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Home > Places > Viaggi del Direttore > Normandia verdazzurra: territorio, sapori e mare
UN VIAGGIO DOVE LA SOSTENIBILITÀ E IL RISPETTO PER L’AMBIENTE SONO UN CULTO ANTICO. DOVE IL PAESAGGIO È DOMINATO DAL MARE, DALLE SCOGLIERE, DAL QUOTIDIANO ANDIRIVIENI DELLE ACQUE COMANDATE DALLA LUNA. E OGGI L’OFFERTA GREEN PROPONE RESORT DI ASSOLUTA ECCELLENZA E APPRODI GASTRONOMICI GOLOSI. UN NUOVO TURISMO PER UNA COMPLETA ARMONIA
La penisola del Cotentin è una prua rivolta verso la Manica, circondata dalle maree, con un paesaggio dove la costa elargisce scenari indimenticabili: dune, acquitrini, bocage, lande, falaise, foreste, scogliere ardite, spiagge di sabbia bionda continuamente ridisegnate dalle maree. Luoghi che hanno ospitato leggende, naufragi, corsari, druidi, indomiti pescatori, approdi per la fede e per le armi. Terre per secoli contese tra Francia e Inghilterra, vicende che hanno finito col consegnare tutta la Normandia al Regno del Giglio, salvo le piccole isole di Guernsey, Alderney e Sark, che formano le British Islands.
Le maree sono una presenza costante lungo la costa; prevedibili con largo anticipo, comportano l’innalzamento del mare fino a 13 metri, questo nel Cotentin, dove si raggiungono i livelli più alti in Europa. Il fenomeno delle Grandi Maree, le più significative, avviene durante la luna piena, quando il nostro satellite e il sole sono allineati con la terra e si verifica l’attrazione più forte sulle acque. In questi casi si calcola un coefficiente di marea pari o superiore a 90. Chi avesse la possibilità di visitare Mont Saint-Michel a Natale potrà ammirare – il 24, il 25 e il 26 dicembre – un evento di coefficiente 96, tra i più significativi dell’anno. Da sempre, la penisola del Cotentin e tutto il dipartimento della Manica – un contesto indomabile e selvaggio – hanno esercitato un fascino irresistibile su scrittori, come Jacques Prévert, e menti creative. In particolare, gli impressionisti si sono calati in quell’atelier di fronte al mare che soggiogò Millet – il precursore della corrente, pronto a definire la costa: «Una piccola Irlanda» – e, dopo di lui, Signac, il più attivo, Guillemet e Boudin, le
cui nuvole sembrano volare sulle maree. Il potere della natura sugli uomini, il mare, le coste e le maree a condizionare, e comandare, destini e imprese. Un fato saldamente costituito da onde, vento, acque ed astri del cielo. Ancora oggi un fascino inestinguibile, se si ricordano antiche leggende – nelle quali era la luna, regina delle maree, a decidere quali navi potevano salvarsi, quali invece naufragare, per poi addirittura riemergere – oppure se si osserva il contributo alla cultura pop, visto che le Grandi Maree sono protagoniste di un’avventura dei Pokemon. Così, quando si affronta un viaggio attenti ai fenomeni della sostenibilità, dell’impatto ambientale – spunti prioritari per il Ministero del Turismo francese – viene da pensare che in Normandia, lungo il Canale della Manica, nel Cotentin, questi temi siano di piena attualità da sempre. Lungo questi chilometri di costa – tra onde e cieli in gara nella tavolozza dei celesti – l’uomo è un ospite rispettoso che ha sempre saputo dialogare con il padrone di casa. Fin dai tempi dei druidi, che adoravano le forze della natura e cercavano l’armonia, praticando un animismo identitario che è passato attraverso i secoli generando spirito di appartenenza. Per i celti, foreste, sabbie e maree non erano solo elementi del paesaggio, ma forme viventi da comprendere, adorare e tutelare. Sicuramente furono loro i primi ambientalisti europei.
