Festeggiare mezzo secolo di storia non è un punto di arrivo: è un intermezzo. Per gioire dei propri successi, per condividere il momento con gli attori, i calciatori e gli amici che da cinque decadi apprezzano l’arte sartoriale; per riflettere su quello che è stato e costruire un nuovo futuro «… di altri 50 anni almeno». Sorride, Carlo Pignatelli. Chi lo avrebbe detto che, da una bottega di quattro metri quadrati, lo stilista avrebbe rivoluzionato il mondo degli abiti da sposo? «Eppure, come ha dichiarato un caro amico in una recente intervista, chi come me sale sul treno della speranza – quello che portò Carlo Pignatelli dalla Puglia a Torino, ndr. – tagliando il cordone ombelicale con la propria terra, non parte mai per caso. Se parti significa che hai quel qualcosa in più che ti spinge ad affrontare l’incognita della vita. Perché, in qualche modo, intuisci il futuro che ti attende».
Nel 1984 decisi di chiudere la mia prima sfilata con l’uscita di un abito da sposo e uno da sposa, lì, da quella passerella, il pubblico percepì che qualcosa stava per cambiare nel mondo della moda; e io capii che il mio ‘sogno’ sarebbe stato quello di… regalare sogni
Facciamo qualche passo indietro fino agli esordi…
«Nacqui in una piccolo paesino della provincia di Brindisi, ultimo di otto figli. Per contribuire alla famiglia mia madre mi mandò a fare la gavetta in una sartoria vicino casa. E dire che, allora, avevo l’impressione che l’ago e il filo non facessero per me. Sbarcato a Torino nel 1968, aprii una piccola bottega, coi servizi in cortile. Era il mio laboratorio e anche la mia camera da letto. I clienti arrivavano col passaparola: per loro creavo abiti su misura lavorando con la macchina da cucire fatta spedire dal paese. Oggi l’azienda fattura 21,5 milioni di euro e vendiamo dalla Spagna alla Cina, producendo collezioni maschili e femminili sartoriali grazie a 30 sarti, modellisti, ricamatrici e un ufficio stile di 20 persone che dirigo io stesso. È stata la perseveranza e l’amore per il mio lavoro a portarmi lontano. Negli anni Ottanta ho cominciato ad affermarmi come couturier, creando abiti su misura, con un occhio rivolto alla cerimonia. Quando però nel 1984 decisi di chiudere la mia prima sfilata con l’uscita di un abito da sposo e uno da sposa, lì, da quella passerella, il pubblico percepì che qualcosa stava per cambiare nel mondo della moda; e io capii che il mio‘sogno’ sarebbe stato quello di… regalare sogni».
Nelle tue collezioni, nel tuo percorso di stile, ricorrono armonicamente due concetti, il sogno e l’innovazione.
«In una società in cui è sempre più difficile sognare a occhi aperti, credo che il matrimonio possa ancora essere l’occasione per concretizzare i propri sogni. Il mio passato artigianale, tutt’oggi presente nel modus operandi aziendale, mi permette di creare abiti su misura o che comunque si adattano perfettamente ai miei sposi, rappresentando al massimo l’eleganza intrinseca, unica, di ciascuno di noi. Per questo mi chiamano il principe della moda: adoro le favole e faccio di tutto per dar loro una forma. O una linea, potrei dire».
E poi c’è l’aspetto ‘rivoluzionario’…
«La sartorialità, in equilibrio con l’innovazione made in Italy, è la parola chiave che consente di leggere e definire al meglio il mio marchio, in tutte le categorie di prodotto, collezioni ed espressioni. Ma nel DNA dell’etichetta gioca un ruolo determinante anche l’impegno costante nel rileggere, reinventare e, direi, anche rivoluzionare il concetto stesso di abbigliamento da cerimonia, per adeguarlo al nostro tempo, mantenendo sempre l’unicità in ogni creazione. Fin dalle mie prime collezioni il pubblicò apprezzò il mio desiderio di superare i canoni del tradizionale abito da sposo. Puntai al colore, ai tessuti lucidi, ai ricami, ai dettagli come gli accessori gioiello. A quei tempi lo sposo indossava il classico completo blu scelto dalla mamma. Con le mie proposte ci siamo discostati dagli eccessi della noia e dall’usualità del passato orientandoci verso look sorprendenti e stravaganti, grazie ad abbinamenti inediti e audaci, seppur sempre elegantemente equilibrati. Oggi Lui si informa, prova, confronta, come o anche più della sua compagna. Di questo, forse, me ne posso prendere il merito: è come se avessi creato un mondo che non esisteva. È proprio per rispondere a queste esigenze del ‘nuovo sposo’ che la Carlo Pignatelli crea a ogni stagione più collezioni, offrendo più opzioni di stile e spesa».
Possiamo parlare di rivoluzione anche per tutto quello che concerne il modo di fare comunicazione?
«In un certo qual modo, non posso che darti ragione! In effetti dopo aver stupito il pubblico con uno stile totalmente nuovo per il segmento sposi, consapevoli della qualità e della sartorialità del prodotto, arrivò presto il momento di focalizzarci sull’immagine da comunicare attraverso i media. Uno dei nostri punti di forzasono sempre stati i servizi fotografici, che seguivo e seguo personalmente, per i quali ci siamo affidati a fotografi d’eccezione come Michel Comte, Bob Krieger, Aldo Fallai, Roxanne Lowit e Mauro Balletti, e che vedono protagonisti top model di fama internazionale. Altra leva significativa è stata quella di conquistare con la nostra eleganza vip, attori, gente dello spettacolo e dello sport (ricorderete il ‘matrimonio’con la Juventus). Volti noti che sono ancora amici».
