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Torino, Inverno 2023
Arte e scienza sono più vicine di quanto si pensi: come gli emisferi cerebrali, il sinistro, quello razionale, e il destro, quello creativo. Allacciamo le cinture e viaggiamo alla ricerca di segnali sparsi per il mondo a riprova di questa piccola grande verità. A meno di un’ora di auto a nord di Dublino vi è un monumento preistorico: un tumulo sotterraneo con una camera centrale, verosimilmente una tomba, cui si accede attraverso un cunicolo al cui ingresso una fessura sul foro di accesso fa entrare la luce del sole per appena 17 minuti all’anno, nel giorno del solstizio di inverno. Sia nella camera, sia fuori su un masso proprio davanti all’ingresso, sono incise delle spirali, a rappresentare l’apparente movimento del sole sull’orizzonte durante l’anno. Uno dei primissimi esempi di arte (siamo nel 3200 a. C., ben prima di Stonehenge e delle piramidi egizie) ispirata dalla scienza, in questo caso l’astronomia. Nel corso dei secoli, l’astronomia influenzerà ancora la disposizione delle piramidi nella piana di Giza, l’orientamento delle cattedrali gotiche, o la disposizione geografica di importanti arterie di tante metropoli (Washington, Parigi, Roma). Ma non sono solo l’architettura e l’urbanistica a custodire un’anima scientifica.
Anche la città intelligente deve tendere sempre verso la semplicità: nelle forme, nei suoni, nei comportamenti
Chi ricorda quei numeri illuminati di rosso che hanno ornato la Mole per diverso tempo: costituivano la cosiddetta serie di Fibonacci, la cui caratteristica risiede nella particolarità che ogni numero è la somma dei due precedenti (1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, …). Ma c’è di più: il rapporto tra un qualunque numero e il suo predecessore tende al numero irrazionale 1,618, un numero che nasconde, a detta di molti, il segreto della bellezza e dell’armonia, alla base di qualunque arte, dalla pittura alla musica. Come a Newgrange, anche qui incontriamo una spirale, espressione geometrica del rapporto 1,618 noto come “sezione aurea” o anche divina proportione, un rapporto, che sembra incontrare meglio di altri la fisiologia umana (sensibilità dell’occhio e dell’orecchio) e l’evoluzione naturale (le venature delle foglie, il guscio delle lumache, la distribuzione delle galassie). E ci sarebbe da credere visto che ritroviamo questa proporzione tra le forme di famosissimi dipinti o le frequenze di molti spartiti musicali: ad esempio, sia Leonardo da Vinci nelle sue opere più famose, la Gioconda e l’Uomo Vitruviano, sia Stradivari nella realizzazione dei suoi violini, sia Debussy e Stockhausen in molte loro composizioni, ne hanno fatto abbondantemente ricorso. Ma anche Apple, Twitter, McDonald’s, Pepsi, Toyota si sono ispirati proprio a questa tipologia di rapporto per disegnare i propri loghi. Ma vale anche il viceversa, possiamo ritrovare arte anche nella scienza, perché anche la scienza nasconde in sé i semi della bellezza. Quanto è affascinante, per i matematici, il teorema più noto della geometria, quello di Pitagora: I2 = c1 2 + c2 2 (l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti). E per i fisici la semplice relazione tra massa ed energia E=mc2. E ancora, per gli informatici, un programma software che risolve in poche righe di codice un problema complesso come posizionare otto regine su una scacchiera senza che nessuna “mangi” un’altra. Insomma, parafrasando Isaac Newton, la bellezza si ritrova sempre nella semplicità mai nella confusione. Anche la città intelligente deve tendere sempre verso la semplicità: nelle forme, nei suoni, nei comportamenti.