UNA COMPETIZIONE CHE DURA DA PIÙ DI 60 ANNI. CENTINAIA DI MILIONI DI SPETTATORI TELEVISIVI. PAESI PARTECIPANTI DA TUTTO IL MONDO. COS'È E COME FUNZIONA L'EUROFESTIVAL IN ARRIVO A TORINO?
Il 2 settembre 1945, a bordo della corazzata USS Missouri, veniva firmata la resa giapponese e, in questo modo, si poneva formalmente fine alla Seconda guerra mondiale; un conflitto che lasciava dietro di sé un mondo, e in particolare un continente europeo, totalmente da ricostruire, nell’anima e nel corpo. Fin dall’inizio fu chiaro a tutti quanto fosse necessaria anzitutto coesione: nacquero unioni e cooperazioni internazionali, pratiche e simboliche, e nel 1949 vide la luce l’Unione Europea di Radiodiffusione (UER), erede spirituale della UIR, di cui era meglio dimenticare il passato collaborazionista, non esattamente in rima con i nuovi propositi europei. Fu un giornalista italiano, Sergio Pugliese, a proporre alla UER l’idea di una competizione canora per la nuova Europa, prendendo ispirazione dal nostrano Festival di Sanremo. Il direttore della UER, Marcel Bezençon, sposò l’iniziativa e il 19 ottobre 1955 a Roma nacque formalmente l’Eurovision Song Contest, in cui si sarebbero sfidati i cantanti delle nazioni europee che avevano scelto di partecipare al progetto di un’Europa unita. Un format innovativo, divenuto poi realtà un anno più tardi, nella prima edizione ospitata dalla Svizzera e vinta proprio dai padroni di casa al Teatro Kursaal di Lugano. La seconda edizione migrò a Francoforte (Germania dell’Ovest) e qui a vincere furono i Paesi Bassi rappresentati dalla splendida Corry Brokken. Proprio nel ’57 venne istituita la norma per cui sarebbe stata la nazione vincitrice a ospitare l’edizione successiva (esclusa l’eccezione del 1960), e sempre nel 1957 il napoletano Nunzio Gallo portò sul palco una canzone con durata superiore ai 5 minuti: talmente lunga che il comitato decise di introdurre la norma (tuttora in vigore) del limite di 3 minuti per le canzoni in gara.
Riusciamo sempre a farci riconoscere… Nel 1964 fu invece la prima volta di un’italiana vincitrice dell’Eurovision Song Contest: una sedicenne Gigliola Cinquetti che a Copenaghen stregò il mondo con un’indelebile Non ho l’età. Quasi 30 anni dopo fu Toto Cutugno a vincere per il Belpaese, nel 1990 a Zagabria, prima del successo dei Måneskin, freschi campioni in carica dell’edizione 2021 con la loro Zitti e buoni. Quello che molti chiamano affettuosamente (e per abbreviare) “Eurofestival” è divenuto in quasi 70 anni di storia l’evento non sportivo più seguito al mondo, con picchi di copertura mediatica che negli ultimi anni hanno toccato centinaia di milioni di spettatori, con Paesi collegati da tutto il mondo e non più solamente europei.
Un evento tra i più antichi della musica internazionale, la cui forza (e durevolezza) è anche data da una struttura complessa e dinamica: un groviglio di regole mutato negli anni, che rende necessaria, per goderselo al meglio, qualche indicazione. Tra storie, curiosità e norme, ecco la nostra guida.
A febbraio è avvenuto il passaggio di consegne tra Rotterdam e Torino, location italiana data dalla vittoria dei Måneskin nell’ultima edizione. A Palazzo Madama si sono incontrati Stefano Lo Russo, neosindaco di Torino, e Ahmed Aboutaleb, primo cittadino di Rotterdam. In quest’occasione è stata ufficializzata l’ossatura di questa 66a edizione dell’Eurovision Song Contest in programma sotto la Mole dal 10 al 14 maggio 2022. Nell’occasione, a partire dalle 35 squadre partecipanti sono stati estratti a sorte 4 gironi semifinali. Squadre rappresentanti Paesi europei, euroasiatici e anche extraeuropei (l’Australia è ospite fisso ormai da qualche anno).
