Torino, Speciale 2023
Torino, 30 aprile 2023. Mentre scrivo questo articolo, lo stesso giorno di 57 anni fa Gianni Agnelli diventava il nuovo Presidente FIAT, riportando dopo oltre vent’anni il timone dell’azienda in famiglia. Io avevo 4 anni e non ne ho memoria. Ma ricordo bene ciò che accadde a Torino negli anni successivi. La crisi petrolifera del 1973 impose leggi speciali sul risparmio energetico e fino all’anno successivo le macchine circolarono a targhe alterne e la temperatura degli impianti di riscaldamento fu abbassata. Si chiamava Austerity. La domenica Torino si riempiva di pedoni, bici, monopattini – non elettrici – e di ogni altro mezzo non a motore, scatenando fantasia e creatività di una cittadinanza che parlava non meno di sei o sette dialetti per metro quadro.
Una città dura e difficile ma ricca di ciò che il denaro e il benessere non potranno mai comprare: l’audacia
I miei genitori abitavano vicino al Valentino e a volte vedevo una FIAT 125S blu, seguita da una macchina della scorta, scendere dalla collina ad alta velocità con alla guida un signore dall’aspetto distinto e amichevole.
Un volto magnetico visto spesso in TV che mi evocava mondi lontani e inaccessibili, fatti di belle donne, lusso e mondanità. Immagini lontane dalla Torino di quegli anni opportunamente in bianco-nero-granata. Ma in realtà sotto il grigio di quegli anni nella mia città dominava un arcobaleno di colori. Il colore del Movimento, con dibattiti di massa, nelle scuole, nelle università e nelle fabbriche, anch’essi di ogni colore, che offrivano continue occasioni di incontri così come di scontri. Il colore della Musica underground, che nulla aveva da invidiare alla Londra dell’epoca, suonata in centinaia di cantine e alcune sale prove comunali gratuite, con band e musicisti di altissimo livello, carnefici e vittime loro stessi – con poche eccezioni – della loro torinesità. Il colore dell’Arte, con spazi pubblici e privati inondati di cinema sperimentale, di teatro on e off, con proposte culturali ufficiali, ma anche improvvisate e poco ortodosse. Il colore dell’Opportunità, tutta da scoprire e guadagnare, anche in spazi notturni che arricchivano immaginazione e aspirazione, come i Murazzi dei tempi. Una città dura e difficile ma ricca di ciò che il denaro e il benessere non potranno mai comprare: l’audacia. Dove è finita quella Torino? Girando per la città, quarant’anni dopo, vedo un posto più vivibile, più sicuro, più conosciuto e meglio assistito. Ma non sento più pulsare quel cuore. Un cuore multiculturale di donne e uomini, di ragazze e ragazzi, che saltavano e gridavano per loro stessi, per le loro famiglie e per la loro città, sostituiti da generazioni che saltano e gridano in spazi accoglienti e funzionali al comando degli eroi di Eurovision o di Sanremo. Lo sentite anche voi o questa nostalgia è solo un colpo basso dell’età? È la paghetta anestetizzante di un benessere multinazionale, smart e digitale? Ricordando quell’uomo alla guida della sua auto, o nelle interviste dopo una partita di calcio, avverto solo ora quale potesse essere il suo senso di comunanza con la Torino di allora: la voglia di Vivere. Che vuol dire sapersi divertire e muovere nella contemporaneità, ma anche impegnarsi, rischiare, sbagliare, cadere per poi rialzarsi. Saper godere e soffrire. Guadagnandosi nuovi luoghi partecipativi, oggi fisici e digitali, nei quali ritrovarsi, ritrovando l’immaginazione. Magari, e perché no, con più eleganza. Torniamo ad essere Leoni, nel ricordo di Agnelli.