Noi abbiamo percorso il nostro itinerario all’insegna del “nuovo turismo”, che non invade ma esplora, che cerca il bello nel piccolo e nel naturale, che privilegia i centri minori (ma incantati) in riva al mare, che seleziona gli approdi gourmet e gli hotel che hanno fatto scelte compatibili e sostenibili. L’auto – una Hyundai Kona ad alimentazione elettrica – si è sintonizzata perfettamente con il mood del nostro viaggio: silenziosa e potente, versatile alla guida, tecnologicamente avanzatissima, un SUV che parla la lingua del futuro, 484 chilometri di autonomia, che sono tanti ma non sempre abbastanza. Infatti per chi, come noi, non è avvezzo a questa alimentazione, si impone un dettagliato piano di bordo, indispensabile per “mirare” le colonnine del rifornimento, che non sono sempre universali e richiedono un lungo tempo di ricarica. Quindi, ad esempio, meglio fare l’operazione nottetempo in hotel. Adesso via, con un motore che corre ma non senti, è ora di partire.
Le Jardins de Coppélia – a Pennedepie – è qualcosa di assai diverso rispetto ad un hotel, anche di charme. Concepito da Gregory e Alexandra, i proprietari, per noi è uno dei migliori esempi di come le proposte guidate dalla sostenibilità possano perfettamente accordarsi ad una offerta di grande eleganza e personalità. Innanzitutto per la posizione incantata; ci si arriva da un cammino immerso in una foresta fitta fitta, dalla quale potrebbe sbucare in qualsiasi momento un druido immerso nelle sue faccende. Poi appare l’edificio: un piccolo maniero ben organizzato che a prima vista fa pensare a Hogwarts e ai maghetti svolazzanti della Rowling, con spa, piscina riscaldata e un magnifico ristorante aperto verso i frutteti. L’offerta è un connubio idilliaco tra design e rispetto dell’ambiente, a partire dai prodotti rigorosamente bio del ristorante Le Capucine, dove le proposte, golose e mignon, ricordano le tapas e mettono in scena l’emblematico matrimonio tra Mediterraneo e Normandia.
Il mare è a pochi chilometri, stessa distanza per esplorare Honfleur, gioiello della costa normanna con le sue case a graticcio che si specchiano sul porto. A non più di 15 minuti a piedi da Coppélia si raggiunge le Manoir d’Apreval, per dedicarsi a un incontro col produttore che eleva la visita a vera e propria esperienza. I proprietari coltivano ben 17 varietà di mele e pere, tutte bio, che vengono regolarmente trasformate in succhi di frutta, sidro biologico, Pommeau de Normandie (assemblaggio di calvados e succhi di mela freschi, con un minimo di 14 mesi di invecchiamento in rovere) e Calvados Pays d’Auge, proposto in diverse varianti legate ai tempi di invecchiamento. Qui si viene introdotti ai segreti della distillazione e poi si passa alla degustazione, ci si sente accolti in famiglia e si apprezza la magia di una tradizione dove il culto del prodotto è generato da un’attenzione ancestrale per ogni passaggio della lavorazione. Volete indugiare per godervi il panorama? Bene, i proprietari vi metteranno a disposizione cestini da picnic, a voi una sosta sull’erba color dello smeraldo.
E se invece che in Groenlandia l’isola di Fata Morgana fosse nel Cotentin? Possibile, perché Tatihou appare e scompare seguendo le maree, tanto che il battello che la collega alla terraferma è un mezzo anfibio, creatura mitologica metà barca e metà bus.
Gli unici abitanti stanziali sono gli uccelli – oltre 150 specie, tra cui il magnifico gabbiano reale – e il personale che si occupa della Maison de Tatihou, hotel/ristorante collocato nel complesso settecentesco dell’ex lazzaretto. Il monumento iconico è l’inespugnabile Fort Vauban (patrimonio UNESCO), edificato dall’altro lato dell’isola dopo la battaglia di La Hogue, che oppose la flotta francese agli anglo-olandesi. La storia di Tatihou è un romanzo d’appendice, dove si sono avvicendati i primi uomini della terra, i celti, i romani e i vichinghi.
I francesi la usarono come guarnigione e come lazzaretto ai tempi della peste, poi come asilo per i rifugiati della guerra civile spagnola, dopo ancora come carcere minorile. Infine la recente decisione di allestire un fascinoso museo marino e un hotel dove la notte – gustate le superbe ostriche del litorale – ci si immerge in un silenzio assoluto, unici ospiti di un’isola incantata. Rientrati sulla terra ferma, il consiglio è di indugiare tra le vie di Saint-Vaast-la-Hogue, classificato “Uno dei più bei villaggi di Francia”. Imprescindibile approdo gourmet il ristorante La Chasse Marée (cacciatore di maree, il battello che setaccia i fondali alla ricerca di coquillage).
