UN FINE SETTIMANA TRA I PAESAGGI VITIVINICOLI DI LANGHE-ROERO E MONFERRATO, PATRIMONIO DELL’UMANITÀ, TUTELATO DALL’UNESCO: NON È SOLO UN FINE SETTIMANA MA UN TEMPO RITROVATO, PIENO DI PROFUMI E DI PROGETTI FRUTTO DELL’IMPEGNO DELL’UOMO NEL LAVORARE QUESTA TERRA CREANDO BELLEZZA
«Un’ora non è solo un’ora; è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti e di climi», scriveva Marcel Proust nel suo Le temps retrouvé. Le aree vinicole di Langhe, Roero e Monferrato sono note dai tempi dell’Impero Romano; non a caso già duemila anni fa Plinio il Vecchio affermava che la regione era una delle più favorevoli in tutta l’Italia antica per la coltivazione della vite.
Oggi la zona, con circa 40.000 ettari di vigneti e più di 15.000 cantine, è la patria di alcuni dei grandi rossi italiani ottenuti dal nebbiolo, varietà nobile che produce vini eleganti come Barolo e Barbaresco. Oltre al nebbiolo, la triade piemontese di uve rosse è completata dalle varietà Barbera e Dolcetto. Ma il Piemonte nasconde un lato sorprendente: quello dei vini bianchi. Nei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato almeno quattro varietà di uve si contendono il protagonismo dei rossi: Moscato, Arneis, Cortese e Timorasso. Da nord a sud, le uve dipingono di bianco e di rosso una terra che ha trovato nel vino il suo modo di raccontarsi.
Non a caso già duemila anni fa Plinio il Vecchio affermava che la regione era una delle più favorevoli in tutta l'Italia antica per la coltivazione della viteIn questo breve viaggio tra alcune delle sei aree che compongono il sito UNESCO, l’unico sito antropico è il Castello di Grinzane Cavour che spicca maestoso tra le aree vinicole delle Langhe caratterizzate da magnifici paesaggi di vigneti. Costruito intorno alla metà dell’XI secolo su una collina, il castello si distingue per la sua bellezza e architettura. Nel corso dei secoli, è stato di proprietà di diverse famiglie nobili piemontesi, tra cui i Conti Benso di Cavour. Tra i membri più illustri di questa famiglia spicca il ben conosciuto Camillo Benso, figura fondamentale nell’Unità d’Italia, considerato universalmente come uno dei padri del pensiero liberale. Meno conosciuta è invece la sua esperienza come sindaco di Grinzane, incarico che ricoprì da giovane, durante il quale si distinse oltre che per le sue capacità amministrative anche per la mentalità aperta e moderna con cui introdusse significativi miglioramenti nell’agricoltura e nella produzione di vini. Il castello ospita l’Enoteca Regionale Piemontese Cavour, la più antica del Piemonte e la seconda in Italia.
Proseguendo per castelli, troviamo poco distante il Castello di Barolo, sede del museo del vino WIMU. Tra i più innovativi al mondo, grazie all’estro di François Confino, è stato aperto nel 2010 in questa fortificazione dalla storia millenaria e propone al visitatore un viaggio interattivo nel mondo del vino, raccontandone la dimensione straordinaria e culturale, e il suo stretto legame con l’uomo. Un percorso che suscita emozioni proprio come il profumo e il sapore di questo nettare degli dei. Le prime notizie di questa fortificazione risalgono al X secolo.
Verso la fine del XIII secolo il castello venne ceduto al comune di Alba, poi rilevato dalla famiglia Falletti a cui rimase fino alla scomparsa dell’ultima marchesa Falletti di Barolo, Giulia, nel 1864. Seguendo le sue ultime volontà venne istituita l’Opera Pia Barolo, un ente morale incaricato di amministrare il patrimonio di famiglia per fini caritativi. In questo contesto il castello fu convertito nel collegio Barolo, che rimase attivo tra il 1875 e il 1958 rimanendo per anni l’unica opportunità di studio per i giovani meno abbienti della zona. Negli anni ‘70 la proprietà è stata acquistata dal Comune di Barolo e nel 1982 è nata, nelle sue cantine, l’Enoteca Regionale del Barolo a cui ha fatto seguito nei primi anni duemila la realizzazione del Museo del Vino, il WIMU.
A Canelli, considerata la capitale italiana dello spumante, è nato nel 1865 l’Asti Spumante, grazie all’opera di Carlo Gancia. La città è rinomata per le sue cantine sotterranee, vere e proprie opere d’arte architettoniche ed enologiche che si estendono sotto il paese e le colline circostanti. Questi spazi custodiscono milioni di bottiglie che durante la fermentazione a una temperatura costante di 12-14 gradi, si arricchiscono degli aromi e dei sapori caratteristici dello spumante. Le storiche aziende vinicole della zona includono Bosca, Coppo, Contratto, Gancia e la distilleria Bocchino. Il mio consiglio è visitarne almeno una e fare anche una degustazione. Proprio da qui infatti è partito il riconoscimento dei Paesaggi Vitivinicoli delle Langhe-Roero e Monferrato quale 50° sito UNESCO in Italia eletto a Patrimonio dell’Umanità.
Quello che caratterizza quest’area del sito UNESCO sono le Cattedrali Sotterranee, edificate in origine intorno al XVIII secolo come piccole cantine di conservazione, poi rimaneggiate e ingrandite nel corso dell’800 e del ‘900, fino alle ristrutturazioni moderne. Vere e proprie opere di ingegneria, sono composte da gallerie, cunicoli e ampie volte dove in alcuni punti affiora il tufo calcareo di Canelli che si è rivelato un prezioso alleato per l’affinamento dei vini: duro da picconare e incredibilmente stabile, funge da perfetto isolante termico, mantenendo un’umidità costante e una temperatura perfetta. Per questo, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, sotto la città vennero scavati diversi chilometri di gallerie dove non avvenivano soltanto stoccaggio e affinamento dei vini, ma l’intero processo di vinificazione i cui resti, come presse, tini, botti… sono ancora visibili oggi.
