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L’anima della città

di Walter Comello

Il vantaggio della mascherina

Torino, inverno 2020

Mi piace l’odore dei vecchi libri, direi un perfetto involontario incontro tra quello della carta, la muffa e il fumo del camino, a volte tabacco da pipa o sigaro sfumato dal tempo. Mi è sempre piaciuto girare per il Balön alla ricerca di non so che, ma so per certo che troverò più di un libro che susciterà la mia curiosità e, se sono fortunato, il mio entusiasmo. Gli occhi come segugi in una piantagione di granturco si infilano tra oggetti di tutti i tipi, libri inutili e scatole che ne contengono tanti e forse quello che mi regalerà pagine di gioia. Quando un libro attrae la mia attenzione lo prendo tra le mani con grande garbo, lo apro e sfoglio con la punta delle dita le pagine, lasciando che il caso guidi i miei occhi prima di arrivare all’indice. Ma oggi non sono qui per loro.

La pandemia obbliga tutti alla mascherina e, non sapendo chi li ha toccati poco prima, suscita un po’ di apprensione anche nello sfogliare i libri. A pensarci bene la mascherina offre non pochi vantaggi, non obbliga al sorriso quando non ne hai nessuna voglia, cela l’identità quando come oggi hai qualcosa di importante da compiere, ma non abbastanza per chi sto aspettando. La mano in tasca impugna l’automatica. L’ho tenuta nel cassetto per anni per poter difendere la mia casa e chi amavo. Oggi è il suo giorno. Sto seguendo da oltre un’ora questo dottore che avrà salvato molte persone, ma quel giorno non la mia Claretta. Le ho tenuto la mano mentre faceva fatica a respirare fino a che l’ambulanza non ha chiuso il portellone e la sirena l’ha portata via. Abbiamo passato insieme più di sessant’anni di vita, lei si è sempre curata di me ed io di lei, nella buona e nella cattiva sorte, come aveva detto il parroco del nostro paese nell’Astigiano il giorno del nostro matrimonio.

Mi piace passare nei controviali di corso Vittorio verso Porta Nuova o intorno a Porta Susa perché ho il tempo di guardare, di scegliere chi mi piacerebbe. Gente che arriva o parte da Torino e in una notte di pioggia può sparire nel nulla. Mi piace cercare tra le vie come scegliere sul menù del ristorante. Il ponte della Gran Madre è un ottimo posto di caccia e lì intorno è pieno di ristoranti. Ho pensato queste cose molte volte e ho trascorso decine di notti percorrendo in lungo e in largo la città fino allo sfinimento della notte fonda. Ma questa notte ho troppo l’acquolina in bocca. Sento l’odore dei suoi capelli bagnati e mi eccito come un cane da caccia quando sente l’odore delle piume del fagiano. Non la vedo gran che in viso per i lunghi capelli sulla faccia. Una qualunque, vestita in un modo qualunque che voleva evitare altra pioggia e risparmiare i soldi del biglietto del pullman che non passava.

La mascherina non obbliga al sorriso quando non ne hai nessuna voglia, cela l'identità quando come oggi hai qualcosa di importante da compiere, ma non abbastanza per chi sto aspettando

Prima di arrivare a questo giorno ho percorso per settimane le stradine del parco della Pellerina, le stesse che facevo ogni giorno con Claretta sfiorandole la mano. Mi avvicinerò al momento opportuno, ad un metro di distanza non potrò sbagliare, userò tutti i colpi che ho per mandare in pezzi tutti i suoi organi interni, voglio spappolargli il fegato come è il mio, perforargli la milza, lo stomaco e gli intestini, così come mi sento io. Non voglio colpirlo né al cuore né alla testa, deve provare la paura di morire prima di morire, deve aspettare l’ambulanza che non arriva, avere difficoltà a respirare perché il sangue invaderà la sua gola prima di uscirgli a lato della bocca, avere il tempo di pensare a chi ama prima di affogare nella morte, mentre negli occhi svaniscono i ricordi.

Guarda che caso la vita, siamo proprio difronte a questa bancarella di libri dove vengo sempre, chissà che libro sta guardando, non importa! Il corpo è a terra, ha ancora in una mano quel libro, i suoi occhi guardano il cielo senza sapere perché in un giorno qualunque si deve morire, ma si sforzano di mettere a fuoco per l’ultima volta il sorriso di chi più amano. Ci guardiamo per interminabili istanti, il suo sguardo è senza un perché. Non è necessario sempre avere delle risposte, bisogna accettare quello che accade e basta. Questo è quello che lui avrà pensato tante volte, è quello che mi avrebbe detto se gli avessi chiesto perché Claretta è morta. Io sono come la morte, sono la sua morte, si darà la solita risposta. Abbiamo la stessa mascherina azzurra, quella che hanno tutti, ma la sua si tinge di rosso. Lascio cadere la pistola accanto al corpo agonizzante. Non mi serve più.

Mi allontano tranquillamente a testa bassa, è un vantaggio avere questa mascherina, mi sento protetto dagli sguardi della gente e loro penseranno di sentirsi più protetti da me. Avevo già ucciso un uomo quando facevo il partigiano e anche in quel caso il mio viso era coperto come oggi. Ero un ragazzo e, dopo averlo fatto, ho vomitato per due giorni. Tra un po’ troverete i miei libri su quella bancarella. Che storie la vita! Ciao Claretta, vengo al cimitero a portarti dei fiori belli.