Qui, oltre alle “ostriche assolute”, regina della casa è la choucrute normanna, indimenticabile enciclopedia marina per buongustai impavidi.
Prima di arrivare nel luogo dove si realizzano i più preziosi ombrelli al mondo (poi vi spiegheremo perché), la litoranea ci porta a Barfleur – villaggio disposto a fronte di un’ampia baia, che appare e riappare seguendo la volontà delle maree – e subito dopo al faro di Gatteville: un missile che si alza verso il cielo, che permetta di osservare i crateri lunari?
Cherbourg si trova di fronte a quella che fu, fino a pochi anni fa, la più grande rada artificiale del mondo (1500 ettari), realizzata per consentire al porto cittadino di ospitare i transatlantici oceanici. La città si arricchì (anche nei suoi edifici) durante quella vibrante epopea e ospitò i grandi personaggi del jet set internazionale, come Richard Burton, Liz Taylor e Charlie Chaplin.
Da Cherbourg partì, per il suo primo e ultimo viaggio, lo sventurato Titanic. L’immensa stazione marittima ospita il complesso de La Cité de La Mer, esposizione permanente in quattro sezioni: “L’Oceano del Futuro”, acquario e installazioni dall’impatto visivo emozionante; “Le Redoutable”, il più grande sottomarino visitabile al mondo; una galleria dei più sorprendenti mezzi subacquei utilizzati in ogni epoca e – il pezzo forte – “Titanic, ritorno a Cherbourg”, oggetti originali (ben 53), ricostruzioni da brivido, raffinate installazioni video per rivivere la più celebre sciagura nautica di tutti i tempi. È nato prima l’uovo o la gallina? In questo caso la gallina (ossia il film): era il 1963 quando Jacques Demy realizzò (con le musiche immortali di Michel Legrand) Les Parapluies de Cherbourg, poi vincitore a Cannes. L’artigiano Jean-Pierre Yvon, incantato dalla pellicola, nel 1986 creò l’ombrello di Cherbourgh, assicurandogli prestigio ineguagliabile. Perché? Perché si tratta di manufatti bellissimi, coloratissimi, realizzati con preziose materie prime. Cari? No, costosi sì, perché sono il meglio.
Li hanno scelti la marina francese e i presidenti della Repubblica. Il mio, giallo, è un antivento che posso mostrarvi nelle giornate di pioggia. Due approdi gourmet particolari per godervi il vostro soggiorno in città: L’Armoire à Délices, di fronte al porto, un emporio delle meraviglie dove tutto è in vendita e dove tutto si può gustare, formula tapas per esaudire la curiosità; Club Dinette, nella città vecchia, cucina del mondo in un bistrot per intenditori, goloso viaggio intorno all’assiette. Per la notte non si sbaglia con l’Hotel Mercure Cherbourg Centre Port. Le grandi vetrate verso il mare scendono fino a terra, ogni stanza sembra la cabina di un transatlantico pronto a salpare.
Qui l’uomo fa un passo indietro, magari anche due, per guardare un posto dove né lui, né i suoi predecessori, c’entrano qualcosa. Cape de la Hague è il vertice del Cotentin; i villaggi, tranne rare e minuscole eccezioni, trovano posto all’interno, quasi avessero paura di un luogo che ricorda, in modo evidente, la fine del mondo: vertiginose falaise, piccole anse battute dal vento, un cielo che sembra non stare mai fermo, un mare dai colori continuamente cangianti, e poi vento, gabbiani, silenzio, il verde smeraldo dei boschi.
Un paradiso geologico che espone anche le rocce più antiche di Francia, quelle di Jobourg. Potete percorrere il Capo a piedi, se siete allenati, o in auto, isolandovi 162 nei punti più spettacolari. Il mare è per veri esperti, con naufragi che ancora si raccontano. Furono 27 nel 1823. Il Capo ospita anche l’ultima casa di Jacques Prévert, che amò questi luoghi in modo struggente.
A Donville-les-Bains si trova Il Prévithal Hôtel de la Baie Thalasso Spa, luogo ideale dove offrirsi una pausa di pieno relax: trattamenti talassoterapici sotto stretto controllo sanitario, massaggi, grande piscina coperta con acqua marina, ma anche ristorazione gastronomica di livello e pregiate referenze enologiche. Si riparte per esplorare Granville, vera tappa sorprendente: organizzata su uno sperone roccioso, comprende una città alta (la parte più antica) e i due lati di quella più bassa, che scendono entrambi verso il mare.
