In occasione della Pasqua, il Coro del Teatro Regio si presenta con un organico di 63 artisti disposti in una posizione decisamente insolita: il pianoforte sarà posizionato dando le spalle al palco, mentre gli artisti saranno in platea occupando varie file per rispettare le regole del distanziamento. Dirige il gruppo Andrea Secchi, al piano Giulio Laguzzi.
Apre il concerto Crucifixus del veneziano Antonio Lotti per coro a otto voci a cappella (1717), sinfonie che entrano partendo dalla più grave e risalgono via via verso l’alto, imitandosi, cozzando, sprigionando frammenti di commosso lirismo.
«Wir setzen uns mit Tränen nieder» è una pagina di alta spiritualità che conclude la Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach, potente cattedrale sonora in cui due cori che innalzano il loro compianto sulla tomba di Cristo. L’impatto emotivo di questa pagina ha suggerito a diversi registi di cinema di farne uso, e sempre con una finalità catartica, per fare da sfondo sonoro alle sciagure umane: basti pensare a Pasolini in Accattone oppure a Martin Scorsese in Casinò.
Liberamente ricavata da un passo della lettera di San Paolo ai Filippesi, la preghiera del Christus factus est rientra nella liturgia specifica del triduo pasquale, precisamente nelle “tenebrae”, così dette perché a mano a mano che si svolgono vengono spente una dopo l’altra le quindici candele, finché la chiesa resta al buio. Questo mottetto per coro a quattro voci a cappella di Anton Bruckner si contraddistingue per l’attacco sommesso (Moderato misterioso) dal sapore delle polifonie rinascimentali.
La supplica sale al cielo con O salutaris hostia di Gioachino Rossini, inno composto nel 1857 per coro a cappella a quattro parti. Il brano ha una paternità letteraria illustre: secondo la tradizione lo scrisse Tommaso d’Aquino per la festa del Corpus Domini ed entrò poi nell’uso come benedizione eucaristica, come il «Tantum ergo».
Il concerto prosegue con le Laudi alla Vergine Maria da Quattro pezzi sacri di Giuseppe Verdi. Dopo il Reqiem composto per la morte di Alessandro Manzoni, composto tra il 1873 e il 1874, il compositore non era più tornato sul genere sacro. O almeno, così è stato fino alle Laudi alla Vergine Maria, sopra i versi della preghiera «Vergine, madre, figlia del tuo Figlio» su cui si apre l’ultimo canto del Paradiso di Dante.
Infine, quattro brani di Gabriel Fauré: En Prière, Cantique de Jean Racine e, dal Requiem, Agnus Dei e In Paradisum. En Prière, con la sua ricorsività semplice e dimessa, dà voce a un insolito Gesù Bambino in preghiera; il Cantique de Jean Racine, scritto da un Fauré appena ventenne. Tratto dal suo capolavoro sacro, ossia il Requiem che accompagnò le esequie dello stesso Fauré, l’Agnus Dei è fra i momenti più drammatici di una composizione che si scosta per molti aspetti dal Requiem tradizionale. Compare invece, come conclusione catartica del lavoro, la preghiera In Paradisum, col suo messaggio di speranza e l’immagine degli angeli che portano l’anima in cielo sopra l’affettuosa sollecitudine dell’accompagnamento.
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