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Torino, Autunno 2022
Si è appena conclusa l’edizione 2022 di Terra Madre, la festa del cibo sostenibile, tradizionale appuntamento biennale dell’autunno torinese. Nata anni fa, dall’intuizione di quel visionario che risponde al nome di Carlo Petrini, per raccontare storie legate al mondo del cibo e dell’agricoltura, con il tempo la manifestazione si è data il compito di indicare, ad un pubblico sempre più numeroso, un obiettivo più generale: comportamenti e pratiche per un mondo più sostenibile che non riguardano solo le responsabilità della politica, ma devono improntare i comportamenti quotidiani di tutti. Ma sappiamo davvero con esattezza a cosa intendiamo riferirci quando parliamo di sostenibilità? Non corriamo forse il rischio di usare questo termine in maniera inappropriata o quanto meno in senso limitato? In effetti, il concetto di sostenibilità è di portata molto più estesa di quanto l’uso corrente faccia credere: esso è un concetto etimologicamente (dall’inglese sustainable, ovvero durevole) connesso alla capacità degli effetti positivi legati ad una qualunque azione di permanere e perpetuarsi, e misura il grado in cui i suoi benefici continuano a prodursi anche dopo la conclusione dell’azione stessa. Qui mi preme solo evidenziare che il concetto di sostenibilità, che molti intendono solo economica e ambientale, deve riferirsi più compiutamente anche ad altri ambiti: socioculturale, istituzionale e tecnologico. È essenziale, infatti, analizzare l’impatto culturale di una qualunque iniziativa su usi, tradizioni e normative del contesto in cui si realizza. Così come è indispensabile che l’iniziativa sia attuata e si sviluppi, anche con orizzonti temporali medio-lunghi, con il supporto politico e amministrativo di tutti gli enti e le amministrazioni coinvolte. Ed infine è quanto meno opportuno che siano garantite scelte tecniche appropriate e pertinenti rispetto alla realtà, attuale e futura, in termini di disponibilità di infrastrutture e conoscenze tecniche e scientifiche.
Lascio all’esperienza del lettore valutare quanto Torino sia conforme a questa visione di città del futuro. A me stesso, invece, ricordo l’impegno di ribadire l’appello affinché alla nostra città siano garantite serietà, competenza e reale dedizione
Per tutti questi motivi, serietà impone ai cittadini e agli amministratori di una smart city di realizzare solo e soltanto comportamenti compiutamente sostenibili. Evidentemente così non è se, nel 2015, l’ONU ha sentito il bisogno di licenziare una risoluzione, nota anche come Agenda 2030, che riassume i 17 obiettivi strategici di sviluppo sostenibile, dedicando l’undicesimo proprio alle città e alle comunità sostenibili. Questo obiettivo, in particolare, si declina attraverso traguardi specifici che auspicano edilizia e sistemi di trasporto sicuri e alla portata di tutti, progettazione urbana inclusiva e in continuità con azioni di area vasta e nazionali, salvaguardia del patrimonio naturale e culturale, mitigazione degli impatti negativi dei disastri naturali, riduzione degli impatti ambientali di ogni nuova iniziativa, garanzia di accesso per tutti a spazi verdi adeguati. Lascio all’esperienza del lettore valutare quanto Torino sia conforme a questa visione di città del futuro. A me stesso, invece, ricordo l’impegno di ribadire l’appello affinché alla nostra città siano garantite serietà, competenza e reale dedizione, da parte dei suoi cittadini, ma soprattutto dei suoi amministratori, nel prendere sempre più consapevolezza, intima e sincera, dell’ineluttabilità di comportamenti e scelte sostenibili, e non frutto di vuota retorica di moda o, peggio, di volgare propaganda.