Home > People > La parola agli Ordini > Notai > Patti successori, è ora di cambiare
È tempo che venga approvata una riforma del divieto dei patti successori, retaggio di un’epoca ormai passata. E ciò anche se verrà a scardinare uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento.
Torino, primavera 2020
Alle volte l’origine di una norma va ricercata molto indietro nel tempo. Nella ‘Bibbia’, nel libro della ‘Genesi’, si narra che Esaù, fratello di Giacobbe, rientrato affamato e sfinito dalla campagna e trovato il fratello che aveva cucinato un piatto di lenticchie rosse, lo implorò di poterne avere un po’ per sé: Giacobbe, approfittando dello stato di necessità del fratello, gli chiese in cambio la primogenitura ed Esaù, che era allo stremo delle forze, accettò. L’episodio biblico ci rimanda – vedremo come – a una norma del nostro codice civile, l’art. 458, che regola il divieto dei patti successori e il cui contenuto è il seguente: «Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768 bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi». Il motivo di questa disposizione – che negli anni è sempre stata al centro di un grande dibattito – deve proprio ricercarsi nelle lenticchie di Esaù e di Giacobbe: infatti, al legislatore ripugna che una persona, spinta dallo stato di bisogno, disponga in qualche modo di un’eredità non ancora aperta.
Il primo caso contemplato dalla norma è quello di un soggetto che, attraverso un contratto con un terzo, dispone della propria successione: il contratto in questione è nullo anche perché, per il legislatore, l’unico mezzo consentito per disporre dei propri beni per il tempo successivo alla morte è il testamento che, per sua natura, è atto personale, unilaterale e, soprattutto, sempre revocabile dal testatore, diversamente dal contratto che, invece, per sua natura è bilaterale. Gli altri casi che il legislatore prende in considerazione riguardano la successione di altri soggetti: non si può disporre in alcun modo di una successione non ancora aperta o rinunciare alla medesima. Per fare un esempio: Tizio, figlio di Caio, non può vendere o donare a Sempronio i propri diritti sull’eredità del padre fino a che il padre non sarà morto e non l’avrà nominato erede, così come Tizio non potrebbe oggi rinunciare all’eredità del padre a favore del fratello Sempronio finché il padre è in vita. Il principio del divieto dei patti successori permea di sé tutto il codice civile e conosce unicamente l’eccezione dei patti di famiglia, di cui parleremo nel prossimo numero. Da tale divieto emergono conseguenze rilevanti nella contrattazione immobiliare. Abbiamo visto negli scorsi articoli come possa essere complicato alienare un immobile pervenuto al venditore attraverso una donazione quando il donante è ancora in vita. Il motivo di tale difficoltà ha direttamente a che fare proprio con il divieto dei patti successori.
Facciamo il caso di Tizio, vedovo, che avendo due figli Caio e Sempronio dona al primo un immobile di rilevante valore. Nel momento in cui Caio, prima della morte del padre, voglia vendere l’immobile, si troverà senz’altro in difficoltà anche se il fratello Sempronio fosse perfettamente d’accordo sulle intenzioni del padre di donare a Caio e su quella del fratello di vendere. Proprio a causa del divieto dei patti successori, Sempronio, quale futuro legittimario nella successione del padre, non può prestare il proprio consenso alla donazione fatta dal padre a favore del fratello perché, in questo modo, disporrebbe di diritti relativi a una successione, quella del padre, non ancora aperta. Io credo che la portata del divieto dei patti successori andrebbe profondamente rivista in quanto è retaggio di un’epoca ormai passata e di un legislatore che pretendeva di fare anche da padre ai suoi cittadini: è tempo che una riforma del divieto dei patti successori sia approvata, anche se verrà a scardinare uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento e anche se, considerato il livello (basso) del nostro legislatore, bisognerà attendere un po’.
Maurizio Gallo-Orsi
Nato a Torino nel 1962, è stato componente del Consiglio Notarile di Torino dal 2000 al 2012 e componente della Commissione Regionale di Disciplina dei Notai per quattro anni dal 2013. Di nuovo componente del Consiglio Notarile di Torino dal 2018, ne è diventato presidente il 14 marzo 2019. È docente della Scuola di notariato Lobetti Bodoni. Ha curato la riedizione, con il padre Gianfranco Gallo-Orsi, del volume ‘L’imposta di successione’, edito da UTET. Ha scritto su Stampa Sera e su riviste giuridiche specialistiche; ha partecipato e partecipa come relatore a numerosi convegni giuridici.