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Torino, inverno 2021
Per capire una città bisogna conoscerne l’anima. Imbevuta del passato e in costante trasformazione. L’anima di una città è strettamente legata alla sua fisicità, alle azioni di quanti la amministrano, ma soprattutto al muto agire quotidiano di chi la vive.
Se l’anima della gente comunica attraverso uno sguardo, un gesto, una parola, l’anima della città comunica attraverso le pietre del selciato delle strade, le piante dei parchi e dei giardini, le strutture urbane, la folla e i singoli abitanti che nell’aria lasciano dipinte le proprie emozioni.
In questo tempo la città è bella, la voglia di rinascita la si vede nella cura delle vetrine a rappresentare la voglia di fare bene, nella creatività, in un nuovo modo di voler esserci. Nulla è più scontato, per esserci è necessario rinunciare all’idea del fare, per accedere all’essere e il fare ne diventa la conseguenza.
Gli oggetti nelle vetrine sono posti con cura, alla giusta distanza tra loro, in una attenta scelta cromatica. Il passante scansiona con gli occhi ogni singolo dettaglio o un’attenzione disattenta converge proprio su un singolo oggetto.
In questo tempo la città è bella, la voglia di rinascita la si vede nella cura delle vetrine a rappresentare la voglia di fare bene, nella creatività, in un nuovo modo di voler esserci. Nulla è più scontato, per esserci è necessario rinunciare all'idea del fare, per accedere all'essere e il fare ne diventa la conseguenza
La cura di quella vetrina è la cura che ci si aspetta per sé, la gentilezza in cui ritrovarsi, un sorriso, sì un sorriso. Si ha una gran voglia di sorrisi, sorrisi che faticano a stare ancora dietro ad una mascherina, sorrisi quale mano tesa alla fiducia. Di questa si sente tanto il bisogno. La fiducia è necessaria alla vita. Non si può vivere tra la gente senza fidarsene, non si può vivere l’oggi senza credere in un futuro. E allora è tempo che la vita pretenda se stessa, nel suo modo migliore di essere, nel modo migliore di fare.
C’è la voglia di cose belle, meno cose, ma belle. La casa diventata in un recente passato rifugio, si fa più bella, ci si cura di lei, riconoscenti per il ruolo che ha avuto quando fuori infuriava la tempesta. Gli oggetti che in quella casa hanno vissuto non hanno più posto se non meritevoli per un qual valore che gli si attribuisce. A quelli si deve aggiungere qualcosa di nuovo in quegli spazi lasciati vuoti dalle conseguenze buone del vento della pandemia.
D’altronde la vita nasce in spazi vuoti lasciati da ciò che non c’è più. Così è per le relazioni, non c’è più spazio per tutti, né per tanti. Molti rapporti sono andati perduti e se così è stato, va bene così, perché forse non erano importanti o lo sono stati e poi non più.
Pochi amici, ma che lo siano davvero e a cui confidare per noi il loro valore, più di quanto non si sia stati capaci di farlo in passato, senza paura di stringere una mano o lasciarsi andare in sincero abbraccio. Il rischio del contatto è accettato, comprendendo che non esiste la vita senza ciò che la rende tale. Si può imprigionare l’anima solo per un tempo, poi deve tornare libera o si morirà con lei. L’anima sa farsene una ragione di contraddizioni, incoerenze, delusioni, amarezze, queste attengono alla mente e forse un giorno questa avrà bisogno del suo aiuto.
L’anima sa di poter contare su se stessa, sa di poter volare in alto oltre le nuvole dove c’è sempre il sole o oltre il buio andando incontro all’alba. Sa di poter essere ovunque, muovendosi tra la folla, invisibile e immune al male. Sa di avere colori per coprire le cose brutte e renderle nuove e belle. Hanno sempre detto all’anima di essere immortale, ma nessuno le ha mai spiegato, rendendola per questo fragile, che avrebbe potuto esserlo tranne che a se stessa. Questa consapevolezza la renderà davvero tale e se, come scriveva Sant’Agostino, le lacrime sono il sangue dell’anima, questa smetterà di piangere, per sempre.