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Torino, Primavera 2024
«Sono vasto, contengo moltitudini». L’aforisma di Whitman mi è sempre piaciuto, parole che ti fanno da specchio, succede con la buona poesia. Non so se contengo moltitudini… sicuramente una girl band anni Novanta sono in grado di ospitarla, ho una personalità Spice Girls insomma. La cosa bella del crescere è che quella moltitudine si è fatta ordinata, per raccontarla ho trovato l’immagine della matrioska, a 45 anni potrei contare le donne che sono stata retrocedendo di lustro in lustro. Quella di oggi, la grande, non si sente grande davvero, anche se lavora, ama, litiga, ha preoccupazioni da adulta, capelli bianchi, rughe, ma lei è afflitta da dismorfismo temporale che le fa credere di essere una ragazza e infatti si è iscritta a scuola guida per farsi rilasciare quella patente mai presa e gira con il foglio rosa e una P da principiante, una P esistenziale più che veicolare. Dentro di lei c’è una quarantenne che pensa di sapere tutto, si dice di non essere fatta per le relazioni, lei sta bene sola, per fortuna la vita è una lunga smentita.
Per raccontarla ho trovato l’immagine della matrioska, a 45 anni potrei contare le donne che sono stata retrocedendo di lustro in lustro
La trentacinquenne rilancia, dice sì a tutto, ogni giorno è una scoperta, dorme poco, scrive di notte, ha la testa tra le nuvole e le nuvole nella testa, scambia indipendenza e solitudine. Dentro quella donna ce n’è una più giovane di cinque anni che è madre da poco, due bambini con minuscole dita dei piedi come piccoli acini d’uva, starebbe a guardarli per ore, dormire, pensa che Babbo Natale ami tanto i bambini proprio per quello, perché li vede solo immersi nel sonno. Bombe disinnescate. Dentro quella donna, c’è la venticinquenne a cui hanno detto di seguire le proprie passioni, ma lei non sa quali siano, le piace guardare, le piace ridere, immaginare. La ventenne ha fretta di scappare, di staccarsi dalla pianta e rotolare, tutti le sembrano più capaci, lei ha una pelle sottile che le fa sentire tutto. E ancora dentro c’è la quindicenne studiosa e la bimba di dieci anni domestica e silenziosa, fino a quella di cinque che si nasconde sotto il tavolo quando si sente offesa e da lì sotto guarda il mondo dei grandi, ai piedi dei grandi. La più piccola bambolina delle matrioska si chiama seme ed è il fuoco dell’identità, qualcosa che è il nucleo di tutto e che tutto illumina da dentro, nell’abbraccio di una moltitudine.