Torino, estate 2019
«Mira alla Luna. Se la manchi, potresti colpire una stella». Così diceva William Clement Stone, un filantropo e scrittore di libri, e diceva anche: «Il vero fallimento è rinunciare». Qualche volta, quando guardo la Luna, penso che vediamo la stessa faccia, da sempre, da quando, circa quattro miliardi di anni fa, probabilmente quando Marte ci diede uno schiaffone che ci fece volare via un dente che ancora oggi teniamo al lazzo ad orbitare intorno a noi, come se la Terra fosse innamorata e quindi la tenesse in continua attrazione (tranquilli, accade solo alla Terra, al nostro pianeta). Per tutti gli altri, per quanto siano bravi ad attrarre, per quanta massa abbiano, la loro forza di attrazione svanisce.
È affascinante guardarla e pensare che quella stessa faccia abbia fatto pensare, innamorare e sognare miliardi di persone, dai più poveri ai più ricchi, dai più semplici ai più geniali: Shakespeare, Picasso, Einstein, Leonardo, Mozart, Colombo, Kennedy, Gagarin, Berry…
Comunque, è affascinante guardarla e pensare che quella stessa faccia abbia fatto pensare, innamorare e sognare miliardi di persone, dai più poveri ai più ricchi, dai più semplici ai più geniali: Shakespeare, Picasso, Einstein, Leonardo, Mozart, Cristoforo Colombo, John Fitzgerald Kennedy, Jurij Gagarin, Marco Berry… Ops, ahahah! Sempre lì, la Luna, a guardarci e sospirarci che da lassù vede un pianeta bellissimo, tutto blu, meraviglioso. L’unica cosa che forse non capisce è come noi stiamo litigando tanto forte e stupidamente per dei confini che da lì lei non riesce neanche a vedere. È lì, in attesa che qualcuno si riorganizzi per andare a trovarla ancora: sono passati infatti solo 50 anni, da quella notte storica, 20-21 luglio 1969, quando il primo uomo scese una scaletta e vi pose quel piede che diede principio al primo passo: «Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità», Neil Armstrong. Quei due uomini, Armstrong e Buzz Aldrin, lasciarono una targa: «Qui, uomini del pianeta Terra hanno messo piede sulla Luna per la prima volta, luglio 1969. Siamo venuti in pace, a nome di tutta l’umanità».
Non c’era specificato il giorno, perché quando hanno inciso la targa non lo conoscevano, e questo rende quella spettacolare missione ancora più affascinante. Quella targa è ancora lì, con tutte le orme che hanno impresso sul suono lunare, le ‘pedate’ degli astronauti. Tutte le impronte sono ancora lì, la Luna non ha atmosfera e quindi non c’è vento che possa cancellarle, sono lì a testimoniare che l’uomo, per definizione, un passo alla volta può riuscire a raggiungere i sogni più straordinari, sono lì per ricordarci che siamo un popolo di curiosi, viaggiatori e avventurieri alla ricerca di risposte. Non possiamo fermarci, dobbiamo inseguire tutti i sogni. Tutte le missioni spaziali, o almeno la maggior parte di esse, sono realizzate in collaborazione con le agenzie governative, sulla ISS (Stazione Spaziale Internazionale) lavorano a stretto contatto, come fratelli: europei, giapponesi, canadesi, americani, russi… E nello spazio non si ricordano che i loro governi sulla Terra litigano, da lassù vedono il nostro pianeta come ci vede la Luna. Spero che quando riusciremo a colonizzarla ci possa insegnare che siamo tutti uguali e tutti sulla stessa barca. Ops… navicella.