Home > People > Editoriali > Scenari economici > Scenari economici in un periodo di eventi eccezionali
Torino, Speciale Torino Futura 2022
Che momento stiamo vivendo professore?
Stiamo attraversando un periodo molto particolare della nostra storia recente, sentiamo l’incertezza pervadere la situazione economica generale e con essa anche la nostra quotidianità. Sono sentimenti comprensibili e riguardano l’alto come il basso, trovando connessioni nel mondo degli investimenti così come nell’amara scoperta di bollette del gas o della luce apparentemente impazzite.
Questi ultimi due anni ci siamo imbattuti, in rapida successione, prima nella pandemia, poi nell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e, insieme, in una crisi che ci inquieta anche perché legata a scenari di guerra?
Soffermiamoci a riflettere distintamente su questi 3 elementi di attualità: la guerra, la pandemia, la crisi. Già negli anni ʼ90 si combatté una guerra in Europa, proprio vicina ai nostri confini, con un’intensità di percezioni evidentemente diversa, forse perché ci coinvolse meno, forse perché non esisteva un rischio di guerra nucleare, e così il mercato finanziario non ne risentì. La pandemia certamente ci ha colti di sorpresa come evento in sé e anche per le misure prese altrettanto sorprendenti perlomeno rispetto a come erano state affrontate situazioni simili nei 100 anni precedenti: la Spagnola negli anni ʼ20 con 50 milioni di morti, l’Influenza del ʼ58 o l’Asiatica del ʼ60, che fecero anch’esse vittime in tutto il mondo. L’evento eccezionale del Covid è stato affrontato con una risposta in chiave economica ancora più straordinaria. E infine la riflessione sulla crisi: sono naturalmente dei precedenti, la crisi immobiliare americana del 2006, poi trasformatasi in una grande recessione nel 2008; e poi la crisi del 2012/13 durante la quale, in Italia, vennero colpiti i titoli di stato, una delle componenti più presenti nei portafogli degli italiani; sino al 2015/16, quando le banche furono messe a dura prova con momenti di tensione fortissima sui mercati e non solo.
Ci troviamo quindi di fronte a fatti che in qualche misura abbiamo già affrontato nei decenni passati?
Il tema degli strumenti utilizzati per superare le difficoltà è quasi sempre decisivo nel valutare gli scenari futuri. Se dobbiamo fare un’analisi a livello economico, a questo clima di incertezza ha certo contribuito il fatto che si siano messe in campo reazioni estreme. A livello internazionale, con l’arrivo della pandemia, si è iniziato a stampare moneta come fu il caso solo nel secondo Dopoguerra, fatto che ha aperto la strada verso l’inflazione. E anche la politica ha dato il suo contributo: da una parte la deglobalizzazione (soprattutto sostenuta dal governo americano) che ha portato alla separazione delle catene produttive e ad un conseguente caos logistico; dall’altra le sanzioni imposte a Putin, con inevitabili conseguenze che cominciamo a percepire in modo evidente.
A livello internazionale, con l’arrivo della pandemia, si è iniziato a stampare moneta come fu il caso solo nel secondo Dopoguerra, fatto che ha aperto la strada verso l’inflazione. E anche la politica ha dato il suo contributo: da una parte la deglobalizzazione che ha portato alla separazione delle catene produttive e ad un conseguente caos logistico; dall’altra le sanzioni imposte a Putin, con inevitabili conseguenze che cominciamo a percepire in modo evidente.
Anche i proclami sulla riduzione dei consumi energetici paiono in parte anacronistici?
Sì, soprattutto se pensiamo alle necessità di produzioni industriali che necessariamente hanno bisogno di energia, e potrebbero trovare casa altrove. In Italia, ad esempio, le industrie energivore come la metallurgica o la siderurgica se ne andrebbero in paesi come India o Egitto, con tutte le conseguenze del caso. Probabilmente sarebbe opportuno, nel minor tempo possibile, spingere verso un ritorno alla normalità, una sorta di graduale riduzione del ricorso a misure straordinarie, con una generale politica di diminuzione degli eccessi, sia negli strumenti sia negli effetti che generano.
Nello specifico per i consumatori, una riflessione su due temi di interesse comune: i mutui e i beni rifugio?
I mutui sono ancora interessanti per i piccoli e grandi investitori, e se anche lo spread si alzasse, il delta di vantaggio resterebbe notevole essendo i tassi di partenza bassissimi. I beni rifugio, in momenti come questi, sono spesso messi in risalto dalla comunicazione corrente; è un tema da affrontare sempre con attenzione, con una valutazione corretta di ciò che effettivamente sono. Certamente in una logica difensiva sono da tenere in considerazione ma occorre dar loro il giusto peso, soprattutto se considerati in un portafoglio diversificato; non sono certo il mezzo per ottenere particolari rendimenti.
E qual è quindi l’atteggiamento da tenere in queste situazioni?
In realtà la riflessione da fare in questi casi di scenari legati al conflitto con un’estensione temporale non chiaramente individuabile (la guerra potrebbe durare poco nello status in cui è ora, ma anche molto a bassa intensità), è più ampia e legata a una distinzione tra asset stampabili e non stampabili. I primi, come dice il termine, sono legati in qualche modo a ciò che si può stampare, ovvero titoli che non hanno come sottostante qualcosa di particolarmente solido, capaci magari di grandi performance temporanee ma, in caso di forte caduta, anche con evidenti difficoltà di recupero del valore originario. I secondi, gli asset solidi, sono titoli di società legate a beni reali, che possono subire forti cali in caso di crisi economiche ma capaci di recuperare il loro valore quando l’economia si riprende, in modo che, anche se allo stato delle cose si avesse un ribasso, si possa attendere ragionevolmente un ritorno ai prezzi originari. In chiusura, è ragionevole pensare che in 2- 3 anni i mercati si possano riprendere. Osserviamo ciò che accade, curiamo le risorse disponibili anche accettando in determinati periodi eventuali perdite, confidando, come detto, in una nuova ripartenza.