Torino, Speciale Torino Futura 2022
Mia madre l’estate la prendeva male: era legata alla stagione più lieta, di vacanze e spensieratezza, da un rapporto contraddittorio, di amore e odio. Per quanto adorasse il sole, il mare, l’abbronzatura, temeva tutte le insidie che quel momento idilliaco nascondeva e non poteva fare a meno di riversare sulla figlia minore (io) le sue accaldate ansie. L’estate tramava contro la mia salute, in primo luogo per via dell’escursione termica dentro-fuori. Se giocavo al sole in cortile, per esempio, non potevo entrare in casa prima di essere stata mezz’ora in un’area di decompressione ad abbassare lentamente la temperatura corporea. «Ma devo fare la pipì», mi lamentavo. «Meglio cistite che morte da raffreddamento», rispondeva lei. Venendo alle questioni più pratiche, non mancava di darmi consigli precisi su come affrontare il caldo. «Hai sete? Bevi tè bollente». «Ma non posso bere un’aranciata come qualunque altro bambino?». «Sei pazza? Una bevanda fredda? Non sai che i tuareg del deserto bevono tè bollente?». E allora giù di broda ad agosto con i baristi tentati di chiamare i servizi sociali. «Hai caldo? Mettiti la canottiera». «Ma perché devo mettermi la canottiera se ho caldo?». «Non hai mai visto i tuareg del deserto? Sono tutti vestiti da capo a piedi». Per mia madre il più accreditato modello educativo era una popolazione di pastori nomadi. Perché non gli antichi greci? Valorosi guerrieri che nel torrido campo di battaglia combattevano a petto nudo. Perché non gli egizi? Che si fregiavano di gran gonnelloni e via? Oppure perché non guardare alle popolazioni dei deserti arabi? Quelli che tendono a costruire megalopoli futuristiche tipo Dubai e a pompare aria condizionata folle a 18 gradi tutto l’anno. No, i tuareg. A quel punto perché non ispirarci agli amici makonde del Mozambico e piazzarci un disco labiale grande come una padella Tognana? Sono domande che andranno perdute nel tempo, come gocce di sudore nella canottiera di lana sulla pelle.
Per mia madre il più accreditato modello educativo era una popolazione di pastori nomadi. Perché non gli antichi greci? Perché non gli egizi? Oppure perché non guardare alle popolazioni dei deserti arabi? Quelli che tendono a costruire megalopoli futuristiche tipo Dubai. no, i Tuareg
Altra ossessione estiva di mia madre era il viaggio in macchina verso la meta di villeggiatura. «Guardate la strada» era il mantra ripetuto mille volte. Se non guardavi la strada vomitavi. Ma tu eri dietro e dovevi spostarti come uno struzzo per raggiungere una prospettiva consona tra le teste dei tuoi genitori, quindi si vomitava a turno, o tu o tua sorella, e in più arrivavi a destinazione col torcicollo. Tra l’altro, noi avevamo l’unica 127 verde pisello dai vetri oscurati e non i vetri oscurati chic delle auto dei vip; i vetri li oscurava mia madre dall’interno prima della partenza, appendendo asciugamani e coperte perché il sole da dietro i finestrini, secondo lei, faceva malissimo, così finivamo per restare serrati in questo fornetto a quattro ruote, privo naturalmente di aria condizionata, perché: «Hai mai visto l’aria condizionata in una tenda tuareg?». Eppure l’estate resta la mia stagione preferita, mia madre non c’è più, bevo bibite gassate a garganella e quando sono in viaggio guardo fuori dal finestrino, perché sono sopravvissuta all’escursione termica, all’aria condizionata e all’abolizione della canottiera… a me quello che ammazza davvero resta sempre e solo la nostalgia.
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