Proseguendo verso est arriviamo a Rosignano Monferrato e Cella Monte Monferrato, due borghi che si erigono su dei colli posti uno di fronte all’altro, e che rientrano nel Monferrato degli Infernot, componente del sito UNESCO dei Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte. Se il nome suggerisce un luogo, sicuramente infernot evoca nell’immaginario umano – o almeno nel mio – gli inferi del sottosuolo… e invece sono delle piccole camere sotterranee scavate a mano nella Pietra da Cantoni, una peculiare formazione geologica presente solo nel Basso Monferrato. Grazie all’umidità e alla mancanza di aria sono il luogo ideale in cui conservare le bottiglie del vino pregiato che viene prodotto su queste colline. Queste celle sotterranee testimoniano l’ingegnosità e il sapere dei contadini del passato che le realizzarono quasi due secoli fa, tra il 1830 e il 1860.
Nel borgo di Rosignano Monferrato, ci sono ben sette infernot pubblici fruibili dai visitatori, di cui due ubicati nel Palazzo Municipale. Accanto a quelli pubblici, esiste da tempo una rete di interessanti infernot privati che vengono aperti al pubblico in occasione di eventi o su prenotazione. Gli infernot non sono visitabili in autonomia e si consiglia sempre di telefonare e verificarne la disponibilità, sia per quelli pubblici che per quelli privati.
Di fronte a Rosignano troviamo Cella Monte Monferrato, annoverato tra i borghi più belli d’Italia, il cui nome potrebbe derivare dalle particolari celle vinarie scavate nella pietra. Camminando per le strette strade del borgo, così ben tenuto da sembrare un museo a cielo aperto, si possono osservare all’interno dei muri delle conchiglie, posizionate lì dalla natura milioni di anni fa, quando in questa zona era presente il mare e le colline del Monferrato erano i suoi arcipelaghi. Man mano che l’acqua si ritraeva, rimaneva la pietra arenaria, con cui sono state costruite le abitazioni e gli edifici del luogo.
Nel centro del borgo si trova, a Palazzo Volta, l’Ecomuseo della Pietra da Cantoni in cui si può osservare l’autenticità del territorio e della cittadina, rimasta quasi intatta nel tempo. Uno dei progetti portati avanti dal museo è Proverbiarium, una raccolta sonora di proverbi e di detti registrati dalla voce degli abitanti dei paesi che fanno parte della rete dell’Ecomuseo. Una raccolta e un archivio in divenire, che custodisce e ripropone le voci della comunità che vive il territorio.
Un giorno Alice arrivò a un bivio sulla strada e vide lo Stregatto sull’albero.
«Che strada devo prendere?» chiese.
La risposta fu una domanda: «Dove vuoi andare?»
«Non lo so», rispose Alice.
«Allora – disse lo Stregatto – non ha importanza».
«…basta che arrivi da qualche parte», aggiunse Alice come spiegazione.
«Oh, di sicuro lo farai – disse il gatto – se solo camminerai abbastanza a lungo».
Arrivare a Moleto, è come arrivare da qualche parte quasi per caso o, come Alice, arrivare quasi per caso nel Paese delle Meraviglie. Moleto è una piccola frazione del comune di Ottiglio; adagiata su un altopiano, si affaccia sulla valle dei Guaraldi, dove si trova la marna, una pietra argillosa che fin dai tempi più antichi è stata estratta dando vita alle cave, grotte sotterranee in cui sembra che già i Romani – arrivati nel III secolo a.C. e stanziatisi attratti dalla presenza di acque magnesiache e solforose – avessero realizzato un tempio dedicato al dio Sol Invictus. Verso la fine del ‘700, una banda di saraceni fece di queste grotte il proprio rifugio, utilizzandole per anni e depredando la zona accumulando poi il bottino nelle cave. La leggenda racconta che in un inverno molto piovoso un’enorme frana otturò l’ingresso della grotta, seppellendo vivi i briganti e il loro tesoro. Queste grotte continuarono ad essere utilizzate come covo per predoni di ogni dove per molto tempo, finché il governo mantovano nel XVII secolo otturò gli ingressi e mise fine ai nascondigli.
In molti hanno cercato i tesori nascosti, senza mai trovarli, ma forse il vero tesoro è la bellezza del borgo e delle sue colline striate di vigneti. Nonostante oggi conti appena una ventina di abitanti, è una borgata che esercita un particolare fascino e, soprattutto nel periodo estivo, ospita con frequenza eventi e concerti. Lungo la via principale si trovano bellissime case realizzate in Pietra da Cantoni, tra cui spicca la casa dell’astronomo casalese Giovanni Celoria, realizzata a inizio ‘900, con ancora visibile sul portale d’ingresso il motto “Concordia servatur domus”. Al termine della strada, la collina degrada in un grande prato che confina con i vigneti, regalando uno splendido panorama. Un’immancabile e suggestiva tappa di ogni giro nel Monferrato.
«Tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada». Lo ha scritto James Hillman. E quest’anno, il 22 giugno, si festeggiano i 10 anni dal riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità UNESCO dei Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte di Langhe-Roero e Monferrato. Quindi, se ancora non avete avuto questo richiamo a percorrere le strade dei Paesaggi UNESCO piemontesi, il decimo anniversario e il ricco programma di eventi creati per celebrarlo sono proprio l’occasione giusta!
(foto SILVIA DONATIELLO )