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Il tempo svelato: Giovanni Plana

A spasso per Torino

di Sandro Cenni & Lando Moglia

Primavera 2019

È buona norma andare a passeggio nei parchi: bei colori, aria rinnovata dalla sintesi clorofilliana, gente che cammina, altra che corre controllando i battiti del cuore o si ferma a valutare i chilometri percorsi. Sono passeggiate spesso competitive, per sgravarsi della pigrizia e fortificare il corpo. C’è, invece, chi è attratto dal centro. Il centro è come i famosi buchi neri del cosmo, sempre caldi. Il centro è caldo. Scaldato dalle crepe, dalla vetustà, dall’amplesso della storia, dallo struscio delle persone a zonzo sotto i portici, dalle chiacchiere delle ragazze davanti ai negozi, dagli occhi dei maschi posati sugli iPhone, da persone d’età che leccano un gelato con qualche scrupolo. Poi giù, camminando verso il fiume, con lo sguardo alla Gran Madre, alla collina sempreverde, fino in piazza Vittorio.

Il Tempo come Tale non esiste [...] Non è possibile valutare il Tempo se non paragonando fra loro i vari fenomeni che si producono nelle stesse condizioni in cui esso viene considerato - George Ivanovič Gurdjieff

 

È in piazza Vittorio che al numero 12 c’è una lapide: «In questa casa addì 20 gennaio 1864 moriva il sommo astronomo e matematico Giovanni Plana». Al contrario di quanto accade oggi, quando i ragazzi prendono la laurea nelle università italiane e poi i migliori vanno a esercitare all’estero, Plana aveva studiato a Parigi sotto la guida di Lagrange, unico italiano, e torinese per giunta, sepolto al Pantheon di Parigi. Fu Lagrange che iniziò all’analisi matematica e al calcolo infinitesimale il giovane Plana, diventato poi il più grande matematico e astronomo dell’800; tornato a Torino, si trovò subito al vertice delle istituzioni universitarie dirigendo la prestigiosa Accademia delle Scienze.

Nel 2015, durante l’esposizione della Sindone a Torino, tutte le chiese sono state aperte al pubblico, con alcune sorprese anche per noi torinesi. Così, nella sacrestia della Chiesa dei Banchieri e dei Mercanti di via Garibaldi 25, ben nascosto sin dal 1850, ci è stato mostrato il Calendario Meccanico Universale, un’incredibile apparecchiatura che memorizza 46mila dati e più, opera di Giovanni Plana. Anni di lavoro per costruire il primo computer della storia: un insieme di rulli, catene, scale graduate in legno e carta, che contiene le innumerevoli variabili di un calendario normale: lunazioni, anno comune o bisestile, successione di feste incentrate sulla Pasqua e altro ancora; e mentre il calendario che utilizziamo a fine anno dev’essere sostituito da uno nuovo, quello Universale è valido e sempre aggiornato per 4mila anni. Consultandolo possiamo sapere quando cade la Pasqua di qualsiasi anno fino al 4000 dC.

Calendario Meccanico Universale

Nella ‘Théorie du mouvement de la lune’, fondamentale nella costruzione del Calendario Universale, Plana ha raccolto le misure dei moti lunari, importanti per la navigazione notturna, così precise da essere adottate dalle navi di Sua Maestà Britannica. Misure raccolte in questo poderoso tomo insieme alle leggi per cui la Luna mostra sempre la stessa faccia alla Terra, con una di quelle singolarità che ci inducono a ritenere che l’universo nato nel caos primordiale si stia riorganizzando perfettamente nel suo divenire. Non conosciamo come viveva il Plana, di certo non andava all’osteria a giocare a scopone con gli amici, perché lo immaginiamo austero, poco incline al dialogo, sempre curvo sui suoi libri o a scrutare il cielo, orgoglioso e distaccato nel rapporto con gli allievi.

Casa in piazza Vittorio 12, dove visse Giovanni Plana

Lo vediamo però attivo nel dare impulso alle conferenze dei mercoledì all’Accademia delle Scienze, e avrebbe fatto carte false per avere come relatori, alla conferenza ‘Sul fluire del tempo’, due personaggi russi che all’inizio del ’900 portarono nei rispettivi campi nuove idee cosmologiche e nuove visioni artistiche. Chagall, che supera la legge di gravità e fa volare gli innamorati nei suoi dipinti, e Gurdjieff, che nel suo ‘Racconti di Belzebù’ afferma che la vera scienza oggettiva dà del fenomeno tempo la seguente definizione: «Il Tempo come tale non esiste. Il Tempo, come tale, non può essere compreso da nessun essere; il Tempo non ha origine e non è possibile stabilirne con esattezza la presenza. Non è possibile valutare il Tempo se non paragonando fra loro vari fenomeni che si producono nelle stesse condizioni in cui esso viene considerato».

Nella durata del processo del corso del tempo può fare la differenza anche lo stato di coscienza del momento. Può servire come esempio il modo in cui, per la persona profondamente malinconica, il tempo si trascini in modo mortalmente noioso; al contrario di come scorra veloce il tempo nell’incontro di due amanti.

Quanto espresso può essere

comprensibile, ma ciò che facilmente non lo è è il concetto del ‘rallentamento del tempo’ che ora ci viene proposto. Einstein ha avutointuizioni che poi la fisica ha dimostrato, intuizioni che ci proiettano in un mondo quasi impossibile da immaginare. Carlo Rovelli ne ‘L’ordine del tempo’, un libro che ci solleva da terra e ci spara in un altro mondo fuori dal tempo e dallo spazio, scrive: «Due amici si separano, uno va a vivere inpianura, l’altro in montagna. Dopo anni si ritrovano: quello in pianura ha vissuto meno, è invecchiato meno, i due orologi segnano tempi diversi». Ciò che stupisce è che Einstein aveva capito, molti anni prima delle misurazioni, come la massa rallenti il tempo e così pure la velocità. In virtù di questa intuizione: «C’è della scienza – dice Romagnoli – nella follia di Valentino Rossi, che si ostina a competere con i suoi ‘figli’, perché sa che un uomo inscritto in un circuito tende a frenare quel processo». Il tempo ha perso la sua unicità. Sorprendente? Per noi sì.

Chiesa dei Banchieri e dei Mercanti

Era stato Newton

a mettere il tempo come valore immutabile per poter dimostrare la sua teoria gravitazionale. Recenti analisi consigliano di riprendere la teoria aristotelica in cui il tempo era solo un modo per misurare il movimento delle cose. Se non c’è nulla che si muove, non c’è tempo. Che ciò sia materia complessa già lo sapeva Sant’Agostino, che a proposito del tempo diceva: «Se non me lo chiedi so cos’è, ma se me lo chiedi non lo so più».