Home > People > Interviste > Andrea dalla Chiara un’idea di città, impresa e futuro, che parte dal…1884
DOPO LE DUE GRANDI EPOCHE VISSUTE DA CAPITALE D'ITALIA E CAPITALE DELL'AUTO, LA CITTÀ CHE HA SAPUTO INVENTARSI IL CINEMA, LA TELEFONIA E LA MODA, DEVE ESSERE ORA PIÙ CAPACE DI FARE SQUADRA, DI RAGIONARE SUI SUOI PUNTI DI FORZA, MA ANCHE SU QUELLI DI DEBOLEZZA, PER COSTRUIRE IMPRESE NUOVE E CAPACI DI COMPETERE
Continua il viaggio ideale nella competenza per affrontare al meglio il tema della Torino di oggi e del futuro; una competenza necessaria per fronteggiare le sfide che il mondo ci propone in ogni ambito. In questa occasione affrontiamo il tema delle imprese del territorio, della necessità di sviluppo e della capacità di crescere, in Italia e all’estero, con un professionista che ha dalla sua un’esperienza formidabile personale, ma anche una data di origine che lo rende abbastanza unico nel suo genere. 1884, pochi anni dopo l’Unità d’Italia, nasceva quello che è oggi lo studio legale tributario internazionale dalla Chiara, rappresentato dal dott. Andrea dalla Chiara, innamorato di Torino da sempre, propositivo e critico sul futuro della città, promotore della sua altera bellezza ma anche osservatore della nostra realtà, con un profilo internazionale, e quindi inevitabilmente costretto ai paragoni con altre città.
Vista la prospettiva storica che dal suo osservatorio ci pare punto di partenza inevitabile, come racconterebbe Torino da fine ‘800 a oggi, certo giusto un affresco in qualche riga…
«Che dire e soprattutto come riassumere una città bellissima sempre, che ha vissuto metamorfosi generate da fatti reali, una città comunque sempre protagonista del paese; in estrema sintesi prima capitale d’Italia, poi dell’industria e poi di se stessa con la necessità di rinnovarsi in modo rapido dopo la perdita delle due precedenti posizioni di privilegio. Un passaggio non facile questo, e ce ne accorgiamo tutti i giorni. E questo ancorché Torino sia sempre stata città “visionaria”, capace di creare il cinema, la telefonia, la moda e molto altro».
E che idea di Torino nel futuro economico del nostro paese dobbiamo farci ora?
«Ci sono moltissime realtà che sono presenti qui e che rappresentano eccellenze nel panorama economico nazionale e internazionale; certo se mettiamo in fila le grandi aziende dell’automotive del recente passato che non ci sono più, perché trasferite o comperate o scomparse, viene fuori un numero di fatturati e addetti difficili da sostituire, idem se pensiamo alle tantissime banche nate qui e alle assicurazioni praticamente figlie di questa città. Queste realtà sono impossibili da sostituire a quei livelli di PIL e occupati».
Ma può la città ritagliarsi un nuovo spazio nel panorama nazionale e internazionale?
«Guardi, le indagini degli istituti di ricerca specializzati parlano comunque di 500 imprese nella sola città metropolitana di Torino con fatturati importanti, e molte con reali possibilità di sviluppo se ben gestite e condotte nelle trasformazioni e nei passaggi generazionali. Questi sono momenti decisivi per il futuro nostro e dei giovani, e noi lo sappiamo bene perché di mestiere facciamo proprio questo; le assicuro che non sono trasformazioni né facili né indolore ma sono comunque fasi cui ci si deve avvicinare con il massimo della competenza, senza improvvisazioni».
In Europa le città da un milione di abitanti e fortemente caratterizzate paiono essere oggi quelle più vivibili e con le migliori prospettive; cosa dovrebbe fare secondo lei Torino per assumere un ruolo da protagonista?
