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Niccolò Fabi

Meno per Meno fa sempre +

di Tommaso Cenni

Primavera 2023

IL 28 APRILE NICCOLÒ FABI TORNA A TORINO, PIÙ PRECISAMENTE AL TEATRO COLOSSEO, NELL'AMBITO DELL'AMPIO TOUR DI MENO PER MENO, NUOVO ALBUM CHE IL CANTAUTORE ROMANO PORTERÀ FINO A FINE MAGGIO IN GIRO PER I TEATRI D'ITALIA

I greci mettevano sul palcoscenico ciò che desideravano esorcizzare, le loro “tragedie”, perché il teatro doveva essere anzitutto un’operazione di catarsi. Un’occasione per mettersi, e mettere la società, allo specchio, in maniera più o meno raffinata, più o meno efficace. Con lo scopo di liberarsi di tante emozioni negative che, volente o nolente, fanno parte del nostro vissuto. Meno per Meno fa notoriamente +, perché spesso per affrontare noi stessi dobbiamo guardarci allo specchio; per affrontare la paura dobbiamo immergerci in essa, per sopportare la malinconia dobbiamo cibarcene fino a esserne sazi. Cerchiamo risposta nelle cose e in noi; e lo facciamo perché Meno per Meno fa sempre +. Meno per Meno è l’ultimo progetto di Niccolò Fabi e nasce in realtà il 2 ottobre 2022 all’Arena di Verona, in occasione di un grande spettacolo per i 25 anni di carriera del cantautore romano, accompagnato sul palco dall’Orchestra Notturna Clandestina diretta dal Maestro Enrico Melozzi. Un live, poi riportato in studio, che ha avuto come risultato appunto le 10 tracce di Meno per Meno: 6 canzoni già edite (ma con nuovo vestito orchestrale) più altre 4 inedite. Un percorso catartico, uno sguardo al passato e al futuro, una necessità, un passo di ennesima maturità forse: Meno per Meno è tutto questo, e probabilmente anche di più. Per noi è però prima di ogni altra cosa un gran bel motivo che riconduce Niccolò Fabi in concerto a Torino, al Colosseo, il 28 aprile.

Niccolò Fabi

Niccolò Fabi

Abbiamo provato a spiegarlo noi, ma cosa significa per Niccolò Meno per Meno?

«Il “problema” dopo quarant’anni di scrittura e canzoni è tenere viva la creatività, sviluppare continuamente nuovi stimoli, specie quando qualcosa dura da tanto tempo. Succede in tutte le cose della vita, in tutte le relazioni, e probabilmente quello con le canzoni è il rapporto amoroso più lungo della mia vita. “Meno per meno” è un tentativo di crearmi un “disagio”, di provocare una scossa, anche se un po’ artificiale, di scuotermi e accendermi nuovamente; con suggestioni e sfide differenti, una su tutte il lavoro, per me nuovo, fatto insieme all’orchestra. Questo a livello personale, ma è sicuramente anche un tentativo di dare a chi mi segue da tanto tempo un progetto in qualche misura diverso, da scoprire».

Lo sforzo globale dovrebbe essere quello di prendersi cura, e perché no, rinnovare, in modo costruttivo, l'identità delle nostre città

Entriamo nello specifico delle tracce: c’è un pezzo, Andare oltre, in cui a un certo punto dici “la mia condanna è andare oltre”. Quanto c’è di necessario e di doloroso nell’andare oltre?

«Più che necessario è inevitabile. Il tempo scorre e non possiamo farci nulla. Poi questo andare oltre, che è spesso visto solo in chiave positiva, può portarci verso condizioni sia migliori che peggiori; dipende in quale stagione della vita ci troviamo. Comunque sia andare oltre comporta in ogni caso anche un sacrificio, perché si perde qualcosa, ci si allontana e si va avanti, e qualche pezzo di noi rimane indietro, nel bene e nel male».

Niccolò Fabi album

Album

Torniamo a Torino. C’è una canzone, Ha perso la città, che descrive la “crisi” odierna delle città. Si dice in particolare che la città ha perso il sogno: come dovrebbe sognare una città?