Come funziona l’Eurofestival? Si compone di 4 gironi detti “semifinali”. Il 10 maggio si sfideranno nella prima parte Albania, Lettonia, Svizzera, Slovenia, Bulgaria, Moldavia, Ucraina, Lituania e Paesi Bassi; mentre nella seconda Norvegia, Portogallo, Danimarca, Armenia, Austria, Croazia, Islanda e Grecia. Il 12 maggio andranno quindi in scena terza e quarta semifinale: per primi si esibiranno Australia, Georgia, Cipro, Serbia, Finlandia, Azerbaigian, San Marino, Israele e Malta; per secondi Montenegro, Romania, Repubblica Ceca, Polonia, Belgio, Macedonia del Nord, Svezia, Estonia e Irlanda. Passano direttamente alla finale le cosiddette “Big Five”, ovvero Regno Unito, Spagna, Francia, Germania e Italia. Il totale dei Paesi partecipanti è di 40, salvo sorprese (che nella storia non sono mancate, compreso questo 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina e la conseguente eliminazione della Russia). I finalisti si sfideranno nella serata finale il 14 maggio.
Ma come si vota? Il casus belli che ha dato origine all’attuale sistema di voto è datato 1969, un’edizione alquanto singolare fin dall’inizio in quanto vide l’Austria rinunciare alla competizione per non essere “ospite” di un regime fascista quale era quello di Franco in Spagna, e soprattutto in finale la giuria dovette proclamare ben 4 vincitori a pari merito. Nessuno aveva mai pensato a un metodo per definire gli spareggi, e da qui la rettifica al regolamento tuttora in vigore, in cui ogni nazione (non potendo votare se stessa) stila una lista delle proprie 10 canzoni preferite. In base alla posizione vengono assegnati i voti: dalla decima alla quarta le canzoni ottengono rispettivamente da 1 a 7 punti; la terza prende 8 punti, la seconda 10 e la prima 12. Inizialmente a votare erano le sole giurie, dal 1997 è entrato in gioco il televoto e negli ultimi anni si è passati a un mix dei due modelli, le cui classifiche si combinano a formare l’elenco delle finaliste ottenute dai 2 turni semifinali, alle quali si sommano infine le 5 già in finale (tra cui l’Italia). Lo stesso metodo di votazione viene poi utilizzato per la finale.
Appurati in linea di massima i criteri di svolgimento e votazioni, addentriamoci nel sistema di regole dell’Eurovision. Anzitutto la musica: fino al 1973 la musica doveva essere suonata da un’orchestra fornita dal Paese ospitante, senza possibilità di utilizzare basi preregistrate, possibilità che fu introdotta proprio nel ’73, ma che non eliminò l’obbligo di fornire un’orchestra, in vigore fino al 1999. L’ultima volta che si vide l’orchestra al festival fu però a Birmingham, nel ’98, portata dalla BBC. L’Eurovision Song Contest è sempre stato molto legato ai suoi dogmi e, oltre all’orchestra, emblematiche sono le norme sulla lingua: nel 1965 la Svezia si presentò con un brano in inglese e il precedente comportò una nuova legge che fino al ’73 non permise di presentare canzoni in lingue diverse da quelle del proprio Paese d’origine. Decaduto l’obbligo, nel 1974 gli ABBA (di nuovo dalla Svezia) conquistarono l’Eurofestival e poi il mondo portando sul palco di Brighton (UK) la loro Waterloo. Il divieto tornò attivo dal 1977 per poi essere definitivamente revocato nel 1999, aprendo così alle più varie sperimentazioni linguistiche. Critiche, petizioni per cambiare, ritorni al passato… la storia dell’Eurovision è costellata di contatti con società, politica, cultura, a dimostrarne, se ce ne fosse ancora bisogno, la grande importanza globale. Infatti, a parte rarissimi casi (purtroppo spesso tragedie), non è possibile da regolamento “spezzettare” o rinviare la trasmissione dell’evento. Ogni emittente nazionale che firma la partecipazione all’Eurovision ha l’obbligo legale di trasmettere il Festival nella sua interezza senza eccezioni. Insomma, the show must go on e, soprattutto, deve andare alle ore 21 secondo fuso orario dell’Europa centrale a prescindere dal Paese ospitante. A testimoniare la portata mediatica, fecero scalpore i provvedimenti della televisione giordana JRTV che, una volta intuita la papabile vittoria del gruppo israeliano, interruppe bruscamente il programma, dopo aver tra l’altro mandato immagini diverse durante le esibizioni dei concorrenti rappresentanti Israele. Simili problemi ebbe anche il Libano, che per propria legislatura non considera la legittimità dello Stato di Israele e che si ritirò per questo dalla competizione, pagando anche una multa per la violazione del regolamento e cancellando dalle copertine degli album degli Eurovision in vendita nei negozi libanesi la parola “Israele”.
