Home > People > Interviste > Mattia Vanini: si può ancora parlare di automobili?
ABBIAMO INTERVISTATO MATTIA VANINI, VICEPRESIDENTE DI AUTOTORINO. PARLANDO OVVIAMENTE DI AUTOTORINO, MA SOPRATTUTTO RAGIONANDO SU PASSATO, PRESENTE E FUTURO DEL MONDO AUTOMOTIVE
In un contesto di complessiva negatività (per non dire ostilità) nei confronti del mondo automotive, specialmente a Torino, ci siamo chiesti se esistano ancora a questo proposito degli esempi virtuosi. Una domanda retorica, perché sì, ovviamente esistono.
Noi per parlare di auto, futuro, umanità, comunicazione automotive, abbiamo interpellato Mattia Vanini, vicepresidente di Autotorino. Ovvero il primo dealer automobilistico d’Italia, con sessant’anni di storia, oltre 2 miliardi di fatturato, più di 70 filiali e quasi 3.000 collaboratori. Un gigante insomma, ma soprattutto un autorevolissimo punto di vista.
Partiamo dal titolo, Mattia, si può ancora parlare di automobili?
«Si può e si deve parlare di automobili. Perché è un argomento “principe”, anche, e soprattutto, da un punto di vista economico. Specie in Italia, che è stato Paese trainante per decenni in questo ambito».
Oggi parlare di auto non significa discutere di un mezzo di ferro, ma confrontarsi con il tema della mobilitàE a Torino?
«Nonostante il momento, anche a Torino è necessario continuare a parlare di auto. A maggior ragione perché ci si può approcciare al tema in molti modi diversi. Quello dell’automotive è un mondo ricco di opportunità, ma deve essere affrontato con intelligenza, con sensibilità, con voglia di mettersi in gioco, reinterpretando gli scenari a cui siamo abituati».
È come fosse cambiato anche un po’ il linguaggio dell’auto?
«In parte sì. Oggi parlare di auto non significa discutere di un mezzo di ferro, ma confrontarsi con il tema della mobilità. Per esempio adesso si parla molto di costo/utilizzo, di servizi… Argomenti un tempo marginali».
Anche il rapporto con i clienti è cambiato?
«Tutto evolve, tutto cambia. Oggi si va verso una relazione con i clienti sempre più di lunga durata, non più una tantum, ma una vera partnership. Una volta era la vendita a essere centrale, ora ci sono molti più aspetti da valutare, e al centro c’è prevalentemente la persona».
Quindi esiste una ricetta per gestire questo parti colare momento storico?
«La ricetta, in breve, è trovare la capacità di guardare al settore con occhi diversi rispetto a quelli che abbiamo sempre usato. C’è un mondo di riferimento, che è ciò che abbiamo vissuto, ma davanti a noi ci sono tantissimi mondi mai esplorati con cui confrontarci».
La digitalizzazione è uno?
«Assolutamente sì. La digitalizzazione ha cambiato per esempio il modo con cui ci si rapporta al cliente. Noi abbiamo investito tantissimo nei luoghi di incontro con il cliente, sia fisici che digitali, e oggi che l’innovazione si spinge sempre più in là, è diventato fondamentale bilanciare la giusta continuità tra fisico e digitale».
Nella pratica che significa?
«Investire nel sito, nell’intelligenza artificiale, nelle competenze digitali, nei gestionali avanzati… E contemporaneamente nel capitale umano cui tutta questa tecnologia fa capo e da amplificatore delle potenzialità. Inoltre, nei prossimi tre anni investiremo 90 milioni nel rinnovo e nell’efficientamento delle nostre sedi».
Una provocazione: non c’è il rischio di “dimenticarsi” della componente umana?
«Noi nasciamo, come attività, dal rapporto umano con i clienti. Dai servizi e dalla fiducia. Fa parte del DNA di Autotorino: quindi no, per noi non esiste quel “pericolo”. Anche perché sono convinto che l’innovazione sia uno strumento, e come tale necessita di persone per funzionare. E poi non dimentichiamo che sono gli uomini il motore di ogni sviluppo, quindi senza umanità questo ecosistema “innovativo” non esisterebbe neanche. Per Autotorino le persone, collaboratori e clienti, saranno sempre al centro».
Una dimostrazione concreta?
«Non una ma tante. Ad esempio in questo settore siamo stati i primi a creare un’academy. Perché pensiamo sia fondamentale coltivare e formare il capitale umano. Oppure tutte le iniziative di welfare, un esempio il nostro Bonus Bebè (un contributo a chi sceglie di avere un figlio), che ben testimonia quello che per noi è un mantra: i collaboratori devono essere contenti di lavorare con noi. E per fortuna è un sentimento reale e diffuso».
Sentite di dover dare il “buon esempio”?
«Sicuramente sentiamo la responsabilità di rappresentare oltre 2.800 famiglie. Che è un orgoglio, ma anche uno stimolo a crescere sempre. E in questo senso ci viene in aiuto anche il nostro DNA: siamo gente competitiva, che si trova a suo agio ad affrontare presente e futuro con determinazione».
A proposito di futuro, facciamo un gioco: proviamo a disegnare insieme l’auto di domani?
«È un gioco che vale centinaia di milioni (ride, ndr). Diciamo che l’auto di domani sarà sempre più etica, non solo per un discorso di emissioni o sostenibilità, ma anche negli equilibri di filiera e con i territori, e nel rapporto con i brand che dovranno essere sempre più coerenti con i valori delle persone».
Un po’ come succede con il food?
«Certamente. Oppure, se pensiamo alla già citata dina mica del costo/utilizzo, possiamo utilizzare il tema della casa di proprietà: un tempo must assoluto, oggi molto meno». Quindi l’auto anche come metafora? «Il fatto è che le cose attorno a noi evolvono, e cambiano insieme alle idee che le animano. Un tempo un format come il noleggio a lungo termine sarebbe stato impensabile, così come lo smart working o gli affitti brevi. Il mondo muta, si va verso una flessibilità (e ampiezza) di possibilità incredibile. Occorre avere visione, valori, sensibilità per rendere tutto ciò un’opportunità e non un limite».
Un pensiero a Torino?
«Tocca le emozioni. I miei nonni venivano a Torino 60 anni fa a prendere le auto, pagandole con cambiali, per venderle in Valtellina. Se oggi siamo il primo dealer italiano lo dobbiamo anche a Torino e ai torinesi che oltre mezzo secolo fa diedero fiducia alla mia famiglia».
La vostra avventura qui come va?
«Molto bene: è da qualche anno che siamo su Torino, ma è nata subito una positiva sintonia. I torinesi si portano dietro un valore incredibile, e noi da “esterni” lo vediamo bene. Credo che attraverso questo valore Torino riuscirà a riposizionarsi dove merita».
Ultimo passaggio: prossimi step?
«Entro fine anno concretizzeremo la nostra prima grande operazione fuori Italia, acquisendo Mercedes-Benz Varsavia. Abbiamo vinto la concorrenza di alcune grandi realtà internazionali, e penso sia un ottimo segnale per tutti gli italiani. Abbiamo la tendenza a sottostimarci, e sbagliamo. Spero che questa nostra conquista sia di sprono per tanti».
( foto AUTOTORINO)