Il disegno di legge nr. 735 riguardante l’affido in caso di separazione sta determinando molte critiche in ragione di un palese contrasto con i principi fondamentali che vigono in materia minorile e di famiglia. È palese il contrasto con il principio dell’interesse del minore, fondamento cardine del nostro ordinamento e finalità che non può essere superata. La normativa proposta è totalmente finalizzata alla tutela dell’interesse degli adulti. La divisione paritetica dei tempi di permanenza del minore con i due genitori diventa il tratto caratterizzante della proposta, così il minore, che oggi è soggetto del diritto, diventa oggetto del diritto, come un bene in condivisione: introducendo il mantenimento diretto dei figli non si considera in alcun modo lo squilibrio economico delle coppie, il più delle volte esistente e a svantaggio delle donne, ponendosi in contrasto anche con il principio di uguaglianza e di non discriminazione.
Entrambi i genitori dovranno garantire al figlio il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio e, se questo non fosse possibile, ciò avrà enormi conseguenze sul piano pratico, giungendo a eliminare la permanenza del figlio presso il genitore economicamente più debole. L’eccezione alla regola della permanenza paritetica vi sarà solo nelle ipotesi di «comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psicofisica del figlio minore in caso di: violenza, abuso sessuale, trascuratezza, indisponibilità di un genitore, inadeguatezza evidente degli spazi predisposti per la vita del minore». Il genitore ‘povero’ viene dunque equiparato al genitore violento, abusante, trascurante o che non vuole occuparsi del figlio, e la sua povertà sarà considerata pericolo di pregiudizio per il figlio. La proposta di legge aumenta inoltre i costi della separazione e appesantisce il processo che si trasformerebbe in una lunga corsa a ostacoli che solo alcuni potrebbero permettersi; si pensi ai tempi e ai costi della mediazione obbligatoria o dell’obbligo alla presentazione del ‘piano genitoriale’. Peraltro, nella relazione che accompagna la proposta viene indicato come ‘fallimentare’ l’attuale regime di affido condiviso, che le statistiche dicono abbia ridotto drasticamente la conflittualità tra i coniugi e il numero delle separazioni giudiziali.
Da ultimo, la proposta prevede l’abolizione dell’art 570 bis del codice penale, in quanto l’introduzione del mantenimento diretto non renderebbe più attuale la fattispecie. Tale norma è volta a tutelare il diritto al mantenimento dei figli, eventualmente maggiorenni, se privi di mezzi, e del coniuge, sanzionando la mancata corresponsione dell’assegno stabilito dal giudice: la sua abrogazione comporterebbe la limitazione della tutela penale di tale diritto, circoscrivendola esclusivamente ai casi di mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza, restando certamente esclusi i figli maggiorenni e l’ex coniuge. In conclusione, la proposta nella sua interezza rappresenta un autentico salto indietro rispetto all’odierno concetto di responsabilità genitoriale, alimentando la disuguaglianza e la discriminazione basate sul genere ed eliminando importanti protezioni per i minori.