PERÒ IL PIEMONTE NON LO DIMENTICA MAI. IL BIRICHIN COMPIE TRENT’ANNI, DURANTE I QUALI NICOLA BATAVIA HA FIDELIZZATO UN PICCOLO ESERCITO DI CLIENTI DEVOTI, ANZI, PRIMA AMICI E POI CLIENTI. SEMPRE PRONTI A SALPARE, SOVENTE RIPAGATI DA EMOZIONI MEMORABILI

Le sale del Birichin - Nicola Batavia

Le sale eleganti del Birichin, trent’anni di storia

I ristoranti che fanno trent’anni con la medesima proprietà e lo stesso chef li conti sulle dita di una mano: a Torino, in Italia e anche all’estero. Allora verrebbe da pensare che il patron sia ancorato da sempre alla propria cucina, immobile come le statue del Foro Romano. Invece no! Nicola è l’esatto opposto. Con la sua creatività ha fatto il giro del mondo, arrivando sempre per primo, ma tornando comunque a casa, in quell’avamposto di via Vincenzo Monti 16/a, che ospita, da 9 anni, anche The Egg, il suo bistrot. Interprete di uno stile indefinibile, perché al Birichin ci trovi sempre quello che vuoi, ma se ti piace osare allora Nicola fa di testa sua, così ogni portata si rivela una sorpresa, che coinvolge, nel medesimo istante, palato e immaginazione. Vuoi ripercorrere le nostre tradizioni? Il menu giusto è Ricordando la nostra terra, aria di Langa e Monferrato. Vuoi salpare accompagnato da una complice brezza? Allora scegli Ricordando il mare. Anche i vegetariani hanno una proposta specifica, che prevede – come nel menu piemontese – il piatto iconico della maison: uovo in camicia su fonduta, patata, nocciole e cacao. Bene, fossimo in un ristorante classico, anche di assoluta eccellenza, basterebbe così. E invece no, perché il top di gamma – per ogni gourmet che non si accontenta mai, per gli insaziabili di emozioni a cui non manca il coraggio di osare – è il Menù al buio. In questa opzione Nicola si diverte, e voi con lui, mettendo in scena un percorso basato su due approcci paralleli: la sua creatività (tecnica, scelta degli elementi, contrasto, armonia, trasgressione…) e la sua esperienza di instancabile viaggiatore (Europa, Sudamerica, Asia, paesi Arabi…).

Le sale di The Egg - Nicola Batavia

Nicola Batavia osserva dalla cucina le sale di The Egg

Luoghi che esistono altrove, realistici e immaginari. L’ultima volta che sono andato a trovarlo ho incontrato, tra le diverse magie: gambero crudo, sesamo nero, panna acida e lamponi, olio di Argan, pop-corn di quinoa; quaglia con mandorla caramellata su zucca e polline di fiori; tuorlo nel cacao, zucca, waffles, fiori di zucchina ripieni di seirass; noodles riso e zucca, guancia di ricciola, pesciolini croccanti e amande cruda. Questo giusto per darvi un’idea, perché le portate – tutte mignon – erano più del doppio, e gli ingredienti, se ho contato bene, almeno 60. I vini in abbinamento altrettanto inconsueti; ma c’erano anche cocktail, champagne, tè verde, porto e sakè. Si resta sorpresi e storditi, con la certezza di aver provato almeno una decina di sapori che non si pensava esistessero. Nicola mi ha chiesto la mia opinione in merito e ho risposto: «Sei talmente spiazzante da essere sempre interessante». Mi è sembrato contento. E adesso l’intervista con lo chef più divisivo del panorama torinese. Ma chi non lo ama non lo merita, ne sono certo. Naturalmente l’abbiamo fatta prima del Menu al buio, altrimenti non avrei garantito equilibrio e lucidità.

Si resta sorpresi e storditi, con la certezza di aver provato almeno una decina di sapori che non si pensava esistessero

Per te il viaggio è uno stile di vita che va oltre la scelta professionale?

«Per me il viaggio è un bisogno essenziale, come bere l’acqua. Londra è stato il mio primo approdo, ci sono stato 6 anni e mi sono strutturato come chef. Quella era, e resta, la città più veloce d’Europa. Competitiva al massimo, ricca, selettiva, con una clientela cosmopolita. Così, quando sono tornato a Torino, le mie basi erano già solide e la mia visione internazionale. Il Birichin l’ho aperto a 27 anni, una bella sfida».

Pentito di non essere rimasto a Londra? O di non aver scelto il mondo per far crescere la tua attività?

«Il mondo non l’ho mai lasciato e continuo a viaggiare. Però, certamente, fissare la mia base in Italia non mi ha permesso certi traguardi economici. Sai, ogni tanto penso che, se fossi rimasto a Londra, potrei essere alla guida di un gruppo con 40 ristoranti. Ma, per me, nella vita, contano altri valori: una indipendenza e una serenità frutto delle mie decisioni».

