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Torino, SPECIALE giugno 2019
Non credo negli allenatori, o meglio credo a Nereo Rocco che diceva, di sé e dei suoi omologhi: «Importante è che non si facciano danni». Dunque non so proprio individuare quelli di loro che hanno cambiato il mondo del pallone. E poi il calcio come sport è scarsino, nel senso che le sue valenze atletiche sono minime: si corre ma mica sempre al massimo, specie con la palla fra i piedi, e mica per tanti chilometri, si salta ma subendo impacci assortiti, si lotta corpo a corpo ma mica troppo, non si possono usare le mani per trattare il pallone e dunque è come se si facesse una gara di corsa con le gambe legate in un sacco. Si tratta di un gioco, ecco, con agganci sportivi, probabilmente il più bel gioco di squadra del mondo. Rispetto a quello che trasfonde in un atleta un allenatore di atletica, di nuoto, di basket, di volley, l’allenatore di calcio è un signor nulla, anzi un mister poco o niente. Serve eccome, questo mister, per altre cose: incantare i media, sedurre i magnati e gli sponsor, attirare i tifosi, individuare i giocatori da comprare o da vendere (ma qui lo batte il talent scout: fra l’altro l’allenatore li vede male dalla sua postazione, e la tivù spesso inganna, mistifica anziché aiutare).
Ho conosciuto un solo allenatore che ha davvero portato qualcosa di nuovo, di sostanziale nel mondo del calcio […] Dico di Gigi Radice, allenatore del mio Torino dal 1975 e subito vincitore dello scudetto
Gli schemi sono un’invenzione dei media, non degli allenatori. I ruoli speciali sono quasi sempre un caso: il centromediano metodista avanzato alle spalle degli attaccanti era un difensore stufo di dover solo difendere, il ‘falso nueve’ è già sparito oppure è sempre esistito, fate voi, idem per il tornante. La zona? La praticano tutti, ma si esaltano i marcamenti perfetti, spietati, a uomo. E quando si giocava a uomo si esaltava la copertura di tutto il terreno di gioco con spostamenti intelligenti. Quella del libero è stata sì un’invenzione (Rappan, austriaco, con prima applicazione in Svizzera: anni Quaranta, preistoria), ma fa sì che certe partite significhino inattività piena per un giocatore, e dunque amen, anzi requiem. Il tiki-taka barcellonese richiede dieci giocolieri per squadra, e spesso è un minuetto noioso e inutile. E se rude, crea in campo l’effetto tonnara. E allora? E allora dico, scrivo, sottoscrivo che ho conosciuto un solo allenatore che ha davvero portato qualcosa di nuovo, di sostanziale nel mondo del calcio. Il fatto che io mi consideri in qualche modo coautore (per una quota piccola) di questo evento può scocciare il lettore, che magari ha pure ragione ad accusarmi di megalomania. Dico di Gigi Radice, allenatore del mio Torino dal 1975 e subito vincitore dello scudetto.
Lo avevo conosciuto quando, lungodegente per infortunio, lui difensore del Milan, andava a vedere le partite di basket, sport di cui mi occupavo come giornalista. Parlavamo del pressing cestistico, lui lo spiegava a me che lo controspieghicchiavo a lui, nel Toro subito lo applicò, lo impose, e gli avversari per un bel po’ furono sconcertati assai. Adesso il pressing esasperato è la religione, sino all’effetto-tonnara, anche e soprattutto in area di rigore. Si pensi all’effettuazione delle rimesse laterali: in assenza di giocatori con le braccia capaci dell’effetto-balestra, si riducono ormai a perdite di tempo, con l’arbitro che lascia correre, prima di optare per passaggini al compagno vicino, subito aggredito dal nemico. E sono diventate un problema, un imbarazzo per chi dovrebbe di esse godere. Così anche se non vi pare(va). Chiudo con un omaggio a Walter Zenga, che nel Catania, da lui allenato pochi anni fa, aveva inventato, quando i suoi subivano o effettuavano un calcio d’angolo, il giocatore che si calava le braghe e distraeva gli avversari. Lo presero in giro, si minacciarono gialli arbitrali, ma la sua era innovazione vera.