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Città di carta

di Giulio Biino

Giulio Einaudi e Giulio Bollati

Torino, inverno 2020

Un capitano è un comandante, un condottiero, un ‘leader’. È colui il quale si pone alla guida di un gruppo di uomini e lo conduce al compimento di un’impresa. Il termine capitano ha una valenza militare ma anche politica, così come spesso lo si associa all’industria o allo sport; lo distinguono il carisma, il tratto, l’autorevolezza. Ma i capitani di cui voglio parlare sono due straordinari capitani delle parole: Giulio Einaudi e Giulio Bollati. Il primo nato a Torino il 2 gennaio del 1912, figlio di quel Luigi che nel 1948 diventerà il secondo Presidente della Repubblica. Il secondo, nato a San Pancrazio, in provincia di Parma, il 27 marzo del 1924, a Torino arriverà solo nel 1949 per lavorare proprio nella casa editrice fondata dall’altro Giulio nel 1933, con sede in via Arcivescovado n. 7. Quest’ultimo radunò attorno a sé amici del liceo, il mitico D’Azeglio, e intellettuali antifascisti tra i quali Cesare Pavese, Massimo Mila, Leone Ginzburg e Norberto Bobbio.

La sua attività editoriale fu caratterizzata da una vigile attenzione per la cultura straniera e dalla volontà di diffondere temi e questioni tenuti ai margini della politica culturale del regime; per questo subì l’arresto e il confino, partecipando poi alla lotta partigiana. Dopo la Liberazione riuscì a rinnovare la narrativa italiana promuovendo nuovi autori, continuando la riflessione politica e dando largo spazio alla produzione saggistica. Nel 1949 assunse, come redattore, un giovane laureato alla Scuola Normale Superiore di Pisa: l’altro Giulio. Questi divenne ben presto il suo principale collaboratore, poi condirettore e infine direttore generale fino al 1979, quando, con una lettera impietosa, preannunciava la rottura del sodalizio. Bollati parlava di una casa editrice che non era più «un gruppo di intellettuali raccolti intorno» all’editore, e non era ancora «un organismo strutturato razionalmente secondo le sue nuove dimensioni» e moderne esigenze.

Einaudi e Bollati, capitani coraggiosi, visionari, intraprendenti, irrequieti, ardimentosi, temerari, capaci di provare a fare le cose in un modo diverso dal solito modo

A quel punto le dimissioni e poi l’abbandono del gruppo furono inevitabili. Nel 1981 Bollati diventa amministratore delegato del Saggiatore e poi consulente della direzione generale di Mondadori. Contemporaneamente l’Einaudi entra in crisi, fino al commissariamento che data 1983. Ma Giulio non riesce proprio a stare lontano da Giulio e rientra come direttore editoriale fino al 1987. A quel punto le loro strade si dividono definitivamente. Nel 1989 la Giulio Einaudi entra a far parte del gruppo editoriale Elemond per poi essere assorbita, nel 1994, dalla Arnoldo Mondadori Editore, continuando tuttavia a pubblicare i maggiori nomi della cultura italiana e straniera raccolti in collane di altissimo profilo per quanto attiene sia alla narrativa, sia alla saggistica e alla poesia. Bollati, aderendo agli auspici di sua sorella Romilda, che acquista la prestigiosa Boringhieri, fondata da Paolo, amico di Giulio e suo collaboratore all’Einaudi quale curatore delle edizioni scientifiche, ne diventa direttore.

La casa editrice assume il nome di Bollati Boringhieri e inizia un nuovo corso, ispirato a un’integrazione dei versanti scientifici e umanistici della cultura, contemperando la compatibilità economica di un’impresa editoriale con un programma di pubblicazioni di riconosciuto e altissimo profilo culturale. Se ne vanno quasi contemporaneamente, uniti nella morte come, in fondo, sono stati sempre uniti in vita: Bollati nel 1996, Einaudi nel 1999.

Capitani coraggiosi, visionari, intraprendenti, irrequieti, ardimentosi, temerari, capaci di provare a fare le cose in un modo diverso dal solito modo, ai quali chiunque ami i libri può soltanto dire grazie.