News

Editoriale

di Guido Barosio

2020, formule per il futuro di Torino

Torino, inverno 2019

Nella classifica 2019 sulla qualità della vita in Italia Torino ha recuperato ben 30 posizioni rispetto all’anno precedente. Ma, nei medesimi giorni, l’ISTAT certifica che questa è la città del Nord in testa per il reddito di cittadinanza. Se poi ascoltiamo i residenti sembra che turismo e cultura si stiano spegnendo. Però, come la mettiamo con le presenze alberghiere che registrano un trionfale +34,8% dal 2015? Il quadro appare confuso, ma sarebbe meglio dire complesso, perché, come sosteneva Aristotele, «una città è composta da tipi diversi di uomini; le persone simili non possono dar vita a una città». Molto tempo dopo, era il 1784, Immanuel Kant scriveva: «Da un legno così storto come quello di cui è fatto l’uomo non si può costruire nulla di completamente diritto».

Il mood da rimettere al centro propone una città che può offrire tutto ma non è così grossa da renderlo irraggiungibile, dove un ristorante non è necessariamente new e cool, dove allo stadio ci sono più tifosi che spettatori, dove un teatro è  semplicemente un grande teatro

Richard Sennett, il massimo studioso in materia di urbanistica, insiste sul medesimo concetto: «Una città è storta e sbilenca perché è diversa e molteplice e contiene al suo interno disuguaglianze accecanti. Signore snelle e slanciate consumano i pasti al ristorante a pochi isolati dal punto di ritrovo di netturbini esausti e stremati. Infine, genera pressioni ad alto livello di stress». Ecco, non abbiamo strumenti di lettura perché non li possiamo avere. In più, a Torino, sembra esistere un’incolmabile distanza tra reale e percepito. Che si traduce in contrapposizione tra fazioni avverse, entrambe con ragioni fondate. I medesimi provvedimenti – quelli che esaltano la Torino ‘ciclabile’, ad esempio – suscitano il plauso dei ciclisti ma il fastidio degli automobilisti e persino dei pedoni, che ritengono i fruitori delle due ruote liberi da ogni regolamento e sanzione. Le distanze tra reale e percepito possono accorciarsi se le azioni finalizzano l’obiettivo, come quando una squadra realizza un gol. Altrimenti si resta a metà del guado. Artissima è una fiera di assoluto rilievo, ma da anni l’Oval è isolato nel nulla, ci si arriva a piedi tra container e penombra. La lotta all’inquinamento non può puntare solo sulle auto, quando sono i riscaldamenti (in particolare quelli dei grandi edifici pubblici e privati) a creare i danni maggiori. Cioccolatò registra numeri da record, ma abbiamo portato in centro un mercato dal quale i nostri artigiani di qualità sono fuggiti. Tre esempi per un valore metropolitano lasciato incompiuto. I maggiori urbanisti suggeriscono di accordare due concetti: la ‘ville’, l’insieme degli edifici che costituiscono l’hardware, e la ‘cité’, il valore immateriale e umanistico che caratterizza l’anima e lo spirito, in sostanza il genius loci. Nel panorama internazionale Torino è una ‘città media’, un ruolo sul quale puntare con decisione, perché oggi sono proprio queste a essere vincenti.

Secondo la graduatoria 2019 di Monocle scopriamo che Zurigo (metà degli abitanti di Torino) è al primo posto. Ma in altre classifiche troviamo Manchester, Lione, Nantes, Anversa (tutte intorno ai 500mila abitanti) e Austin (950mila), la piazza emergente degli States. Per una sintesi ideale tra ‘ville’ e ‘cité’ occorre prendere nota delle trasformazioni. Oggi i millennials trascorrono a casa il 75% del tempo in più rispetto alla generazione X (che detiene tutto il potere) e le tribù metropolitane mostrano un crescente fastidio per il controllo tecnologico: gestione dei dati, accumulo delle informazioni, scomparsa del contante, eliminazione del contatto umano. Vien da dire: il rigetto dal troppo smart. Forse il mood da rimettere al centro propone una città che può offrire tutto ma non è così grossa da renderlo irraggiungibile, dove un ristorante non è necessariamente new e cool, dove allo stadio ci sono più tifosi che spettatori, dove un teatro è semplicemente un grande teatro. Ecco, il teatro. Che noi abbiamo sempre amato e che in questo numero a cavallo tra i due anni mettiamo al centro di Torino Magazine. La storia del Teatro Regio è davvero ‘cité’ e ‘ville’ allo stesso tempo: arte e genius loci, ma anche lavoro e macchine di scena, poesia e sudore. E col Regio vi raccontiamo la storia e i progetti di Sebastian Schwarz, il nostro primo sovrintendente rock. Il volto di copertina è quello di Raoul Bova: un ospite della nostra città che ha saputo amare Torino nel suo soggiorno. Lui rappresenta il cinema e la televisione, come Violante Placido, che troverete tra le nostre interviste. Il cinema è il mito che racconta le città al mondo. Torino ‘città del cinema 2020’ ha sempre creduto in questa magia, che è arte e concretezza. ‘Ville’ e ‘cité’, come nelle pagine di Torino Magazine, un buon posto per sfogliare il domani.