Home > People > Editoriali > Torino futura > Il coraggio dell’intelligenza
Torino, inverno 2020
Avete fatto caso? Oggi le persone intelligenti fanno paura. Oggi, spesso, sono le persone mediocri a occupare la plancia di comando, di aziende o di istituzioni. Lo afferma Tomas Chamorro- Premuzic, professore di Business Psychology allo University College di Londra e alla Columbia University (‘Perché tanti uomini incompetenti diventano leader?’, Egea Edizioni, 2020). L’inadeguatezza dei processi di selezione è palese in ogni consesso umano. Sicurezza di sé, narcisismo, carisma sono i tratti della personalità e i comportamenti che occorrono per essere scelti come leader, a discapito di competenza e onestà, che sono i tratti che occorrono per essere capaci di dirigere. Non solo: tali leader, mediocri e incompetenti, preferiscono circondarsi di persone possibilmente più mediocri e più incompetenti, in un perfetto circolo vizioso, in cui l’inadeguatezza si autoalimenta. Ecco perché le persone intelligenti oggi fanno paura.
Eppure mai come oggi avremmo bisogno di far emergere persone con la giusta esperienza, una solida stabilità emotiva (e anche economica, che agevola l’onestà), con una chiara conoscenza dei propri limiti e con grandi doti di umiltà ed empatia. In una parola, dotati di intelligenza. Un vero leader, da persona intelligente, dovrebbe saper cogliere lo spirito profondo del tempo attuale, e andare coraggiosamente controcorrente: non faticherebbe a riconoscere quel principio di restituzione secondo cui tutti siamo chiamati a rimettere in gioco quanto la vita e il nostro talento ci hanno consegnato perché ne facessimo buon uso e consumo, per il bene dell’umanità. Oggi come ieri. Proprio la storia di Torino registra, appunto, grandi leader intelligenti.
Come potremmo spiegare altrimenti l’umanesimo tecnologico di Adriano Olivetti, imprenditore e uomo di profonda ed eclettica cultura, padre della Silicon Valley di casa nostra, pioniere della smart city a misura d’uomo? Da cos’altro potrebbe derivare il virtuoso ecosistema della fabbrica-villaggio di Napoleone Leumann? O l’illuminata intuizione delle case FIAT di Giovanni Agnelli (senior), efficace sperimentazione di inclusione sociale degli eserciti di immigrati che fin dal primo dopoguerra sono arrivati a Torino dalle campagne del Piemonte e di tutta Italia.
La missione del moderno leader dovrebbe essere educare l’umanità alla sobrietà: smettere di consumare il mondo che ci circonda non significa ambire a una decrescita (improbabilmente) felice, ma usare l’intelligenza per progettare un futuro sostenibile
Invece, negli anni scorsi, i nostri anni, quelli a partire dal secondo dopoguerra, l’umanità, emula dei suoi leader, si è spesa più per accaparrare che per restituire. Oggi, questi tempi di crisi sono forse il segnale (l’urlo, per dirla come Alessandro Baricco nel suo ‘Libro privato’) che la natura ci invia perché riscopriamo questo dovere attraverso la sobrietà, una parola un po’ desueta ma che può indicarci la rotta. Ecco, la missione del moderno leader, novello capitano coraggioso, dovrebbe essere educare l’umanità alla sobrietà: con la consapevolezza che smettere di consumare il mondo che ci circonda con i ritmi degli ultimi decenni non significa ambire a una decrescita (improbabilmente) felice, ma usare l’intelligenza per progettare un futuro con giusti investimenti che puntino alla salvaguardia dell’ambiente, al dovere dell’educazione di tutti, all’impulso alla ricerca per la salute e la nutrizione universale, al riconoscimento del ruolo dell’arte e della scienza nell’individuazione di nuovi modi di vita delle città.
Non sono mie visioni utopiche, ma la sintesi dei 17 SDGs (Sustainable Development Goals) dell’Agenda 2030 dell’ONU per uno sviluppo sostenibile: non dobbiamo ridurli a vuoti esercizi retorici, perché le occasioni della vita quotidiana per praticare la sobrietà sono infinite. Ci mancano solo le gesta di un capitano capace di innescare ben altro contagio: quello dell’intelligenza.