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Torino d'inverno

Suggestioni e sfumature

di Tommaso Cenni

Inverno 2018

LUCI E PAROLE DI UN INVERNO TORINESE. I LUOGHI ICONICI DELLA NEVE, IL SOLE, IL TRAMONTO E I MONUMENTI, IL RACCONTO E L'ANIMA DELLA CITTÀ IN CUI «OGNI NUOVO MATTINO USCIRÒ PER LE STRADE CERCANDO I COLORI» (CESARE PAVESE)

E d’inverno a volte sembra che siano i colori a cercare te. Capita che la neve cada per le strade, sulle statue, e continui a scendere che a un certo punto non esiste più tutta questa differenza fra qui e il cielo bianco. Capita che una ragazza in via Po aspetti il tram, sotto il nevischio, con l’ombrello e una smorfia di freddo. Guarda l’orizzonte, aspetta quel salvatore di ferro ed elettricità come le mogli portoghesi coi mariti a Cabo de São Vicente, e non lo sa ma incrocia lo sguardo di San Marco evangelista a sinistra dell’ingresso della Gran Madre. E in fondo non sono così diverse, loro due, entrambe sotto la neve, fiere e in piedi. E mentre una aspetta da si spera 3/4 minuti, l’altra c’è da sempre: sorveglia piazza Vittorio e il Po freddo come non mai in questi mesi. Fa parte anche questo di Torino, dei suoi misteri. Giganti silenziosi che ci stanno a fianco da sempre, ci scrutano, mentre noi ricambiamo l’occhiata, un po’ ammirati, un po’ intimoriti.

Ombrelli

Visti dall’alto sono tanti puntini colorati su cui si adagiano fiocchi di neve. Sai che sotto c’è qualcuno (per forza, eh), ma in realtà non lo vedi del tutto. E così gli ombrelli passeggiano per Torino, aspettano tram alla fermata, accolgono persone che non conosciamo ma che ci chiedono un po’ di posto perché di neve questo cielo sembra averne ancora tanta. Sono così gli ombrelli, ce li portiamo in giro, li dimentichiamo nei bar, al cinema; poi torniamo a prenderli, che già ci mancano.

Lungo il Po

I colori cambiano, mutano, si specchiano, come noi, nell’acqua del Po. Acque fredde, adesso, specchio dell’anima di Torino, da sempre. E ci sono poche situazioni più romantiche di una passeggiata lungo questi bordi, lungo questi venti che ti sferzano il naso, e le guance, e in mezzo al paesaggio ci si perde e si diventa parte di questo tutto. Sì, perché c’è tutto, gli alberi, il fiume, il rosso, il giallo.

Luci e lucine

Come diventa buio presto, lo abbiamo detto tutti una volta nella vita. E prima fa buio, prima ci accorgiamo di luci e lucine che sono i colori dell’inverno a Torino. Ci sono quelle più romantiche, le insegne dei negozi, il faro di una bici, quelle «della città», come canta Coez, viste dall’alto delle colline; o ancora quelle dei lampioni, dei semafori gialli lampeggianti che capisci che è tardi, e di quelli rossi con la gente ferma in auto, che cambia stazione alla radio in cerca di qualcosa di meglio. Un po’ come tutti.

Neige

«Neve che turbini in alto e avvolgi / le cose di un tacito manto. / Neve che cadi dall’alto e noi copri / coprici ancora, all’infinito: imbianca la città con le case, con le chiese, / il porto con le navi, le distese dei prati…». Umberto Saba raccontava la neve in questo modo, ed è bello camminare, fra le nostre piazze, le nostre vie, tra passato e presente; vedere cosa c’è, ricordare quel che c’era. Cullati dalle parole di poeti immortali.

Sacro e profano

Sacro e profano. Tutto sotto lo stesso cielo, in mezzo a quei colori che, specie in inverno, valgono per tutti. E ci sentiamo realmente piccoli davanti a certe facciate di chiesa, di fronte alla cara Mole, e pure un po’ orgogliosi di questa piccolezza, che in fondo quei colossi sono opera nostra. Non nostra nostra, però di noi uomini. Simbolo della potenzialità che ci contraddistingue. Tra misteri mai risolti, cappucci che coprono volti e veli su storie che non ci è dato conoscere fino in fondo.

Sole d’inverno

Il sole d’inverno scalda di più. Scalda in modo differente, come il cuore degli uruguagi. Diverso perché si impone in un paesaggio di freddo, mani in tasca e teste abbassate a scansare il vento. Più caldo perché ci costringe a levare il capo, a prenderne i raggi sul viso, a goderceli. Un po’ malinconico, col fascino del mare d’inverno, a ricordarci il caldo dei mesi che sono stati e che saranno. E i colori cambiano, si sciolgono anche loro un po’, come pupazzi di neve che non vedono l’ora di tornare a far parte dei fiocchi a terra.

La Medusa di Palazzo Madama © Franco Borrelli

(Foto FRANCO BORRELLI e MARCO CARULLI)