Se lungo i quai del porto l’atmosfera è vivace e trafficata, salendo, tra le belle case del XV e XVI secolo, domina la quiete. Approdati ai bastioni, si può visitare il raffinato Museo d’Arte Moderna, con belle esposizioni temporanee. A pochi chilometri si trova una palazzina consacrata alla bellezza: l’abitazione d’infanzia di Christian Dior (nato a Granville nel 1905), personaggio emblematico della moda mondiale che qui, nel meraviglioso giardino di fronte al mare, ebbe probabilmente le sue prime ispirazioni. L’edificio oggi è un museo che ripercorre – con eleganti esposizioni temporanee – i temi cari a Dior, ma c’è di più: per una completa esperienza immersiva, la caffetteria del giardino offre menu gourmand e il rito del brunch.
Forse non esiste luogo al mondo paragonabile a Mont Saint-Michel. Il fascino del contesto – un grande specchio d’acqua, reso quotidianamente mutevole dalle maree, che circonda un isolotto tidale – la bellezza di un edificio religioso tutto proteso al verticale, gli stili che spaziano dal romanico al gotico fiammeggiante, i bastioni che circondano il complesso serrandolo e proteggendolo, compongono una somma che moltiplica ogni fattore.
Così il tuo sguardo osserva ogni aspetto, ma resta rapito solo dal suo insieme, che ti soggioga, anche se l’hai già visto più volte. Scrive Gérard Dalmaz: «La visione sorge da un satellite surrealista, un reliquiario gigantesco in una solitudine orgogliosa, come un’immagine fuggita da un fumetto di fantascienza. Su questo universo brutalmente minerale, dei servi del Padreterno hanno eretto la loro fortezza della fede consacrata al Principe delle milizie celesti, l’arcangelo San Michele: il cavaliere del bene contro il male, che ha sconfitto il drago, Satana, il Principe dei demoni». Se scegliete uno degli hotel nell’ultimo tratto percorribile con l’auto, sarete subito pronti ad accedere alla meraviglia utilizzando le navette elettriche gratuite. Si può anche fare il percorso a piedi, bellissimo, però occhio alle maree. Noi abbiamo soggiornato all’Hotel Gabriel, basico ma comodo. Cena eccellente all’ottimo Le Pré Salé, che contraddice ogni luogo comune sui ristoranti turistici: impeccabile cucina di mare e di terra, coquillage sfarzoso.
La via del ritorno offre ancora tre incantesimi. Il primo è a Pont-l’Évêque – si direbbe un festival delle case a graticcio – dove l’Auberge de la Touques, dimora di origine medioevale, inscena una cucina di carne dagli accordi ancestrali: agnello presalé, foie gras, golosa palette di formaggi normanni… Nelle vicinanze ha sede la Calvados Père Magloire l’Experience, una sorta di museo interattivo, sorprendente e spettacolare, dedicato al Calvados e alla sua storia. Si conclude con una degustazione delle diverse referenze che vi farà toccare il cielo con un dito.
L’ultima tappa è la migliore. Il Manoir de Surville è una struttura pluripremiata, con la Chiave Verde per il Turismo Sostenibile e il Rispetto dell’Ambiente e con le Tre Stelle per la cucina ecoresponsabile, riconoscimenti anche per l’accoglienza ai ciclisti. Tutto meritato, ma qui si va oltre: cortesia e attenzione in ogni dettaglio, due ettari di giardino, una dimora del XVI secolo dove le stanze sono appartamenti arredati con gusto fuori dal tempo, la sala biblioteca con caminetto che sembra uscita da un libro di arredamento, la piscina riscaldata che è una vera delizia.
Per la cucina difficile trovare aggettivi, basti dire che è stata, per distacco, la migliore del viaggio. Una raffinatezza nelle scelte e negli accostamenti (mare, ma soprattutto carne) che varrebbe ampiamente la stella Michelin. Hugues, chef e proprietario, chiarisce lo spirito della maison: «Noi non desideriamo quel riconoscimento, perché altrimenti saremmo visitati solo per il ristorante. Invece io e mia moglie Camille vogliamo offrire un’esperienza completa, la nostra esperienza, dove la cucina è un ottimo complemento». A soli 100 chilometri da Parigi, questa è un approdo che rende il viaggio indimenticabile, dove la sostenibilità si accorda con l’edonismo, il mood della Normandia verdeazzurra.
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(Foto di MARCO CARULLI)