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Torino, Estate 2022
Lo scorso mese di maggio sarà ricordato tra i più brillanti della storia recente di Torino: Eurovision, Salone del Libro e, last but not least, la prima edizione del Festival Internazionale dell’Economia, evento che ha registrato un’ampia copertura mediatica e un discreto successo di pubblico. Perché questo interesse, da parte di un pubblico generalista, per argomenti che potevano sembrare riservati ai soli addetti ai lavori? Una prima risposta potrebbe ritrovarsi nell’etimologia del termine economia (oikos: casa, patrimonio, amministrazione e nomos: regola, legge), ovvero regola per l’amministrazione del patrimonio di famiglia, etimologia che ha guidato il taglio dato ai dibattiti e alle letture: «Un’occasione straordinaria per connettere le teorie economiche alla vita di ogni giorno» (Micheal Spence, Premio Nobel per l’Economia nel 2001). Inoltre, anche il titolo scelto per questa prima edizione: Merito, diversità, giustizia sociale, ha suscitato grande curiosità e interesse, dando spazio a moltissimi spunti di riflessione, sociale e addirittura filosofica. Se è abbastanza scontato il senso di giustizia da parte del padre di famiglia (concetto non di genere, ma di ruolo, così come lo intendono tante leggi dell’economia), la situazione si fa più discutibile appena la dimensione del gruppo va oltre il nucleo familiare per allargarsi al villaggio, alla città, allo stato; e qui, merito, diversità e giustizia, rivelano serie criticità. L’analisi al centro delle tante riflessioni, infatti, ha evidenziato non solo quanto complessi siano i meccanismi per cui la nostra società possa riconoscere il merito, ma anche quanto ingiusti possano essere tali meccanismi se non si prevedono automatismi che mitighino gli effetti di un merito dipendente esclusivamente da favorevoli condizioni di partenza, da predisposizione naturale o addirittura dal caso. Esempi pratici sono le norme che già oggi prevedono, in alcuni casi, quote di varia natura (di genere, di etnia, di censo…). Venendo alla dimensione cittadina in particolare, è alquanto difficile ritrovare segnali di volontà di coniugare merito, diversità e giustizia sociale.
Si parla ormai di due città che stentano sempre più a convivere, quella rutilante dei grandi eventi e quella problematica e difficile delle varie periferie, con conseguenti inevitabili manifestazioni di invidia sociale sempre più incontrollabili
Anche Torino, che non è certo la situazione peggiore riscontrabile sul panorama europeo, non sembra riservare a tutti i suoi abitanti gli stessi livelli di attenzione e di servizi: si parla ormai di due città che stentano sempre più a convivere, quella rutilante dei grandi eventi e quella problematica e difficile delle varie periferie, con conseguenti inevitabili manifestazioni di invidia sociale sempre più incontrollabili. Temo che le ingenti risorse messe in campo dal PNRR non saranno sufficienti a superare questa oggettiva difficoltà: il problema economico si amplifica in uno sociale, con la qualità delle persone che si riflette sulla qualità dei luoghi, e viceversa. La “teoria della finestra rotta” insegna che la cura dei luoghi è il punto di partenza per combattere vandalismo e comportamenti antisociali: per migliorare il senso civico delle persone, è essenziale che una città intelligente riscopra come prioritario l’impegno a tenere in perfetto stato case, strade, giardini, e pretenda con inflessibilità che gli abitanti rispettino tali luoghi e ne abbiano cura. Può essere un inizio per dare una speranza anche ai più giovani, soprattutto i meno agiati, in stato di rassegnazione o, peggio, di rabbia.