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Home > People > Interviste > Giuseppe Lavazza e Mathieu Jouvin: a cercar le note, nel cielo sopra Torino
LA MUSICA, LA CITTÀ, LA CULTURA; E UN MODELLO VIRTUOSO PER SOSTENERLE. LA NUVOLA LAVAZZA È STATA LO SPAZIO IDEALE PER UN INCONTRO TRA L’IMPRENDITORE GIUSEPPE LAVAZZA, PRESIDENTE DELL’ORCHESTRA FILARMONICA TRT, E MATHIEU JOUVIN, FRANCESE INNAMORATO DI TORINO, SOVRINTENDENTE DEL TEATRO REGIO
Allo stesso tavolo Giuseppe Lavazza, vicepresidente della Luigi Lavazza Spa, e Mathieu Jouvin, nuovo sovrintendente del Teatro Regio. Il luogo dell’incontro – la Nuvola Lavazza, quartier generale dell’azienda, ma molto di più: il Museo, la Piazza, lo spazio eventi, l’avveniristica caffetteria, il ristorante stellato Condividere – è simbolico di un dialogo dove arte e impresa, futuro e presente, cercano una sintesi nella città dei prossimi anni. Denominatore comune, e spunto per il dialogo, l’Orchestra Filarmonica del Teatro Regio Torino, di cui Giuseppe Lavazza è presidente. E cominciamo proprio da questa eccellenza musicale, che sta riprendendo slancio, chiedendo a Giuseppe Lavazza le motivazioni del suo impegno: «Tutto prese inizio al mio incontro con Gianandrea Noseda, all’epoca direttore musicale del Regio, un personaggio straordinario e carismatico, che tanto ha dato al teatro e alla città. Ho subito trovato il progetto della Filarmonica intrigante, e mi sono impegnato in prima persona, con spirito di servizio, affiancato da Michele Denegri. Purtroppo, dopo una partenza ricca di grandi premesse, sono arrivati tempi bui e grandi cambiamenti, alcuni assolutamente imprevedibili. Prima l’abbandono di Noseda – che io ritengo una grande perdita per la cultura torinese – con tutto il suo staff, poi le vicende legate alla guida del teatro: l’addio di Walter Vergnano, l’avvicendarsi di altri due sovrintendenti, la parentesi del commissariamento. E, sopra ogni cosa, l’epidemia, che ha bloccato la programmazione per due stagioni. Ma ora è il momento della ripartenza, con un nuovo entusiasmo, ma con uno spirito imprenditoriale e artistico che va portato avanti su basi differenti».
Quali sono gli ingredienti necessari al rilancio?
«La tensione verso l’eccellenza, fondamentale, deve accordarsi con la prudenza e una grande attenzione nelle scelte. Fortunatamente la Filarmonica necessita di un “bagaglio” leggero, perché si basa sui componenti dell’Orchestra del Teatro, che possono lavorare al progetto nei tempi morti, portando prestigio e buona reputazione all’ente e a loro stessi. Ed è bene ricordare che la Filarmonica non è una realtà autonoma o parallela, ma parte stessa del Teatro. E poi in questa fase, ma non solo, occorre avere i conti a posto, perché la buona gestione delle risorse è l’unica garanzia per puntare a risultati durevoli. Certo alla Filarmonica manca ancora un direttore, ed è come se mancasse un allenatore a una squadra di calcio. Mi auguro sia possibile individuarlo a breve».
Un buon modello per la cultura in generale…
«Sicuramente. Noi possiamo vivere una grande fase storica di rilancio, direi unica. E io ci tengo che la città faccia bella figura, rafforzando la sua reputazione. Ma perché questo avvenga servono scelte economiche etiche, sostenibili, che rendano virtuoso il modello “pubblico-privato” che regge il sistema. Serve più impresa nella cultura, i risultati devono essere misurabili e frutto di programmazione. Se non hai ricavi non puoi spendere».
