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Storie dal set

di Antonella Frontani

Il set in preda al delirio

Torino, estate 2018

Ero da poco arrivata a Tortona per una visita al set del film ‘Incompresa’, l’opera scritta e diretta da Asia Argento. Il film si preparava a partecipare alla 67° edizione del Festival di Cannes, sezione ‘Un Certain Regard’: un bel successo per Film Commission Torino Piemonte. Quello era l’ultimo giorno di riprese e la dura legge del cinema, con i suoi tempi serrati, obbligava Asia a girare le scene all’aperto, sotto una pioggerella sottile ma fredda. Proprio nel giorno in cui la febbre alta fiaccava la sua energia. Ero concentrata a seguire i movimenti del set e, nel contempo, molto preoccupata per la salute della regista, che imperterrita continuava il lavoro senza accennare a fermarsi. Per ottenere una migliore visuale sulla piazza, indietreggiai di qualche passo fino a toccare le transenne che limitavano lo spazio del set dalla folla che premeva per guardare.

«Ma lui dov’é?» era la domanda ricorrente. «Voglio vederlo, dov’è?» continuavano a chiedere le fanciulle (di ogni età, in verità) che infiammate da una frenesia collettiva perlustravano con lo sguardo l’intera piazza come alla ricerca di un tesoro nascosto

Distratta dai ‘ciak’ che si ripetevano, non avvertii subito il mormorio che serpeggiava tra la folla: «Ma lui dov’é?» era la domanda ricorrente. «Voglio vederlo, dov’è?» continuavano a chiedere le fanciulle (di ogni età, in verità) che infiammate da una frenesia collettiva perlustravano con lo sguardo l’intera piazza come alla ricerca di un tesoro nascosto. Non riuscii a capire immediatamente chi fosse il destinatario di tanta spasmodica attenzione, e feci l’errore di non preoccuparmene. Finite le riprese in piazza, mi spostai per seguire il set nel piccolo, delizioso Teatro Civico di Tortona, raffinata opera di gusto neoclassico progettata dall’ingegner Pietro Pernigotti. Una vera gemma incastonata nella cornice del Palazzo Municipale e del vecchio chiostro nel cortile dell’Annunziata. Prima di superare l’antica ringhiera di ferro battuto, oltre il grande cancello, la mia attenzione venne distolta da una piccola folla acclamante stretta attorno a un caravan della produzione. Centinaia di donne e ragazze urlavano festanti in attesa che la piccola porta di accesso si aprisse. A un tratto la folla divenne marasma e gli schiamazzi urla. Il panico dilagò e un leggero brivido di paura mi assalì perché non capivo cosa stesse accadendo. Mi feci largo tra la folla divorata da una grande curiosità e, parimenti, in preda a un certo senso di responsabilità, visto che facevo parte della Film Commission: dovevo capire cosa o chi stesse arrivando con la forza di un uragano. Un attimo dopo la piccola porta si aprì, chiarendo ogni cosa.

La figura di un uomo dal corpo scultoreo prese forma tra un mare di braccia tese verso di lui. Bello, direi bellissimo. Ciuffo biondo e volutamente spettinato, sguardo di giada, labbra carnose e perfettamente definite: Gabriel Garko. Ammetto, avevo perso di vista che nel cast del film, oltre a Charlotte Gainsbourg, Gianmarco Tognazzi, Giulia Salerno, Max Gazze e Anna Lou Castoldi, Garko avrebbe svolto nientemeno che il ruolo importante del padre della protagonista. Di quel giorno ho il ricordo vivido del delirio della folla che segue ogni minimo spostamento del ‘dio greco’, misura ogni suo respiro, carezza ogni punto del suo corpo fin quasi a spaventarlo. Lo studio condotto all’inizio del Novecento da Gustave Le Bon sul comportamento delle masse mi era ritornato alla mente in un istante… La giornata (molto faticosa, direi) si concluse con l’intervento dei Carabinieri intervenuti per sottrarre Gabriel Garko da quella febbre delirante. Che non avrei creduto possibile, se non l’avessi vista coi miei occhi.