Torino, estate 2020
Tra le categorie professionali che hanno vissuto in maniera particolare le difficoltà del COVID quella dei commercialisti è sicuramente in zona medaglia. Pur essendo tenuti a rispettare doverosamente tutti gli obblighi imposti dalle restrizioni dei noti DPCM, siamo stati allo stesso modo tenuti a proseguire nella nostra attività in quanto oggetto, da parte dei nostri clienti, di nuove e inedite domande scaturite dalle mutate esigenze di vita che ci hanno portato a svolgere la professione in maniera tutta nuova, con comportamenti che hanno toccato non solo noi, ma anche i nostri collaboratori, i nostri dipendenti e quindi, conseguentemente, le nostre famiglie.
La chiusura forzata degli uffici, innanzitutto, ha comportato la necessità di utilizzare in maniera massiva il cosiddetto smart working che, in prospettiva futura, potrebbe anche diventare una modalità ordinaria di lavoro in quanto, se gestita altrettanto responsabilmente come nel periodo del coronavirus, e dosata in maniera intelligente, presenta – per chi ne faccia uso – indubbie qualità di miglioramento della vita domestica e rilevanti risparmi dei tempi di trasferimento. In secondo luogo, la pandemia ha comportato una crescita esponenziale nell’utilizzo delle videoconferenze e dei cosiddetti webinar. Le prime per evitare di incontrarci, e le sedute di lavoro si sono doverosamente svolte a distanza; i secondi per continuare a formarci e ad assistere efficacemente i nostri clienti, nell’impossibilità di farlo nelle sedi consuete, con l’opportunità di usufruire di docenze da tutta Italia.
Da strumenti visti con occhio critico, soprattutto dai meno giovani, ne abbiamo progressivamente percepito le qualità positive, che consistono tanto nella più semplice e immediata condivisione dei meeting, quanto nella possibilità di evitare trasferimenti costosi e impegnativi, avvicinandoci in una virtuale sala riunioni di dimensioni potenzialmente infinite. E oggi che la pandemia sembra ci lasci lentamente tornare alle nostre vecchie abitudini, speriamo a titolo definitivo, stiamo pensando che queste nuove modalità operative si possano effettivamente proseguire per lavorare e lasciar lavorare i nostri collaboratori in maniera più efficace, gestendo il tempo con un’elasticità più consona alle esigenze dei nostri congiunti, e, soprattutto, per vivere di fatto meglio. Senza esagerare, però, perché il contatto fisico è importante in un mondo sempre più virtuale. Non possiamo perderlo: guardarci negli occhi, stringerci le mani, allargare gli orizzonti al di fuori dei nostri confini. Ma la pandemia ci ha aperto anche nuove porte professionali.
I clienti si rivolgono a noi per essere assistiti nelle neonate esigenzederivate dalla crisi: contributi per le locazioni, cassa integrazione, bonus INPS, finanziamenti garantiti al 100%, 90% o 80%, contributi a fondo perduto nazionali e regionali, bonus biciclette, bonus vacanze, e via di seguito. Speriamo che si ricordino anche di noi dopo aver giustamente pagato i dipendenti, l’agenzia della riscossione, le banche, i fornitori, ecc., riconoscendo tangibilmente, oltre che emotivamente, il nostro ruolo di ausiliari dell’imprenditore. E speriamo che, comunque, l’economia torni a produrre ricchezza e benessere come ai tempi del boom italiano degli anni ’60. Ma non speriamo solo che accada, proviamo tutti a metterci del nostro.