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Torino, autunno 2020
Il mio cellulare squilla: ansia. Chi sarà? Belle notizie? Riaprono i teatri? Brutte notizie? Saltano altre produzioni e si smonta ancora un pezzo di tournée? Siamo solo a metà del guado, sospesi tra un’estate bislacca e il miraggio di un Natale che forse vedrà anche le renne costrette per legge a igienizzare la slitta dopo ogni fermata. I segnali del presente sono talmente traballanti da far sembrare il futuro fragilissimo. Insomma, camminiamo tutti sulle uova. Speriamo solo che il guado non diventi la traversata di un oceano di mascherine. Dal punto di vista professionale ho ben chiaro che devo fare tesoro dell’allenamento speciale che ho ricevuto, come tutti gli artisti, in termini di assoluta elasticità. Possiamo anche chiamarla con il suo vero nome: precarietà, che sarebbe una forma di distanziamento sociale dal lavoro, per cui siamo costretti a salutarlo da lontano, come un amico contagioso.
Come ‘mamma’, invece, lavoro a pieno regime: mia figlia ha iniziato la prima media. Rivoluzione. Chili di splendidi libri. Metodi nuovi. Orari che cambiano di settimana in settimana. L’unica certezza è la gioia di mia figlia nel ritrovare le sue amiche e nello scoprire le professoresse e i professori; l’unica costante sono le norme sanitarie da rispettare. Appena sveglia la sottopongo al rito del termometro: la sua temperatura non supera mai i 36,4 gradi. Mi chiedo se ho partorito una lucertola, ma meglio così. Poi, però, se le scappa uno starnuto scatta l’allarme rosso. ≪Perché starnutisci? Stai covando qualcosa? ≫. ≪Mamma, e autunno, devo solo mettermi la felpa e non starnutirò più≫. ≪Metti anche un foulard, non si sa mai!≫. Mia figlia, sbuffando, si prepara ad affrontare l’ultima prova del mattino: l’ispezione. ≪Hai tutto? Gel? Spray igienizzante senza gas? Fazzolettini di carta? Asciugamano? Mascherina?≫. ≪Ho tutto nello zaino, mamma≫. ≪Perfetto, sali in macchina, cucciola≫. Un vantaggio degli ingressi scaglionati a scuola è che il traffico è molto più scorrevole, in venti minuti attraversiamo Torino e arriviamo a destinazione.
Appena sveglia la sottopongo al rito del termometro: la sua temperatura non supera mai i 36,4 gradi. Mi chiedo se ho partorito una lucertola
≪Ciao, amore, buona scuola, ci vediamo all’uscita≫. Mi giro per darle un bacio e mi prende un colpo: indossa la maschera di Pantalone, quella con cui sta studiando la commedia dell’arte con me e suo papà al corso di recitazione. ≪Non mi dire che hai dimenticato la mascherina anche oggi!≫, mormoro agghiacciata. ≪No, è uno scherzo, mamma. Mi diverte vedere la smorfia anti-COVID che fai quando ti arrabbi!≫. ≪Cioè?≫. ≪Fai un’espressione cosi spaventosa che, se ci fosse il virus nei paraggi, di sicuro scapperebbe. Sembri il Joker≫, dice ridendo e mettendosi la mascherina chirurgica.
Mi dà un bacio, scende dalla macchina e non ho il tempo di chiederle come mai conosca il Joker, visto che suo padre e io siamo stati attentissimi a tenerla lontana da lui… La guardo entrare a scuola con il suo passo energico e leggero malgrado lo zainone sulla schiena. Me la imprimo nella mente, così la mia camminata sulle uova ritrova la sua bussola verso il futuro e sarà un po’ più luminosa anche oggi.