Lo spaghetto tricolore e l'uovo, fonduta, patate, cacao e nocciola di Nicola Batavia

Lo spaghetto tricolore: omaggio all’Italia e Il piatto più amato di Nicola Batavia: uovo fonduta, patate, cacao e nocciola

Per gli chef la stella Michelin continua ad essere un mito, ma tu, quella stella, l’hai conquistata e poi restituita…

«Erano anni di grande crescita per la mia attività, e di grandi esperienze internazionali. Nel 2006 arriva la stella, ma due anni dopo avverto che l’aria era cambiata. Una lunga assenza da Torino probabilmente me l’avrebbe fatta perdere. E allora ho anticipato il colpo restituendola. Più tardi ho rimpianto di non aver dato massima visibilità a quella decisione, perché c’erano tante cose da raccontare: la Michelin era legata a formalismi della struttura ristorativa, a regole rigide e vetuste. Quella scelta non mi ha penalizzato, anzi, mi ha reso più indipendente».

E hai consolidato la tua fama di chef controcorrente, premiato dai grandi scenari olimpici:

«Esatto. Nel 2006 sono stato lo chef delle Olimpiadi invernali di Torino; nel 2008 e nel 2012 Nike mi ha chiamato per i giochi di Pechino e di Londra. Esperienze straordinarie, per l’organizzazione da mettere in campo, ma anche per i rapporti umani, pensa che ho avuto l’occasione di cucinare per Michael Phelps e Maria Sharapova. Alle Olimpiadi contano tre elementi: il livello gastronomico che devi garantire, la capacità di servire, indipendentemente dall’orario, un numero formidabile di coperti, e l’essere sempre responsive, reattivo a ogni domanda e a ogni emergenza».

Agnello sambucano, sapori della tradizione al Birichin - Nicola Batavia

Agnello sambucano, sapori della tradizione al Birichin

Da allora la tua attività è andata avanti su due binari, quello torinese e l’altro internazionale, sempre pronto a cogliere occasioni che ti offrano stimoli e opportunità.

«Ho anche diversificato l’offerta. Mi sono ritrovato nei panni di formatore: nel 2009 a Doha, primo italiano, e poco dopo al Westminster College and University di Londra. Poi in Cina e in Corea del Sud. Poi ho aperto un ristorante a Casablanca e un altro a Notting Hill, dal 2013 sono World Ambassador Chef di Lavazza. A Torino, nel 2014, è nato The Egg, il mio bistrot, con una formula creativa, originale, in continua evoluzione. Lo stesso The Egg, nel 2015, si è spostato all’Expo di Milano. C’è stato anche il tempo per un libro: “Chef & Gourmet”, scritto con Massimo Roscia. Oggi il Birichin, se vuoi, viene anche a cucinare a casa tua, oppure ti fornisce gli ingredienti per farlo».

E il più recente approdo internazionale?

«Dubai, dove però non lavoro in cucina, ma dal punto di vista organizzativo. Oggi il Golfo ci parla di futuro e grandi opportunità. Può essere quello che è stato Londra – che comunque rimane una piazza formidabile – a partire dagli anni Novanta. Però nella penisola arabica – Dubai, Abu Dhabi, Qatar, Arabia Saudita – esiste un potenziale economico ineguagliabile. Facile notare che tutti i massimi eventi internazionali si celebrano da loro».

Resiste negli anni il culto del compleanno per il Birichin?

Nicola Batavia per lui l’uovo è design

Nicola Batavia per lui l’uovo è design

«Assolutamente, ti ricorderai, perché avevi partecipato anche tu, che il ventottesimo fu celebrato a casa dei miei invitati. Non si poteva uscire per la pandemia, così tutti gli ospiti hanno ricevuto un kit per realizzare il menu a domicilio. Quest’anno, invece, non ho voluto cucinare. E ho deciso di far festa coi miei migliori amici, che sono sempre tanti. I veicoli storici GTT hanno portato gli invitati in giro per Torino, mentre gustavamo Alta Langa e Champagne, salumi pregiati, ostriche e focaccia».

Dopo tante avventure l’uovo resta il tuo simbolo. Come mai?

«L’uovo è l’unico alimento riconoscibile in ogni parte del mondo e in ogni cultura alimentare. Essendo il contenitore della vita ha un valore altamente simbolico, che supera il contesto gastronomico. In cucina l’uovo è versatile, ti offre la possibilità di spaziare nelle diverse preparazioni, di inventare e anche di trasgredire. Regge ogni tipo di abbinamento. E poi c’è una questione estetica, artistica. L’uovo è bellissimo, una perfetta opera naturale di design».

 

(foto NICOLA BATAVIA)