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Il questore Vincenzo Ciarambino

Dialogo, responsabilità e coesione.

di Maria La Barbera

Estate 2022

ENTRANDO NELLA QUESTURA DI TORINO TROVIAMO UN CLIMA DI AMICHEVOLE OSPITALITÀ E LODEVOLE SERIETÀ. CI ACCOGLIE CON GRANDE GENTILEZZA IL QUESTORE, VINCENZO CIARAMBINO, DISPONIBILE A RISPONDERE ALLE NOSTRE DOMANDE E A POSARE PER IL SERVIZIO FOTOGRAFICO INSIEME AI SUOI COLLABORATORI. È UN GRANDE PRIVILEGIO POTERLO INTERVISTARE E CONDIVIDERE CON LUI IMPORTANTI TEMI CHE RIGUARDANO LA NOSTRA CITTÀ.

Foggiano, classe ’61, laureato in Giurisprudenza, Vincenzo Ciarambino entra in Polizia il 26 settembre 1988 e, con grande determinazione, inizia una carriera da dirigente in diverse città italiane. È un ammiratore di Torino, che considera città ordinata ed elegante, ma anche impegnativa per il suo fermento sociale. Vorrebbe viverla molto di più, goderne tutte le sfumature ma il lavoro non sempre glielo permette, neanche nei fine settimana. Crede nel dialogo, nella sicurezza partecipata, nel senso di comunità «che andrebbe recuperato». Coinvolto in passato in importanti operazioni che hanno condotto alla cattura di famosi latitanti, è molto sensibile ai bisogni di sicurezza della cittadinanza. «Le persone vogliono la nostra presenza, vogliono vedere le divise, e noi ci saremo». Ci parla delle problematiche create dalla pandemia, dei reati in calo e di un miglioramento generale; delle azioni che la Polizia mette in atto, spesso poco conosciute, per proteggere le persone, soprattutto anziani e minori, in collaborazione con i comitati di quartiere e con le scuole. Ci mostra il quadro appeso nel suo ufficio, quello a cui tiene di più, che ritrae quattro poliziotti caduti in servizio, persone che si sono sacrificate e che «abbiamo il dovere di onorare».

Durante l’intervista a Ciarambino

Durante l’intervista

Come si trova a Torino?

«Torino è una città bella ed elegante e, nonostante sia una metropoli, molto vivibile. Mi ha colpito il rispetto nei confronti delle istituzioni, la grande compattezza e la coesione che trova la sua radice storica nel senso dello Stato. È una città pulita, sobria e ordinata compatibilmente con le problematiche di una grande città. Stando a Torino si vive la storia».

Nel 1994 era già stato nella nostra città per un brevissimo periodo per ragioni di servizio, cosa le ha suscitato tornare dopo tutto questo tempo?

«Ci sono stato per pochi giorni perché avevamo individuato un latitante e l’operazione è andata a buon fine, fortunatamente. Ho un ricordo molto labile, sicuramente rammento un aperitivo in piazza San Carlo, una città viva. Torino è molto esposta culturalmente, con eventi nazionali e internazionali. È una delle questure più impegnative d’Italia, c’è un grande fermento sociale».

Quali sono i temi che a Torino impegnano maggiormente la Polizia?

«L’impegno più importante è l’ordine pubblico inteso come sociale e antagonistico, per esempio con la TAV, ma anche industriale, sindacale e sportivo. E poi il controllo del territorio in tutte le aree della città, da quelle centrali a quelle periferiche, ci tiene molto occupati».

Ciarambino e la Polizia

Quali sono gli effetti della pandemia sul tessuto sociale e quali problematiche ha amplificato?

«Sicuramente la pandemia ha provocato un incremento di alcuni reati. Durante le chiusure si sono intensificati quelli contro la persona, lesioni e violenze fisiche all’interno delle mura domestiche. Con il lockdown siamo stati costretti a una condivisione degli spazi, spesso forzata, che ha impattato su convivenze, matrimoni e famiglie, che hanno vissuto moltissimi momenti di comunità e pochi di libertà. La violenza di genere ha avuto un triste aumento mentre i furti in appartamento, di contro, sono diminuiti».

I dati cosa dicono? Quali sono i reati e i fenomeni in crescita e quali risultano in calo?

«L’analisi dei dati ci dice che i reati sono ancora inferiori rispetto al 2019, e quindi a prima della pandemia. Nel post-pandemia sono cresciuti i reati contro il patrimonio, nello specifico i furti e le rapine in strada a causa della situazione di povertà; in molti hanno perso il lavoro e la conseguenza è che si cerca di recuperare i soldi anche in maniera illecita purtroppo. Gli omicidi invece sono diminuiti e in costante calo».

Cosa possono fare i cittadini per contribuire e partecipare al bene comune?

