Siamo stati alla presentazione e/o conferenza d’apertura di Déplacé∙e∙s, la mostra di JR a Gallerie d’Italia dal 9 febbraio al 16 luglio in città. Chi è JR, perché è qua e cosa dobbiamo aspettarci?
JR è una star, un fotografo, un artista sorprendente amato in tutto il mondo. Potrete non aver mai visto la sua faccia ma è complicato non abbiate ammirato in giro (probabilmente sul web) una sua opera. Compagnia Sanpaolo porta per la prima volta in Italia JR ed è subito festa. Lo è stata il 7 di febbraio con una spettacolare “performance” in piazza San Carlo che ha coinvolto duemila persone; e ha continuato a esserlo in una conferenza stampa finalmente gremita ed entusiasta l’8.
JR è qui quindi perché ce lo ha portato Sanpaolo (che continua a investire nel progetto culturale Gallerie d’Italia), ma anche per scelta dell’artista stesso, che ama l’Italia, ha studiato a scuola l’italiano e ha voluto credere in questa mostra quando le Gallerie non esistevano ancora. Lo ha raccontato Michele Coppola, direttore arte, cultura e beni storici di Compagnia Sanpaolo, che ha accompagnato JR diverso tempo fa al cantiere di Gallerie d’Italia, chiedendo lo sforzo di immaginare una mostra nonostante qui non ci fosse veramente nulla. E JR, da vero artista e creativo, ha accettato la sfida vinta con questa inaugurazione.
Che diritto ho io di andare in un posto a raccontare quelle persone? Ho capito che non c'entro io, l'autorizzazione è nella gente, nel pensare che questa sia una sorta di missione per dare voce a chi non ce l'ha, per ricordare che non dobbiamo dimenticare appunto.Sul palco il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro, il presidente della Compagnia Francesco Profumo, l’assessore all’urbanistica Paolo Mazzoleni, il professor Giovanni Bazoli e il già citato Michele Coppola. Tanti apprezzamenti al lavoro di JR e parecchi ringraziamenti; nonché un puntuale richiamo alla necessità di portare cultura in città e investire sull’educazione. Considerazioni che hanno poi lasciato spazio al dialogo tra Arturo Galansino, curatore della mostra, e JR stesso, che da vera star ha condotto l’intervista con un italiano quasi perfetto (testimonianza di un grande amore reciproco tra lui e il nostro paese): «Sono innamorato dell’Italia. Mi affascinano l’energia e le mille sfumature di questo paese. Qui c’è sempre un dialogo, un altro punto di vista, non esistono limiti. Come artista devo pormi e porre delle domande a prescindere dalle risposte; e qui mi riesce benissimo».
JR non ha studiato all’accademia, è cresciuto nelle banlieue parigine scrivendo il proprio tag sui muri, disegnando graffiti per comunicare al mondo che esisteva anche lui. Un giorno l’incontro, casuale, con una macchina fotografica e lo sbocciare di una passione: «All’inizio non era arte, non c’era ragionamento. Nasceva come una necessità personale di espressione, per comunicare e condividere il nostro mondo, che per il resto delle persone sembrava non esistere nemmeno. Con le rivolte del 2005, con l’enorme protesta francese di quell’anno, la più dura dalla rivoluzione francese, è cambiato tutto». JR ha fotografato scontri e complessità del difficile 2005 francese, è finito sulla copertina del New York Times… e il mondo (quello che pensava non lo avrebbe mai considerato) si è accorto di lui: «Lì ho capito che l’immagine possiede una forza incredibile. Una forza che non esiste se non c’è partecipazione, se non c’è umanità. La gente ha bisogno di arte perché fa parte di lei, l’ho capito solo poi in seguito. E vale per ogni latitudine. In Colombia, Ucraina, Rwanda, Messico, Mauritania… L’arte racconta la sofferenza, comunica la fragilità, ci ricorda che non dobbiamo dimenticare».
Artista impegnato, o alla francese engagé? No grazie, risponde JR, che si definisce piuttosto (con un bel gioco di parole) engageant, cioè che coinvolge e invoglia gli altri a partecipare: «Che diritto ho io di andare in un posto a raccontare quelle persone? Me lo sono chiesto diverse volte. Ho capito che non c’entro io, l’autorizzazione è nella gente, nel pensare che questa sia una sorta di missione per dare voce a chi non ce l’ha, per ricordare che non dobbiamo dimenticare appunto. Per questo senza le persone non può esistere la mia arte. La gente sarà sempre al centro delle opere».
Ecco, al centro le storie, la sensibilità, l’umanità, l’estro, l’amore per la vita di un “ragazzo” che, lo ammettiamo, ci ha veramente sorpreso; per intelligenza e brillantezza. Ne capiamo l’enorme e mondiale successo: il consiglio è venire a vivere le sue opere. Non è un’occasione da farsi sfuggire.
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