Abbiamo già detto della musica, non abbiamo parlato del cantato. Sul palco dell’Eurovision non sono consentiti né playback né autotune: le esibizioni sono inevitabilmente dal vivo e non si accettano deroghe. In più sul palco, a prescindere che si tratti di cantanti, musicisti, comparse o chicchessia, non è consentita la presenza di più di 6 soggetti contemporaneamente. Quindi sul palco vedremo quasi unicamente i campioni di ogni stato, scelti tramite concorso nazionale (vedi Sanremo o i Paesi scandinavi), invito diretto o bandi particolari. L’Italia invia come proprio rappresentante il vincitore del Festival della Canzone Italiana, ma a fare eccezione fu il 1990, anno in cui a Sanremo vinsero i Pooh con Uomini soli, seguiti da Toto Cutugno con la sua Gli amori e dalla coppia Minghi-Mietta con Vattene amore, subito amatissimo tormentone. Come da consuetudine, all’Eurovision di Zagabria sarebbero dovuti andare i Pooh, che però rinunciarono e furono sostituiti da Toto Cutugno, poi trionfatore con Insieme: 1992, e non con Gli amori, pezzo bellissimo ripreso anche dal grande Ray Charles in versione rhythm & blues con il nome di Good Love Gone Bad, mai inciso in studio e per questo ancora più memorabile.
Ma per questo 2022 i nostri due cavalieri li abbiamo già scelti, pronti con la loro Brividi a provare a bissare il successo dei Måneskin. Chi sono però Blanco e Mahmood? Blanco (Riccardo) è bresciano, giovanissimo (19 anni) ed è uno di quegli artisti “esplosi” in periodo pandemico, una fase del nostro tempo fatta di ambiguità, introspezione e, perché no, tanta musica. Il singolo del botto è stato Notti in bianco, mentre il plebiscito arriva prima con La canzone nostra di Mace featuring Salmo e poi con Mi fai impazzire, cantata insieme a un altro lombardo, Sfera Ebbasta. Insomma, tanto e tutto insieme: ogni pezzo è una hit (come Blu celeste, successo clamoroso), e a febbraio anche l’exploit di Sanremo. Mahmood (Alessandro) è milanese, mamma sarda, papà egiziano, autore e cantautore. Gavetta, rapporti e collaborazioni con gran parte della scena italiana, rap e non solo, lo portano nel 2018 a Sanremo Giovani con Gioventù bruciata (successo immediato) e nel 2019, sempre a Sanremo, stavolta coi “grandi”, vince, superando Ultimo all’ultima curva, con la sua Soldi. Di lì in poi non ne sbaglia più una e Ghettolimpo è un album composto da almeno 4 hit saldamente in testa a ogni classifica nazionale (Rapide, Inuyasha, Dorado, Rubini). Vince di nuovo Sanremo nel 2022 e torna all’Eurovision per il secondo round dopo l’argento di Tel Aviv.
L’Eurovision è, come detto, un evento prettamente televisivo, e non potrebbe essere in altro modo dato che si rivolge a una platea di decine e decine di Paesi collegati. Per questo motivo ogni serata è provata e registrata, solitamente ben 3 volte, per consentire, in caso di emergenza durante il live, di “montare” la correzione senza interrompere lo show; tutto, quindi, deve essere uguale alla “bella”: canzoni, abiti e perfino il pubblico pagante. La conduzione è rigorosamente in inglese e la scaletta è gestita da un direttivo artistico che struttura la regia, mai prolissa, e che vede un susseguirsi costante di canzoni. L’ordine dei cantanti non è sorteggiato ma presta fede a una scaletta interpretata per combinazioni artistiche e sceniche, e le uniche improvvisazioni consentite fuori dagli schemi sono i saluti nella propria lingua alle rispettive nazioni. Questione di ritmo. Sono le emittenti locali a inserire voci “fuori campo” e a gestire quindi il racconto al proprio pubblico con lo stile più adatto. Ogni Paese partecipante e trasmettente firma un contratto aderendo a queste indicazioni, in cui sono compresi ovviamente l’obbligo alla trasmissione della finale nella sua completezza e il vincolo di mandare in onda almeno la semifinale con all’interno l’esibizione del proprio Paese, d’altronde c’è la necessità del televoto. Mentre l’altra semifinale può essere gestita a discrezione dell’emittente locale, anche in differita.
(Foto RAI e GETTY IMAGES)