Home > Food > Food Partners > Bagna cauda: da Frà Fiusch il manifesto dell’autunno
LA BAGNA CAUDA È LETTERALMENTE L'AUTUNNO IN TAVOLA. CI SONO LE STORIE, IL PASSAGGIO DI STAGIONE, LA VIA DEL SALE, UN PIEMONTE DI TANTI ANNI FA. QUESTO E ALTRO NEL NUOVO MENÙ DI FRÀ FIUSCH, UNA POESIA PER LA TAVOLA RACCONTATA PER NOI DA UGO FONTANONE
L’ode a sua maestà la bagna cauda ce la canta un aedo d’eccezione: Ugo Fontanone, de La Taverna di Frà Fiusch. Una storia antica, in cui si incrociano miseria e nobiltà, legata a filo doppio alle vicende dell’ancestrale Via del Sale, che conduceva in Francia e in Europa i prodotti sotto sale che risalivano dal mare il continente. Una storia che è un trattato di vita di campagna: «Considera che non sono passati neanche tutti questi anni, io ero piccolo e certe tradizioni le ho vissute ancora a pieno, ma molte cose da allora sono cambiate. Erano i tempi del nebbiolo, vitigno tardivo, autunnale e avvolto appunto dalla nebbia; era il periodo in cui si svinavano quelli che oggi sarebbero vini novelli, all’epoca erano vini e basta. Si festeggiava la fine del lavoro, delle fatiche, l’arrivo dell’autunno insomma; e lo si faceva con tutte le verdure che si possedevano, con le ultime dell’estate e quelle del primo freddo. Il peperone re della bagna, il cardo, i porri, il sedano… Tutto alle spalle dell’acciuga, il prodotto più di pregio che ci si potesse permettere, e dell’aglio, povero, poverissimo che praticamente tutti avevano; più ovviamente l’olio, o meglio il burro, perché quello c’era. La bagna cauda era una festa, un manifesto della convivialità: dato che erano le ultime giornate “belle” in cui si mangiava fuori, con il paiolo in mezzo. Un vero rito a cui in tempi antichi ogni tanto si invitava il nobile di turno. C’era anche una sorta di progressismo nella tradizione della bagna…».
Il filo conduttore di questo genere di piatti, quelli di Frà Fiusch, della proposta di Ugo, è sempre lo stesso: l’umanità. L’imprescindibile convinzione che la cucina in fondo vada ben oltre la cucina: «Senza persone, senza storie, crisi, diatribe familiari, affetti persi e ritrovati, la cucina non sarebbe cucina. Togliere l’elemento umano al mondo della gastronomia è come togliere l’acqua alle piante. Ogni piatto di Ferran Adrià, uno dei più grandi chef di sempre, è incontrovertibilmente legato a un aspetto della sua personalità, o a un’esperienza passata, comunque sia a un riflesso di ciò che è. E nella cucina, almeno nella mia, il tentativo è proprio quello: recuperare delle reminiscenze personali, toccare corde dell’animo altrui. Se assaggiando la mia finanziera a un cliente viene in mente quella che da bambino cucinava la nonna, beh io ho vinto. Ho vinto perché lì dentro ci sono anni e anni di vita tutti in un boccone. Cosa posso chiedere di più?. Non sempre si può fare ma a volte capita ed è l’aspirazione massima per chi interpreta il mestiere come me».
Questa forma di ristorazione non è neanche più lavoro, è una responsabilità, una missione. La cucina è una macchina del tempo e contemporaneamente uno sguardo stretto e ampissimo sul mondo. Storia, geografia, economia, emozione: basti pensare alla bagna, un trattato di usi, costumi, cartoline dal passato di un Piemonte che oggi è complicato ritrovare.
Uno spazio per stare bene e godere di un menù veroNoi personalmente riusciamo ancora a sfiorarlo nei piatti e nelle parole di Ugo, e questa è una fortuna perché è impossibile far vivere certe sensazioni se non si hanno i metri di paragone corretti, quelli che oggi stiamo perdendo: «Certe proposte di cucina oggi sono, a mio parere, sbagliate. Oggettivamente. E non mi riferisco alle scelte economiche, di quelle mi importa poco, ma al fatto che risultino praticamente come operazioni di controcultura. È grave, specialmente in un presente in cui i bambini avrebbero bisogno di tanta cultura sul cibo, ora che le nonne di un tempo non ci sono più. La ristorazione non può che essere una missione, chi ci ha preceduto la viveva così, spontaneamente: nelle osterie ti mettevano i piatti di stagione a tavola e le discussioni erano zero. In modo grezzo sì, ma quello era fare cultura: nei gesti semplici c’erano la cura della stagione, la curiosità verso il cambiamento… Pensa al panettone, per me da bambino era un miracolo, esisteva quindici giorni all’anno e poi niente. Era magia perché c’era l’attesa. Bisogna tornare a pensare alla cucina come a una magia da condividere».
Frà Fiusch è luogo ben conosciuto dagli amanti della ristorazione del territorio, uno spazio per stare bene e godere di un menù vero: l’idea è stata quindi agire per sottrazione, tornare alla materia prima, perché qui a tardo pomeriggio è un via vai di cassette con peperoni, funghi…
Un angolo di cultura gastronomica che invita, per una volta tanto (immersi come siamo nella velocità e ferocia di questi tempi), a fare un passo indietro. A mettere finalmente le gambe sotto al tavolo “senza pensieri” (come recita qui uno dei menù degustazione). Insomma, il solito spettacolo di gusti e colori, con la bagna regina d’autunno, e al centro nuovamente l’emozione umana, insieme alla volontà forte di un pirata della nostra ristorazione; un Ugo Fontanone che da 25 anni non ha alcuna intenzione di ammainare le vele della propria idea di cucina e di mondo.
L’idea è quella di proporti una cucina di cuore
che si ispira ai piatti della cucina tipica piemontese,
seguendo i ritmi delle stagioni in una chiave
più moderna e leggera.
A pochi passi dalla chiesa principale del borgo di Revigliasco trovi La Taverna di Fra Fiusch, che ti accoglie con un’atmosfera fresca ed elegante.
FRA FIUSCH
Indirizzo: Via Maurizio Beria 32 – Moncalieri
Telefono: 011.8608224
Instagram: frafiusch
Facebook: Fra Fiusch
Sito: www.frafiusch.it
(foto FRANCO BORRELLI)
(Servizio publiredazionale)