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Torino, autunno 2019
Non sono nata a Torino, ma in questa composta e commovente città vivo da trentacinque anni. È stato inevitabile, dunque, che la mia smodata passione per il cinema trovasse qui la sua dimensione. Proprio nella città in cui il cinema è nato. Dal celebre ‘Cabiria’ di Giovanni Pastrone, opera alla quale collaborò D’Annunzio per le didascalie, all’intensa attività produttiva e cinematografica che ormai da qualche decennio si compie con successo sotto la Mole, non è più possibile, per me ma anche per il resto del Paese, ignorare il ruolo cardine che questo territorio svolge nel mondo del cinema. Ovunque vada, è impossibile non associare quello che vedo alla straordinaria forza, e potenzialità al contempo, del Museo Nazionale del Cinema. In qualunque set finisca, non riesco a non pensare alla grande capacità organizzativa della nostra Film Commission e all’indiscutibile primato professionale che detengono le nostre maestranze. Qui, ogni anno arrivano le nuove promesse del cinema, grazie all’attenzione che il Torino Film Festival dedica alle opere prime.
Cosa possono ancora fare Torino e il Piemonte per il cinema? La risposta che sopraggiunge è più sorprendente della domanda: forse, si tratta solo di scoprire fino in fondo la straordinaria propensione che il nostro territorio ha per un linguaggio che gli è congeniale nel profondo
Ed è qui, infatti, che hanno conosciuto il loro esordio grandi firme del cinema mondiale, come Paolo Sorrentino. E poi, c’è tutto il resto del mondo cinematografico che non ho lo spazio di menzionare in una rubrica. Spesso mi sorprendo a chiedermi: cosa possono ancora fare Torino e il Piemonte per il cinema? E la risposta che sopraggiunge è più sorprendente della domanda: forse, si tratta solo di scoprire fino in fondo la straordinaria propensione che il nostro territorio ha per un linguaggio che gli è congeniale nel profondo. Certo, nel profondo. Perché il cinema, considerato spesso macchina infernale vanitosa e mangiasoldi, è un delicato ambito in cui viene custodita l’arte di raccontare la vita, in ogni suo meandro. Nulla è più didattico, per ognuno, che riflettere su temi che devastano o glorificano la nostra esistenza. Nessun megafono è più efficace di un film che racconta un dramma sconosciuto o le gesta di un eroe ignoto. E solo la narrazione che può salvarci dalla cecità, in qualunque forma, dalle immagini alla lettura, dalle note musicali all’arte figurativa. Ecco.
Affinché questo processo avvenga nel migliore dei modi, il cinema deve necessariamente puntare alla qualità. Sembra facile la soluzione, ma provate a pensare quale forma mentis debba custodire e alimentare un territorio affinché un messaggio così forte sia anche corretto. Il cinema, anima dannata e sbilenca per molti, è un linguaggio raffinato che richiede cultura, profondità di veduta, precisione, professionalità, rigore, coraggio, talento, serietà, grande generosità. Non sono nata a Torino ma di questo luogo e della sua gente ammiro da sempre queste qualità, che hanno creato l’humus necessario a far crescere un interno comparto del cinema, attento a ogni ambito. Perché, è noto, ogni meandro del percorso cinematografico è necessario: scrittura, regia, musica, recitazione, produzione, scenografia, fotografia, casting, organizzazione. Cosa può ancora fare, dunque, il cinema per crescere nel nostro territorio? Non molto più di ciò che già da anni porta avanti, e con grande successo. Forse siamo noi, tutti, chiamati a fare qualcosa. Si tratta di stringerci attorno all’intero comparto, dalle istituzioni al mondo imprenditoriale, dai centri culturali alle fondazioni, dalla scuola alla platea, affinché si accenda una luce più forte sul nostro cinema, nato qui cento anni fa. Un grande abbraccio che lo sollevi in aria, perché la sua bellezza varchi ogni confine, geografico e non.