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di Walter Comello

La formica e l’elefante

Torino, SPECIALE giugno 2019

Quando ero bambino passavo molto tempo disteso nell’erba a guardare un mondo che non conoscevo, che pochi conoscevano o forse non conosceva nessuno. Il mio corpo era disteso, le mani si sovrapponevano e il dorso della destra sorreggeva il mento, gli occhi erano poco sopra le radici dell’erba e cercavano una strada tra la fitta vegetazione, come anni dopo feci tante volte nelle foreste del mondo. I miei occhi di bambino cercavano una strada per andare non si sa dove, per districarsi da quella selva immaginaria, perché quello era il gioco. Le formiche mi apparivano di dimensioni poco inferiori alla mia, le cavallette e i grilli erano miei pari. Scoprii un mondo fino a quel momento inimmaginabile, fatto di attività quotidiane ed eventi simili a quelli che accadevano nel mio quando la mia schiena era eretta e i miei occhi spaziavano in un altro universo.

Il mondo ci appare per gli elementi raggiungibili dal potenziale percettivo e per gli strumenti della mente che attribuiscono a questi dei significati. Il genio è la capacità di immaginare oltre il proprio livello di conoscenza ciò che appare impossibile o inesistente

In quel mondo, tra l’erba, c’erano il lavoro, la fatica, il sociale, l’impegno alla vita, l’amore, forse il dolore e la morte. Ogni giorno tornavo a vedere storie che si ripetevano e intrecciavano come nei social format televisivi, ma con gli occhi del bambino che nella meraviglia si stupisce e si entusiasma per piccole, straordinarie scoperte. Quelle scoperte hanno il senso della rivelazione, la percezione di segreti di cui ancora non sai cosa fartene, ma hai la sensazione di dover custodire quell’esperienza per non dimenticare. Così accadeva anni dopo sulla sabbia, da qualche parte in riva a un mare. Dune di deserti sconfinati, castelli antichi, un po’ diroccati, abitati un tempo da non si sa bene chi, e, laggiù in fondo, spiagge di un mare infinito. Da quelle coste salpavano velieri, per andare, con le stive cariche di entusiasmo, a scoprire mondi sconosciuti, al di là del mare.

Quando il tempo era freddo, il gioco non cambiava, le mani erano appoggiate a un tavolo e il mento sul dorso della destra a guardare una coperta o un cuscino volutamente stropicciati e posti sul tavolo a pochi centimetri dalla punta del naso. Era tempo di montagne su cui apparivano personaggi ed eroi e davano vita a incredibili avventure. Tutto ciò che ti appartiene definisce il campo della tua percezione e limita la creatività, che nasce invece semplicemente da un seme che sa far germogliare in te ciò che ancora non conosci. Scopri così che esistono mondi interiori straordinari, ma che li puoi scorgere solo se incontri ciò che casualmente li sa evocare. Poi scopri che esistono livelli di conoscenza e di percezione determinati dalla tua appartenenza.

La formica non conosce l’esistenza dell’elefante e l’elefante non conosce l’esistenza della formica. La formica conosce la foresta del prato, non può immaginare quella amazzonica. Gli indios credono che in quella ci siano i loro Dei, perché non ne possono immaginare di più grandi al di là del  sole e, se così fosse, forse Dio non si immaginerebbe che da qualche parte c’è un mondo di formiche che crede in lui. Esistono livelli di conoscenza diversi e non si può accedere se non faticosamente ai confini dei livelli più prossimali. Il mondo ci appare per gli elementi raggiungibili dal potenziale percettivo e per gli strumenti della mente che attribuiscono a questi dei significati. Il genio è la capacità di immaginare oltre il proprio livello di conoscenza ciò che appare impossibile o inesistente. Ognuno pensa che esista solo un livello, quello in cui vive o che riesce a raggiungere con lo sguardo della sua conoscenza. Per tale convinzione ci si accanisce ad affermare con forza le proprie verità. Poi esistono livelli dentro di noi, ai più temerari l’esplorazione, ai più sofferenti la necessità di imparare a nuotare sulle acque increspate della vita. Se l’occhio non vede se stesso, così non può vedere ciò che gli è troppo vicino, troppo lontano, sopra e sotto di lui, eppure esiste.