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Vedere e sentire Torino in Estate

Ritratti di città

di Tommaso Cenni

Estate 2019

SFUMATURE, SI TRATTA DI SFUMATURE, PIÙ O MENO INTENSE, PIÙ O MENO ESTESE. UN MODO DI VEDERE E SENTIRE LA CITTÀ CERCANDO QUELLE APPARENTEMENTE MENO EVIDENTI, MA CHE FANNO PARTE DEL VIVERE QUOTIDIANO E CHE, SE NON CI FOSSERO, ANDREBBERO INVENTATE. È COSì CHE NASCONO QUESTI RITRATTI DELLA NOSTRA ULTIMA PAGINA, PICCOLI E GRANDI PROTAGONISTI NEI QUALI OGNUNO PUÒ VEDERE UN PEZZO DI SÉ. OPPURE NO

Caffè freddo

Sempre la stessa storia: ≪Prenderei un caffè freddo≫. ≪Ma prendilo normale≫. ≪No, lo voglio freddo≫. Il caffè freddo sa subito di vacanza, di Costa Azzurra, di un caffè con ghiaccio in Sicilia, precisamente a Noto, con quei tavolini in piazza sotto un duomo che fa tornare la fiducia nell’umanità. L’aspetto divertente e che ognuno ha il suo, shakerato, agitato, ghiaccio intero, ghiaccio tritato, con aggiunta speciale, amaro, e ≪come fai a berlo senza zucchero?≫. Anch’io ho il mio, figlio di quella strana coppia che sono Torino e la Puglia, insieme ormai da una vita. Lo si chiama caffè leccese, con caffe (ci mancherebbe), ghiaccio e latte di mandorla; e lo si va a prendere in via Di Nanni, un po’ come si prendono le frittelle di mela in via Madama Cristina. Un po’ come si prende la granita in corso Regio Parco, la pizza al padellino da Gino e il sole stesi nel prato del Valentino che cambia, affronta le sue battaglie, si fa bello con il Salone dell’Auto e lascia correre lungo il fiume gli ultimi coraggiosi che fanno jogging.

Le cose cambiano

Sì, cambiano; cambiano per tutti e quasi per tutto. Cambiano anche i Ritratti di città, anche e solo perché cambiano i luoghi in cui vengono scritti e i sentimenti che ti attraversano mentre li scrivi. Le vacanze sono (quasi) alle porte, i torinesi vanno, gli stranieri vengono, e la mattina al bar chi e ancora qua ha sempre l’impressione di essere tutti un po’ sulla stessa barca. E questo non cambierà mai. Sotto l’ombra di un albero, ai tavolini di piazza Vittorio a pensare ancora a quanto sia bella Torino. Cambiano le canzoni alla radio, i sogni che l’estate porta con se. Cambiano i negozi (sempre di più quelli aperti ad agosto) e i locali che, poverini, non chiudono mai; ma cosa saremmo noi senza la brioche con La Stampa la mattina, senza lo spritz prima di cena. Ricordo mio padre che guardava sul giornale quali fossero i benzinai aperti e penso ai giri che faccio ora per trovarli. Ora che con i self-service e tutto più semplice, forse meno romantico. Quello che non cambia e la voglia di viverla, Torino, anche quando molti se ne vanno, anche quando sembra impossibile. Anche quando le serrande sono giù, il sole fin troppo su, per strada neanche un’anima e ti chiedi come possa essere cosi tanto tua una città.

Fuga dal caldo

La tradizione cinematografica dei ‘Fuga da’ e antica e sconfinata, dalla fantascientifica ‘1997: Fuga da New York’ all’epica ‘Fuga da Alcatraz’ con Clint Eastwood. Sempre a fuggire da inferni e prigioni, qui invece più che altro si fugge dal caldo, da ventilatori poco efficienti e notti insonni che ≪basta, vado a dormire in hotel≫. E allora ci si scopre coraggiosi, disposti a viaggiare per qualche ora di mare in Liguria oppure per piacevoli giornate all’ombra di pini in montagna, dove anche il sole pare essere meno caldo. I luoghi della villeggiatura d’altri tempi, roba da nobili decaduti della provincia di Torino. Antiche ville di mezza montagna che si rivelano rifugi per weekend fuori porta, pomeriggi di birra fresca e chiacchiere che quando torni a Torino scopri che un po’ ti e mancata. Come nei viaggi lunghi, magari fuori dall’Italia, belli, bellissimi, ma che al cartello di corso Unità ti senti sempre un po’ rincuorato, potremmo dire a casa. ≪E dunque l’hai fatto di nuovo… di andartene cosi, di nascosto… senza dir nulla… come l’altra volta≫. Ma tanto lo sai che torno sempre

Profumi di città

Una panchina, due birre, piazza Bodoni, i soliti amici, quelli della vacanza fuori, del ≪tengo i soldi per una settimana fuori e basta≫. D’altronde siamo velocisti, sprinter,gente da dieci giorni via e poi si ritorna nella nostra Torino. Ci si racconta degli altri, di che avranno fatto, di quando ritorneranno in città e dei progetti per la prossima estate. Nel frattempo si aspetta, ed e nell’attesa che si elaborano i discorsi più belli, forse pure i più profondi. La città ci lascia più spazio, per attendere, per pensare, per chiacchierate sulla panchina di una piazza che ci concede il suo silenzio per parlare senza troppe pretese, senza troppe barriere. Con gli amici ma anche con chi conosciamo meno; con due sconosciuti nel tavolo di fianco al nostro, fra i tendoni di quella piccola Parigi che e il Quadrilatero. E allora in un cocktail c’è il mare, nella brezza c’e la libertà che solo l’estate comunica, nella strada, stretta, coi ciottoli, per tornare a casa, c’e Torino. Con il suo caldo, le sue passeggiate, la noia da combattere, la musica nei locali che poco importa cosa suonano, gli ≪stringimi un pochino≫ nei cinema all’aperto coi film dell’orrore. Profumo di cioccolato in via Lagrange e di caffè e di gazzetta col calciomercato di Toro e Juve; di gelati in piazza San Carlo e di questo caldo che tanto ci fa penare, ma quanto ci mancherà fra un paio di mesi.