Queste favolose immagini sono state raccolte in ‘Storia di sogno’. Lo scorso 6 aprile, durante la Bridal Week di Sì Sposaitalia, a Milano, avete infatti inaugurato una mostra evento per ripercorrere questi 50 anni di attività…
«Sì, ‘Storia di un sogno’ è una retrospettiva che offre un punto di vista privilegiato su una sequenza di immagini, statiche e in movimento, per illustrare al meglio la storia di un’idea sartoriale che diventa al tempo stesso cifra stilistica. Il racconto gioca sul rapporto tra la scena e il backstage, il formale e l’informale, la sfilata e la prova, un dietro e fuori le quinte che incessantemente varia affascinando il visitatore. Il percorso è costruito con materiali diversi, tutti provenienti dai nostri archivi: con prevalenza di immagini, molte delle quali scattate dai grandi della fotografia, come si diceva. Gli scatti sono trattati in modo diverso, talvolta presentati come vere e proprie opere, in altri casi elaborati a formare un panorama visivo accattivante e sorprendente per ricreare quell’immaginario che ha costruito il marchio Carlo Pignatelli nei suoi primi 50 anni. Si spazia da quelli privati fino alle fotografie legate alla preparazione e alla messa in scena degli appuntamenti come le sfilate, le campagne ufficiali o i cataloghi. Ma oltre a celebrare il lavoro fatto in questi 50 anni, la mostra è l’incarnazione del mio pensiero, come se tracciasse anche la mia visione futura per il brand. Per questo motivo, grazie alle nuove tecnologie, abbiamo scelto di coinvolgere un pubblico più ampio possibile, aprendo sui social le porte del nostro archivio per mostrare creazioni speciali e aneddoti mai svelati. È stato un modo per ringraziare la nostra clientela internazionale: chi ci segue e ci sostiene da ormai mezzo secolo».
Questo è un aspetto interessante per noi torinesi. Carlo Pignatelli è a tutti gli effetti un brand noto ben oltre i confini nazionali. Tuttavia, non ha mai dimenticato la sua Torino.
«Vero. Il nostro quartier generale resta il capoluogo sabaudo. Certamente seguiamo il mercato della moda partecipando alle grandi fiere internazionali di Milano e Barcellona, ma il nostro cuore è legato da 50 anni a Torino. Non è un caso che dopo Milano stiamo cercando qui una location adeguata dove presentare la mostra ‘Storia di un sogno’. E non è un caso che abbiamo organizzato la nostra festa per il mezzo secolo di storia negli spazi di Ronchiverdi, che compie quest’anno 25 anni, e con voi di Torino Magazine, in occasione del vostro trentennale».
Avete celebrato il compleanno anche a Barcellona…
«Il 25 aprile 2018, in occasione della Barcelona Bridal Week, abbiamo voluto ripercorrere attraverso la sfilata cinque decadi di moda, 50 anni che si legano anche alla storia del costume. In passerella abbiamo fatto sfilare una collezione dall’appeal deciso, un viaggio nell’immaginario creativo della Maison ripercorrendo i temi che mi hanno ispirato durante la mia carriera e hanno guidato la creazione di abiti concepiti come opere d’arte: il cinema, il teatro, i personaggi che hanno segnato la storia e il costume, icone di stile e protagonisti di sogni passati, presenti e futuri. Sono andati in scena anche gli abiti che hanno ridisegnano la figura maschile e che hanno rivoluzionato il vestire d’occasione: il guru da principe indiano del Rajasthan, la redingote del dandy Oscar Wilde, il frac corto del Principe Harry d’Inghilterra, lo smoking dai rever larghi di Marcello Mastroianni. All’Elle International Bridal Awards ho anche ricevuto il premio per la miglior collezione sposo 2018, selezionato da una giuria composta dai direttori delle edizioni internazionali di Elle e da celebrities di tutto il mondo. È il secondo anno consecutivo che vinco questo premio, ma quest’anno assume un valore ancora più particolare».
Dopo 50 anni di moda sposi, potrebbe riassumere che cosa significa scegliere Carlo Pignatelli?
«Significa indossare uno stile, una qualità e un rigore unico: linee esclusive in grado di realizzare i desideri di chi si affida a una firma capace di distinguersi, a un marchio che vuole rappresentare, in maniera ineccepibile, il made in Italy. Le nostre collezioni riescono a coniugare, e a cavalcare, tradizione e innovazione. Alla base c’è sempre uno stile classico e un’impronta sartoriale unica, una valenza specifica che segna la storia del marchio sin dalle primissime collezioni Uomo e Donna legate al mondo del wedding. Caratteristiche che lasciano però spazio anche allo studio e al lancio delle tendenze più forti e riconoscibili, di cui la nostra maison è leader. Plus che hanno permesso alla griffe di conquistare un ruolo da protagonista non solo in Italia ma nell’intero panorama del mercato estero, vestendo matrimoni in molte nazioni grazie alla presenza di selezionate boutique in Giappone, Spagna, Portogallo e Nord Europa. Boutique che vanno ad aggiungersi ai prestigiosi monomarca situati nelle principali città italiane e all’esclusivo atelier di Torino». Un ulteriore omaggio del maestro couturier alla sua città.
(Foto ARCHIVIO CARLO PIGNATELLI)