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Editoriale

di Guido Barosio

L’anno che verrà

Torino, inverno 2020

«L’ anno vecchio è finito, ormai. Ma qualcosa ancora qui non va. Si esce poco la sera, compreso quando è festa… Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione. E tutti quanti stiamo già aspettando… E senza grandi disturbi qualcuno sparirà… E come sono contento di essere qui in questo momento… Vedi caro amico cosa si deve inventare. Per poter riderci sopra. Per continuare a sperare». Lucio Dalla, 1979. Sono passati più di 40 anni e sembra scritta oggi. Perché c’è tutto quello che serve, il desiderio di lasciarsi il buio alle spalle come l’attesa del nuovo. Per Torino il 2021 sarà l’anno più importante dopo il 2006: le elezioni del nuovo sindaco, la ripresa della vita civile e il passaggio attraverso la più imponente campagna di vaccinazione della storia, una svolta economica imprescindibile, una città ridisegnata nei suoi comportamenti. E ancora: quando riprenderemo (e come) ad andare a teatro, al cinema, negli stadi, nei musei? Quando i ragazzi torneranno nelle scuole e all’università? Come e quando decine di migliaia di torinesi torneranno al lavoro ‘per davvero’, senza più adagiarsi nel torpore dello smart working? Il nuovo sindaco dovrà governare tutto questo, ma non sarà un sindaco per cinque anni, la sua figura condizionerà la storia della città per il prossimo decennio, e oltre. Perché da come andrà il 2021 comprenderemo come sarà la Torino in divenire. I nostri editorialisti Valerio Saffirio e Benedetto Camerana hanno aperto una finestra sul futuro, mentre i nostri ‘capitani metropolitani’ ci raccontano di come hanno vinto la guerra, o, almeno, di come hanno tenuto lontano il nemico. Oggi loro, e tanti altri, avranno il compito di vincere la pace. Perché è illusorio, e in assoluto sbagliato, pensare al ‘prima’. Il prima, per Torino, non andava certo benissimo. Leggendo il Rapporto Rota si deve riflettere su un tessuto metropolitano ‘ridimensionato’, con meno abitanti e meno risorse, certamente non più attrattivo, anzi respingente verso le generazioni future.

Il 2021 sarà l’anno più importante dal 2006. Sfidante e strategico segnerà la ripresa della vita civile, consegnerà la città al nuovo sindaco, renderà imprescindibili i temi della sostenibilità e della ripartenza economica.

Da questi dati occorre ripartire: Torino può essere più ‘piccola’ che in precedenza, ma più smart, più tecnologica, più green, più colta, con servizi più efficienti e, soprattutto, con degli obiettivi. I nostri abitanti possono essere anche meno di 800mila, ma quello che conta è come li facciamo vivere e lavorare. In tutto il mondo i prossimi cinque anni ci diranno come saranno le città, che per 50 anni hanno continuato a crescere e a gonfiarsi. Oggi il modello vincente sembra invece puntare con decisione verso la sostenibilità, verso una gestione diversa degli spazi e dei flussi. Ma il grande nemico da sconfiggere è la paura: paura del futuro, paura delle malattie, paura di essere imprigionati da norme e restrizioni, paura di tornare a lavorare, paura di perdere il lavoro. La paura ha un immediato effetto indotto: la porta di casa ben chiusa dietro le spalle, che poi è la versione metropolitana dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia. Abbiamo passato un 2020 da spaventati e abbiamo subìto un 2020 dove molti hanno cercato di spaventarci, con quali fini e con quali mezzi sarà una storia ancora tutta da scrivere.

Ma noi siamo Torino, noi abbiamo rialzato la testa nel 1945 dopo essere stati massacrati dalle bombe. È un ricordo che può bastare? Purtroppo no, perché un esercito è un nemico ‘fisico’, un nemico in carne e ossa come noi, dopo che l’hai battuto non torna più. La malattia invece è un avversario più ambiguo, non lo vedi e non sai se (e in che data) se ne andrà. Quando ero direttore a LaPresse i fotografi preferivano di gran lunga andare in Afghanistan che nelle città colpite dalla SARS. Più che a uno spirito bellico oggi occorre ispirarsi al Rinascimento, che fu l’alba di un nuovo sole, dove l’uomo guardava oltre gli orizzonti ed esaltava arte, scienza e natura, tutte parte della medesima armonia. Solo un mondo così vince la paura, perché la paura, in un mondo così, non ha cittadinanza. Da questo ‘numero di confine’ noi di Torino Magazine aspettiamo la città che arriverà, sapendo bene come dovrebbe essere. Una città col volto coraggioso di Belotti (scatto d’autore, desaturato, da guerriero), capitano che non si tira mai indietro, con le belle storie dei nostri ‘capitani metropolitani’, con le chiese tanto amate che ci hanno confortato nei mesi di silenzio, con le serrande alzate e i ristoranti aperti, con tante pagine che, se le leggi tutte, non ti viene più paura.