Home > People > Editoriali > Scenari economici > Settimana corta: istruzioni per un dibattito costruttivo
Torino, Primavera 2023
Il tema della settimana corta o, più in generale, della flessibilizzazione dell’orario di lavoro ha assunto negli ultimi anni una posizione centrale nel dibattito fra i player del mondo del lavoro. Il principale interrogativo che ci si è posti è stato quello di determinare se e fino a che punto soluzioni di questo tipo abbiano un effetto diretto e immediato sulla produttività e sul benessere dei lavoratori, ma non può essere neppure trascurata la domanda concernente le modalità con cui implementare, dal punto di vista tecnico, le misure di flessibilità dell’orario di lavoro. L’argomento è divenuto ancor più di attualità a seguito del superamento della fase pandemica, nel corso della quale è apparso di assoluta evidenza che, per un verso, il lavoro poteva essere reso in modalità differenti, ma pure che, per altro verso, la scala valoriale del lavoratore aveva decisamente virato verso l’ottimizzazione del tempo di lavoro.
Il principale interrogativo che ci si è posti è stato quello di determinare se e fino a che punto soluzioni di questo tipo abbiano un effetto diretto e immediato sulla produttività e sul benessere dei lavoratori
Sotto questo aspetto, gli esperimenti si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutti i Paesi europei e i primi risultati paiono essere incoraggianti, anche nell’ottica di una futura universalizzazione della misura. In questo contesto, si segnala in particolare la sperimentazione su larga scala effettuata nel Regno Unito, dove sono state coinvolte 61 aziende per un periodo di sei mesi, al termine dei quali ben 56 realtà hanno dichiarato di voler proseguire con la misura anche per il futuro. Al contempo, si può ragionevolmente sostenere che il cuore del dibattito non sia la “settimana corta” in sé, bensì, a monte, il ripensamento complessivo del rapporto tra l’impresa e il lavoratore dipendente, verso una (nuova?) prospettiva di valorizzazione del risultato, o meglio, della qualità del lavoro rispetto al tempo impiegato. A parere di chi scrive, infatti, l’elemento del tempo impiegato per rendere una determinata prestazione non dovrebbe essere un indicatore di per sé rilevante, dovendo, piuttosto, collocare al centro la qualità che si riesce a esprimere anche in un tempo inferiore. Solo se si condivide questo assunto, la “settimana corta” può in effetti divenire un valore. Ferme restando le considerazioni appena espresse, non si può allora che guardare con interesse alle molteplici sperimentazioni in corso anche nel nostro Paese, nella misura in cui esse mirano all’individuazione di differenti modelli organizzativi attraverso il confronto sindacale, specialmente a livello aziendale. Solo a livello decentrato, del resto, è possibile trovare un’efficace sintesi tra l’interesse alla produttività della singola azienda e le istanze legate alla qualità della vita dei lavoratori. In un quadro tanto variegato quanto ricco in termini di spunti e di soluzioni gestionali, va quindi accolta con estremo favore l’iniziativa del Presidente della Commissione Lavoro volta ad avviare un’indagine conoscitiva sul fenomeno della “settimana corta” (e, più in generale, della flessibilizzazione dell’orario di lavoro), fermo restando che un’eventuale previsione di legge in materia correrebbe il rischio, nell’omologare la tutela in una dimensione trasversale, di irrigidire lo strumento, privandolo di quella fondamentale duttilità che lo rende adattabile a contesti organizzativi molto differenti fra loro. Sarebbe pure utile, come auspicato da più parti, avviare una più profonda riflessione attorno al nucleo dal quale originano le istanze della “settimana corta”, ovvero sul modello della subordinazione e, segnatamente, sulla relativa (in)adeguatezza nel rispecchiare l’attuale mercato del lavoro; che non è – ormai da molto tempo – più legato alla mera “messa a disposizione” di energie lavorative per un tempo definito. Occorrerà, in questo senso, spostare l’attenzione verso una valorizzazione della qualità del tempo, piuttosto che sul suo esclusivo decorso.