Torino non deve essere timida e deve valorizzare al meglio le proprie eccellenze. Per rendere ciò possibile, occorre amarla sempre di più. Torino deve essere ambiziosa, serve un traguardo, e l’obiettivo non può che essere il primo posto. Però solo i muscoli non bastano, ci sono altri due elementi determinanti: il cuore e un progetto, una visioneConcetti condivisi da Jouvin, che delinea alcuni elementi del “suo” Regio:
«Il Teatro Regio del presente e dell’immediato futuro deve credere nei giovani, che vanno avvicinati con opportune strategie, e nelle aziende. Stiamo pensando di proporre palchi business alle imprese, come già accade in altre realtà, negli stadi o al Pala Alpitour. Ma vorrei precisare che il teatro è arrivato prima dello sport, dal Rinascimento in avanti la formula dei “palchi privati” veniva adottata nei maggiori teatri europei. La scelta del direttore musicale è una priorità, e il problema non è trovarne uno bravo, ma quello giusto. Il direttore musicale di un ente lirico deve essere impegnato su tre fronti: l’orchestra, il pubblico e il teatro. Quindi deve avere doti non comuni da individuare».
Mathieu Jouvin ha più volte dimostrato amore per la sua nuova città, gliene chiediamo le ragioni…
«In letteratura si scrive che ci vuole tempo per imparare ad amare. Ma io sostengo che si capisce, molto rapidamente, se questo sentimento è possibile. Per me è stato così, a Torino la vita mi sembra bella, ed è un concetto che tocca tanti elementi: il paesaggio, la gente, i sapori… Un aspetto che trovo fondamentale è l’equilibrio tra l’intensità (il lavoro, i ritmi quotidiani) e la qualità del tempo vissuto. A Parigi, per esempio, tutto è sbilanciato verso il primo concetto. E poi in un’epoca di apparenza a Torino conta la sostanza».
Torniamo a Giuseppe Lavazza. Parlando di luoghi torinesi, tra passato e presente, La Nuvola si inserisce perfettamente in questo dialogo. Cosa rappresenta per lei?
«Questo spazio per me rappresenta un concetto fondamentale: la valorizzazione delle radici e la scelta di un “luogo comune” che consenta all’azienda di incontrare la città e il suo futuro. La Nuvola riflette la mentalità di un’impresa che ha scelto Torino perché è nata, cresciuta e si è sviluppata a Torino. Questa è la nostra città e ci ha portato fortuna, vorrei dire che ha quasi un valore scaramantico. Mentre molti brand scelgono di decentralizzare la propria sede, noi abbiamo deciso per il percorso inverso. Ci sono state anche scelte che hanno rafforzato questo rapporto, questa strategia, come la decisione di installare presso di noi un hub vaccinale tra i meglio organizzati in Italia. Una restituzione al territorio e alla cittadinanza, per tutti noi motivo di orgoglio. Oggi siamo anche riconosciuti e apprezzati per i nostri spazi aperti al pubblico, come il Museo e Condividere. La sfida del ristorante è stata vinta grazie ad amici che mi fa sempre piacere ringraziare: Ferran Adrià, il compianto Bob Noto, il premio Oscar Dante Ferretti».
Si chiude con un augurio in vista del 2023. Giuseppe Lavazza:
«Torino non deve essere timida e deve valorizzare al meglio le proprie eccellenze. Per rendere ciò possibile, occorre amarla sempre di più. Torino deve essere ambiziosa, serve un traguardo, e l’obiettivo non può che essere il primo posto. Però solo i muscoli non bastano, ci sono altri due elementi determinanti: il cuore e un progetto, una visione».
Mathieu Jouvin aggiunge:
«Io auguro a Torino dei bei sogni realizzabili. E, in particolare, dei bei sogni musicali. Noi, nel 2023, celebreremo i 50 anni del nostro magnifico teatro, concepito da quel genio di Carlo Mollino, che fu, appunto, eclettico, visionario e sognatore. Quando sono arrivato in città la prima cosa che ho visitato è stata casa sua. Un luogo magico e delicato».
Completa il concetto Giuseppe Lavazza:
«Torino è una città per conoscitori. Proprio per questo ha bisogno di delicatezza e rispetto. Quella delicatezza e quel rispetto che meritano le cose preziose».
(foto FRANCO BORRELLI e LAVAZZA)