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Per l’arte servono politiche di valore

secondo Vanessa Carioggia

di Laura Sciolla

Inverno 2023

UN GRANDE PASSATO CHE DOVREBBE ESSERE RECUPERATO. COME? CON IL SOSTEGNO DELLA POLITICA, ANCHE DAL PUNTO DI VISTA FISCALE. CON UN PATRIMONIO ARTISTICO CHE È AL 30% MADE IN ITALY È INACCETTABILE CHE IL BUSINESS DELL’ARTE SI SPOSTI ALL’ESTERO

Come descriverebbe la posizione di Torino rispetto al mercato dell’arte contemporanea?

«Torino vanta un grande passato, confermato anche nel presente, dal punto di vista del collezionismo storico. Già nell’Ottocento qui si trovavano collezioni importanti, una tradizione che è continuata nel Novecento e si è infine arricchita con l’arte contemporanea. Questo grazie all’attenzione da parte di alcune famiglie, ma anche di piccoli collezionisti appassionati. Differenziandosi dall’aspetto prevalentemente speculativo che possiamo rilevare in città come Milano, infatti, a Torino ancora si percepisce la passione per questo settore. Ed è un bene. Il problema è che il mercato dell’arte è in sofferenza in tutta Italia, con una percentuale di compravendite infinitesimale rispetto al mondo. Proprio quando, paradossalmente, il 30% dei capolavori artistici è italiano! Magari le collezioni si trovano a Torino, ma poi le aste vengono fatte a Parigi: sempre nel rispetto della tutela delle opere d’arte italiane, certo, ma comunque a Parigi (un tempo era Londra la capitale; ora con la Brexit anche l’epicentro dell’arte si è spostato). Non ci si può lamentare più di tanto, è indubbio che il mercato delle aste all’estero sia più vivace che nel Bel Paese. Così, dalla nostra città, l’arte si disperde nel mondo. Lo tocchiamo con mano ogni giorno noi che, come casa d’aste, da 50 anni lavoriamo in questo campo: da una parte l’evoluzione del gusto con una preferenza per tutto ciò che è design rispetto all’antiquariato, dall’altra il 70-80% delle produzioni artistiche trasferito oltre confine».

Proprietaria di Sant’Agostino Casa d’Aste, fondata a Torino nel 1969; co-fondatrice ed editore della testata giornalistica Canale Arte; autrice di cataloghi, articoli e reportage di arte moderna e contemporanea, intervistatrice di artisti contemporanei, moderatrice e relatrice di convegni ed eventi inerenti all’arte e al suo mercato; curatrice di mostre e banditore d’asta

Diventare sede di aste di respiro internazionale, come collocherebbe Torino rispetto a questo contesto?

«A livello di aste Torino ha già una certa fama. Durante la settimana dell’arte in particolare, vediamo un passaggio rilevante di curiosi, appassionati e piccoli collezionisti. Come dicevo, se ci fosse la possibilità di battere all’asta opere importanti, allora sì che l’interesse verso l’offerta torinese abbraccerebbe con continuità un pubblico di esperti di livello mondiale, ma…».

Ma? Cosa bisognerebbe fare, a suo parere, per dare un impulso in tale direzione?

«Due le leve: la revisione degli aspetti fiscali per favorire il mercato italiano e la sua valorizzazione attraverso, ad esempio, la creazione di fiere di rilevanza internazionale. È dalla politica che deve arrivare il cambiamento, solo in questo modo potremo puntare a un’evoluzione. Invece, ad oggi, l’arte pare non essere un tema di interesse primario. Banalmente: ci rendiamo conto che se un’opera di proprietà italiana viene venduta all’estero, il nostro Paese perde il suo gettito fiscale? Bisognerebbe che lo Stato – in caso di notifica – acquistasse le opere in modo da conservarne il valore, così come ha già fatto la Francia. Ma manca una visione. E lo dimostra anche il fatto che se un giovane oggi sceglie un corso di laurea in Storia dell’arte, troverà arduo individuare un lavoro soddisfacente».