«Deve fare quello che sa fare e farlo sempre meglio, deve mettere a frutto la sua capacità di lavorare e formare e poi cogliere con rapidità le opportunità che si presenteranno davanti ad essa. Quello della velocità è un tema decisivo; se la città è sempre stata seria e attenta nel fare le cose, non è stata altrettanto veloce nel cogliere le opportunità. Milano ha una rapidità completamente diversa basta andarci due giorni per capire come ha saputo cogliere occasioni con assoluta brillantezza e velocità. Le cose vanno pensate, ragionate ma poi vanno fatte; vedo qui invece una certa lentezza nell’affrontare i problemi. Lo dico con sincerità, ogni volta che li sento definiti come articolati o complessi, penso prima di tutto che questa non sia una buona scusa per non occuparsene. E se mi consente aggiungo che esiste anche un passaggio culturale da fare, spogliandosi di un individualismo tipico italiano e che a Torino pare ancora più forte».
Il modo più efficace per affrontare il futuro è farlo attraverso un passaggio culturale forte che non può che partire dalle scuole, dalla rigenerazione di quella educazione civica che definisce la res publica come responsabilità di tuttiA cosa si riferisce in particolare?
«A una città di cui noi torinesi siamo innamorati e che vediamo sfiorire nelle periferie lasciate a se stesse e ai propri problemi di sicurezza che non vengono affrontati con la determinazione necessaria; senza una disponibilità vera anche culturale all’integrazione. Penso ora anche al centro che, basta passeggiarci o aprire i quotidiani, non è mai stato così abbandonato a se stesso, sporcizia, senza tetto ovunque, racket delle elemosine. Cose sotto gli occhi di tutti ma che incredibilmente sembrano invisibili, visto che nessuno le risolve. Questa città non può accettare una situazione simile, è inutile parlare di promozione del territorio se poi non affrontiamo queste questioni. Sono “trasparenti allo sguardo” citando una commedia di Oscar Wilde, o “Invisibili” se penso a una bella idea televisiva che fu di Marco Berry. Proprio rispetto a quello che citava prima, ovvero il tema della città da un milione di abitanti, mi verrebbe da dire che siamo nella condizione ideale per essere in alto nelle classifiche sulla qualità della vita, perché non abbiamo le problematiche delle megalopoli e neppure le deminutio capitis dei centri di provincia, eppure siamo terribilmente in basso, e dipende solo da noi migliorare il nostro piazzamento. L’unico modo per affrontare la questione è farlo attraverso un passaggio culturale forte che non può che partire dalle scuole, dalla rigenerazione di quella educazione civica che definisce la res publica come responsabilità di tutti e non invece di nessuno, come pare ora».
Torniamo allo sviluppo economico della città e delle sue imprese. Per lei la competenza è sempre stata un elemento decisivo per approcciare qualunque tema, e il suo ruolo di professionista “accompagnatore” delle imprese in questo preciso periodo storico diventa probabilmente decisivo per lo sviluppo delle imprese del nostro territorio; in cosa si concretizza questo ruolo?
«Oggi le imprese devono sapersi adeguare ai tempi o per mantenere inalterata la propria valenza nello scenario esistente oppure devono adeguarsi ai tempi crescendo perché le dimensioni piccole spesso non garantiscono la possibilità di competere; noi ci troviamo a discutere di questi temi tutti i giorni e allora le rispondo che i temi fondamentali da affrontare per il futuro delle imprese torinesi sono due: il passaggio generazionale e la forza di crescere, o a livello internazionale o per capacità di aggregazione. In entrambe le situazioni non ci si può affidare al caso. Prima di ogni cosa va reso necessario un salto culturale profondo per cambiare il paradigma della gestione: l’imprenditore deve saper attivare il vero controllo di gestione della sua attività e, sgravandosi così dalla quotidianità degli affanni, lavorare invece per programmare e crescere. Questo è il vero punto di svolta della nostra imprenditoria».
Chiudiamo con un augurio alla città per il 2023:
«Guardi poche cose messe in fila da affrontare con grande determinazione. Farsi un’agenda di obiettivi importanti e non giocare al ribasso con la decrescita felice o cose simili, sfruttare al meglio l’opportunità del PNRR, pensare a migliorare i servizi di base alla cittadinanza (pulizia, sicurezza, mobilità), e darsi uno spessore importante nell’organizzazione di eventi come sta facendo, candidandosi a cose importanti e internazionali, e abbandonando le fiere modeste e le manifestazioni di minor prestigio. Torino ha tutto per realizzare gli obiettivi e quindi può farcela, è il mio augurio sincero. La città lo merita».
(foto FRANCO BORRELLI)