«È un tema di cui ho parlato per la ricorrenza della fondazione della Polizia di Stato, il 12 aprile scorso. Il bene comune è la sicurezza che, però, non è solo di competenza delle forze dell’ordine. Io sono un forte assertore della sicurezza partecipata, e ritengo che anche i cittadini debbano concorrere alla protezione di questo prezioso bene. Ho lanciato l’idea di avviare o di rafforzare là dove fosse già in essere, il progetto del controllo del vicinato che vede l’associazione di gruppi di cittadini che, attraverso il telefono, per esempio con WhatsApp, allertano un capogruppo designato che ha il compito di segnalare alle forze di polizia. È importante comprendere che non è richiesto né previsto nessun intervento fisico, quindi la sicurezza personale del cittadino non è messa a rischio, si tratta solo di allarmare le forze di Polizia, che effettueranno gli interventi. È un sistema più facilmente applicabile nelle città piccole dove la realtà urbana ha una dimensione contenuta, ma si può lavorare per attuarlo anche nelle grandi città. Il messaggio comunque è quello di non girare la testa dall’altra parte, ma collaborare e segnalare».

Vincenzo Ciarambino

Ci sono dei servizi meno conosciuti che la Polizia di Stato mette a disposizione dei cittadini?

«Sicuramente posso citare gli interventi che facciamo presso le scuole per parlare dell’uso consapevole del web, in collaborazione con la Polizia Postale, di bullismo, di guida sicura, grazie anche alla Polizia Stradale, e poi delle questioni legate alla droga o all’alcol. Un altro tema sensibile riguarda gli anziani, facili prede di truffe che avvengono soprattutto a domicilio. La fragilità di questa categoria di persone, oltre che fisica, è psicologica, perché è viva la consapevolezza di possedere pochi strumenti per difendersi. Ci stiamo organizzando con i presidenti dei consigli di quartiere per mettere a disposizione spazi per creare degli incontri durante i quali verranno spiegati i rischi che si corrono, i luoghi dove certi reati avvengono maggiormente e dove quindi si diventa più vulnerabili. È importante attuare efficaci forme di prevenzione. Sono tanti i casi, inoltre, in cui i poliziotti si mettono a disposizione per assistere anziani soli o semplicemente per portare loro la spesa a casa. Siamo presenti nella società con diverse funzioni e attività poco note, ma utili e spesso indispensabili».

Il dialogo conta sempre, la prevenzione è una delle attività più importanti del nostro impegno, anche se spesso è poco tangibile e visibile, ma sicuramente evita molte criticità

Talvolta è riscontrabile tra le persone, il timore legato a livelli di sicurezza personale percepiti non sufficientemente alti e la sensazione che certe situazioni difficili non siano sotto controllo. Cosa si può dire per allentare queste preoccupazioni?

«Intanto posso dire che la sensazione di mancata sicurezza spesso non corrisponde con le statistiche. I reati sono generalmente in calo ma è essenziale che i cittadini percepiscano la nostra presenza, che le nostre divise siano visibili sul territorio. Stiamo facendo molti sacrifici ultimamente perché i servizi che ci vengono richiesti sono davvero molti. Dopo le chiusure dovute alla pandemia, c’è una grande voglia di libertà, di vedersi e aggregarsi ma è aumentata anche l’intolleranza nei confronti degli assembramenti e un certo tipo di vita sociale è molto meno apprezzato. C’è da dire che certi comportamenti che portano al degrado urbano sono aumentati, ma non è solo un problema di Polizia ma anche di governo e gestione della città, soprattutto sotto forma di prevenzione e regolamentazione. La manutenzione e la cura degli spazi urbani è essenziale per evitare il decadimento e l’abbandono, comunque noi dobbiamo esserci e ci saremo».

Quanto conta il dialogo per risolvere le diverse problematiche?

«Il dialogo conta sempre, la prevenzione è una delle attività più importanti del nostro impegno, anche se spesso è poco tangibile e visibile, ma sicuramente evita molte criticità. Un esempio di dialogo è l’attività di informazione preventiva relativa alle pubbliche manifestazioni, le disposizioni che vengono date su cosa è consentito fare e cosa no, ma anche la comunicazione dei percorsi da seguire per evitare che due cortei si incontrino o che si resti bloccati a causa dei lavori in corso. A Torino c’è un grande senso di civiltà e di rispetto, ma le eccezioni e i disturbatori ci sono anche qui».

Ufficio di Vincenzo Ciarambino

Spesso sentiamo di poliziotti che mettono a repentaglio la loro vita a protezione e a servizio della comunità. Secondo lei questi moderni eroi sono riconosciuti abbastanza dalla società odierna?

«Sì, c’è decisamente un grande riconoscimento. Torino ha avuto molte perdite nelle forze dell’ordine, soprattutto durante gli anni ’70. Nei confronti di queste vittime c’è un grande senso del rispetto, riscontrabile quando queste vengono commemorate e in tali occasioni la presenza civica è consistente. La gente li vede come degli eroi ma loro non volevano e non vogliono esserlo, si pensa solo a servire lo Stato e noi abbiamo il dovere di onorarli. Io cerco di non mancare mai alle celebrazioni dedicate alla loro memoria, per me è una priorità».

Se non avesse intrapreso la carriera nella pubblica sicurezza cosa avrebbe fatto?

«Non ci ho mai pensato veramente ma credo che avrei fatto il veterinario, mi piacciono gli animali, ho un cane a cui voglio bene come un figlio. Sono comunque davvero contento del mio lavoro, lo sono stato ogni giorno da quando ho fatto il concorso, era la mia strada. È una professione che richiede dedizione e una grande capacità di reazione, ogni giorno ci si propongono problemi diversi da risolvere nel più breve tempo possibile, la Polizia è costantemente a disposizione delle persone».

 

(Foto MARCO CARULLI)