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Città di carta

di Giulio Biino

Sandokan e Franti

Torino, autunno 2020

Emilio era un viaggiatore virtuale, la sua smisurata fantasia lo aveva portato in Malesia, nelle Antille, alle Bermude e nel Far West, in India, in Africa e in Russia, senza dimenticare il lontano Oriente. Edmondo, invece, con la sua fantasia viaggiava tra i banchi di scuola, in mezzo ai bambini. E i bambini sono stati il loro pubblico di elezione. Sono stati i ragazzi a decretare il loro successo. Emilio scelto consapevolmente: persino Che Guevara si dice abbia letto da giovane 62 libri di Salgari. Edmondo imposto: il ‘Cuore’ di De Amicis è stato fatto leggere, obbligatoriamente, per trasmetterne i valori, a generazioni di studenti. Ma Torino li ha adottati entrambi. Salgari era nato a Verona nel 1862, ma dal 1900 visse stabilmente con la moglie e i suoi quattro figli in corso Casale, prima al civico 298 e poi al 205. La stessa Torino in cui scelse di morire nel 1911, togliendosi la vita nel parco di Villa Rey con un rasoio, come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi, in una sorta di ‘seppuku’.

De Amicis era nato a Oneglia (oggi Imperia) nel 1846 e si stabilì a Torino, dopo un breve soggiorno a Pinerolo, nel 1884. Visse stabilmente nel suo alloggio-studio in piazza San Martino 1 – ora piazza XVIII Dicembre – proprio davanti alla stazione di Porta Susa fino al 1898, quando si trasferì al 10 di via Pietro Micca. Morì a Bordighera nel 1908 colpito da un’emorragia cerebrale in una camera dell’allora Hotel Regina, ma riposa a Torino, nella tomba di famiglia al Cimitero Monumentale. Non potevano essere più diversi, quei due. Emilio sempre oberato dai debiti: ≪Sono un vinto: non vi lascio che 150 lire, piu un credito di altre 600 che incasserete dalla signora…≫, lasciò scritto prima di suicidarsi. Edmondo attento risparmiatore, figlio parsimonioso di una famiglia borghese e benestante, alla sua morte lasciò un’eredità di circa due miliardi di lire da destinarsi sia al Comune di Torino che a borse di studio per studenti poveri: un patrimonio misteriosamente sparito dai suoi conti correnti e mai più ritrovato.

Mi immagino Edmondo chiedere a Emilio di raccontargli le sue giornate trascorse a sfogliare atlanti e racconti di viaggi esotici. E mi immagino Emilio chiedere a Edmondo di raccontargli il grande cuore di Garrone

Eppure, quante cose ad accomunarli… La moglie di Emilio, Ida Peruzzi, attrice di teatro sposata nel 1892, nel 1909 fu ricoverata in manicomio, dove morì anni dopo senza più uscirne. La moglie di Edmondo, Teresa Boassi, sposata nel 1875, divise con lui prevalentemente i litigi e furono proprio quegli screzi, si dice, a indurre al suicidio il primogenito Furio che, nel 1898, si sparò un colpo di pistola presso una panchina del Parco del Valentino. Una sorte non migliore ebbero i figli di Emilio, per i quali scelse dei nomi esotici come quelli dei protagonisti dei suoi libri. La primogenita Fatima, nel 1914, rimase vittima giovanissima della tubercolosi, il secondogenito Romero si suicidò nel 1931, mentre Nadir, tenente di complemento del Regio Esercito, perse la vita a seguito delle ferite riportate in un tragico incidente in moto nel 1936.

L’ultimogenito Omar si suicidò a sua volta nel 1963, gettandosi dal secondo piano del suo alloggio del quartiere San Donato. Tuttavia non credo che passeggiando insieme lungo il Po, sotto lo stesso cielo di Torino, avrebbero parlato delle disgrazie che hanno punteggiato le loro vite. Mi immagino piuttosto Edmondo chiedere a Emilio di raccontargli le sue giornate alla Biblioteca Civica Centrale, a sfogliare atlanti e racconti di viaggi esotici. E mi immagino Emilio chiedere a Edmondo di raccontargli il grande cuore di Garrone contrapposto al piccolo cuore dell’infame Franti. Sullo sfondo, gli occhi rapiti di tanti giovani adolescenti che con le avventure de ‘Le tigri di Mompracem’, o viaggiando ‘Dagli Appennini alle Ande’, hanno sognato e vinto la noia di interminabili pomeriggi.