Torino, primavera 2021
Spiace ammetterlo, ma abbiamo dovuto aspettare divieti e restrizioni, provocati dal caso e non da una scelta consapevole, per riscoprire l’intelligenza del decoro: quanto sono tornate belle adesso le piazze della città, animate, in ogni ora del giorno e con discrezione, da gente rispettosamente seduta al proprio tavolo, ben distanziato dagli altri, senza nessuna calca di umanità dedita a fumi maleodoranti ed eccessi alcolici, e senza la vergogna di bottiglie e carte e secrezioni organiche varie a impreziosire i marciapiedi. In quanto a decoro, niente di quanto abbiamo vissuto nella nostra città in questi anni pre-COVID poteva farci pensare a una smart city: parcheggi selvaggi, schiamazzi, parchi pubblici off-limits dopo una certa ora, code di auto nei bei viali alberati. Quanto accaduto ci porterebbe dunque a concludere che è il caso a rendere intelligente una città: e allora che ruolo giocano le scelte e le virtù dei cittadini e degli amministratori? «Chi disse: “Preferisco avere fortuna che talento”, percepì l’essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo».
Sono le parole della voce fuori campo all’inizio di un film di 16 anni fa, ‘Match point’, l’indimenticabile pellicola di Woody Allen, a ricordarci che quanto è successo, dovuto al caso e fuori dalla portata della nostra volontà e intelligenza, è un’occasione, forse irripetibile per la nostra generazione, di rimettere un po’ di ordine nelle cose. Ma se il caso ha creato le condizioni, dovrà essere l’intelligenza ad adoperarsi per realizzare quest’ordine. Il ruolo del fato, della fortuna, del caso, è innegabile: se nasci al di là del Po, in collina, avrai certamente una vita meno problematica rispetto a chi nasce a nord di Porta Palazzo. Certo, non è automatico, e la storia ce ne dà ampia testimonianza, ma sarebbe sciocco sminuire il peso che la fortuna gioca nell’esistenza di ognuno.
Quanto è successo, dovuto al caso e fuori dalla portata della nostra volontà e intelligenza, è un’occasione di rimettere ordine nelle cose. Ma se il caso ha creato le condizioni, dovrà essere l’intelligenza ad adoperarsi per realizzare quest’ordine
Per una pura legge statistica, però, possiamo tranquillamente dire che ogni essere vive il suo momento fortunato, quello in cui il caso mescola bene le carte e gli serve una mano degna di essere giocata: vale per i singoli individui, vale per le comunità. Anche per la nostra Italia, anche per la nostra Torino. Ormai da troppo tempo, sembrava che ci fossimo rassegnati (inconsapevolmente?) a un lento declino, culturale e sociale, ancor prima che economico: l’ascensore sociale bloccato, l’irrefrenabile affermazione delle varie nuove caste, l’incompetenza assurta a condizione essenziale per essere cooptati dalla classe dirigente, la furbizia mascherata da intelligenza. Ma ecco che improvvisamente il caso, travestito da microscopico organismo, ci offre l’occasione di dare una rimescolata allo stagno in cui stiamo pian piano affondando, nella speranza che qualche mulinello favorevole ci riporti a galla.
È il momento di riscoprire l’intelligenza che la natura ci ha dato, come singoli individui e come collettività, per riprendere a scrivere una storia che superi i limiti che ci opprimono da anni, decenni. Non ci sono più alibi, non si ammettono più scuse: abbiamo bisogno dell’intelligenza al potere, perché il riscoperto valore della competenza non appassisca in sterili tecnicismi. È il nostro match ball. Per dirla ancora come Woody Allen: «A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde».
Avere fortuna non basta, occorre avere anche l’intelligenza di accorgersene e sfruttarla, per andare oltre, per non tornare indietro.