«C’è stato un lungo periodo in cui le città erano sogni, anzi creavano sogni. Si fuggiva in città in cerca di nuove possibilità, e la canzone fa riferimento molto a quello. In parte oggi capita che la tendenza sia al contrario: le persone abbandonano disilluse le città e il sogno si sposta altrove. Torino ha sicuramente una dimensione e caratteristiche diverse rispetto a Roma, il cui centro città ha progressivamente perso la propria identità. Lo sforzo globale dovrebbe essere quello di prendersi cura e perché no rinnovare in modo costruttivo l’identità delle nostre città, accettando, valorizzando i cambiamenti, che d’altronde sono naturali. Una città sogna se lo fanno le persone».

Niccolò Fabi - album

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Nell’affrontare il tema quanto può pesare la cultura? Anzi, dato che da anni sei docente all’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini, e oggi responsabile della sezione Canzone, quanto conta l’educazione culturale delle nuove generazioni per rispondere a tante complessità dell’oggi?

«La risposta non può che essere che conta, e pure tanto. Chi fa cultura ha la responsabilità (non mi azzardo a dire “dovere”) di farla vivere, anche attraverso il racconto e l’insegnamento. Saremo testimonianze che verranno consultate in futuro, e siamo responsabili di quello che andiamo a inserire nel mondo, nella “piazza sociale”. Tanto nei linguaggi quanto nei messaggi. La Pasolini è un ottimo esempio: persone, artisti che impiegano un po’ del loro tempo per “formare” non solo artisticamente i ragazzi; con l’obiettivo non di creare pattern, cloni, ma teste libere, consapevoli, aperte. Dalla cultura passa tanto del nostro futuro».

In Meno per Meno c’è anche un pezzo, Di Aratro e Di Arena, dedicato a un animale che qui a Torino ha un valore speciale: il Toro. Ci spieghi da dove nasce?

«Premetto: da sempre gli animali vengono usati per raccontare allegoricamente l’uomo. Nelle favole, nei bestiari… E il Toro sì, oltre a essere speciale per Torino (ride, ndr) è anche il mio segno zodiacale. La canzone mostra la duplice anima del toro, un dualismo in cui mi sono ritrovato: da una parte racconta l’abnegazione al lavoro, alla fatica (l’aratro), dall’altra la sua anima un po’ più vanitosa, che si impegna ma poi desidera il riconoscimento (l’arena)».

Niccolò Fabi

Niccolò Fabi

Come altri animali il Toro ha sicuramente da insegnarci qualcosa. Abbiamo smesso di ascoltare gli esempi che abbiamo attorno? E poi, è vero che si ascolta solo chi alza di più la voce?

«Tanto per avvicinarcisi quanto per allontanarcisi abbiamo bisogno di avere degli esempi. È sempre stato così. Ascoltare però non è mai facile, non è solo una questione di udito, ma di sensibilità. È umanissimo sentire il tuono e non il fruscio, è un fatto biologico. Un fruscio può attirare ma non come un grande botto. Oggi sembra che tutto sia detto a un volume molto alto, e in questo modo si perdono un po’ le sfumature, i dettagli in cui molte volte si nascondono gli aspetti più preziosi. Succede anche per la musica. Quello che possiamo fare è impegnarci a non anestetizzare la sensibilità, cercando di ritarare i volumi. Torniamo quindi al tema dell’educazione, a scuola come in famiglia. Proprio la musica ad esempio ci insegna naturalmente ad apprezzare toni alti e toni bassi; ci insegna l’importanza della diversità, dei silenzi e del rumore. Partire dalla musica è sempre una buona idea».

La tua musica si avvicina più al “fruscio”, e da 25 anni tanta gente la ascolta con piacere…

«Sì, nel mio caso il tempo delle scelte è un po’ finito. Ho il mio pubblico, la mia musica… che vanno sicuramente nella direzione dei dettagli e del non “urlato”. Ma per un ragazzo giovane magari non è così: si ritrova a dover scegliere cosa e chi ascoltare, ed è giusto che scelga da sé, ma allo stesso tempo che almeno abbia di fronte tutte le alternative possibili. In più, chi parla “piano” a maggior ragione deve parlare “bene”, evitare di dire “piccolezze”, perché è già molto complicato farsi sentire, se poi uno butta via le occasioni… Ma in fondo sono sicuro che ci saranno sempre persone attirate dalla non superficialità, attente più ai fruscii che ai tuoni».

 

(foto ARASH RADPOUR)