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Sentenze bianconere

di Darwin Pastorin

Beppe Furino, il capitano con l’elmetto

Torino, inverno 2020

Un tempo, nei giorni delle stagioni romantiche del nostro calcio, il numero sulle maglie raccontava non soltanto il giocatore, ma anche l’uomo. Il numero 4 era il mediano di spinta. Gente da sbarco, gambe a ics, testa bassa, furore e acciaio. Si occupava del regista avversario, il 10, il talento per antonomasia: e lo inseguiva anche nello spogliatoio. Memorabili, in tal senso, i duelli tra Beppe Furino, capitano della Juventus dal 1976 al 1983, e Gianni Rivera, il breriano ‘Abatino’, fine dicitore del Milan. Già, Furino: è stato lui il principe dei mediani, il leone del prato verde, il lottatore senza paura. Vladimiro Caminiti, mio maestro di giornalismo sportivo, il poeta di Tuttosport, lo soprannominò ‘capitano con l’elmetto’ e ‘furiafurinfuretto’.

E Beppe, otto scudetti conquistati con Madama, grinta, determinazione e coraggio, scrisse così, ricordando il grande inviato nel libro ‘C’era una volta Camin. Lo stile e il genio di Vladimiro Caminiti’, a cura di Roberto Beccantini, da un’idea di Riccardo Gambelli (Bradipolibri Editore, 2015): «Gli brillavano gli occhi il giorno in cui gli raccontai che, a 14 anni, avevo fatto un tunnel a Sívori. Sì, Omar Sívori. Io, Beppe Furino, di professione mediano. “Come ti permetti?” ringhiò Omar. Era una partitella tra titolari e riserve. Se ne andò, Sívori, sputando per terra. Così lontani, così diversi: eppure l’ho amato, Omar, forse perché da quel giorno, da quel tunnel, non mi ha mai mancato di rispetto». E ancora: «Vladimiro, ti immagino mentre stai leggendo una storia tra le nuvole. Una storia su di me, magari. Il tuo capitano. Mi raccomando: non esagerare ». Così Beppe Furino, centrocampista di grinta e furore, capace di infinita tenerezza.

Beppe Furino, capitano indomito e coraggioso, ha scritto pagine intense e bellissime della storia della Vecchia Signora

Lo conosco da anni, Beppe. Dai tempi del prato verde, per arrivare a oggi. Un amico. Una persona che continua a vivere il football con passione. Segue la sua Juve con immutato amore, il suo è un tifo antico, che si perde nell’infanzia prima a Palermo e poi ad Avellino e Napoli. A 15 anni è a Torino, dove il bianconero diventa campo, realtà, sogno realizzato. Disse a Gianni Mura, all’immenso Gianni, rispondendo alla domanda «Cos’è la juventinità: «È senso di appartenenza, condivisione dei valori. È saper accettare le vittorie e anche le sconfitte, questo vale per i giocatori e anche per i tifosi. Troppo comodo tifare solo quando si vince». Splendido il ricordo della famiglia: «Mio padre napoletano, mia madre di Ustica, dove passavamo le vacanze. Nonno Peppino era stato sindaco dell’isola, poi aveva aperto uno di quei negozi dove si vende un po’ di tutto. Uno dei primi ricordi è di mio padre che suona il mandolino sotto il pergolato».

Oggi è Beppe a suonare quel mandolino. Furino, Caminiti, Mura: la forza del pallone, la bellezza del giornalismo. Beppe, capitano indomito e coraggioso, ha scritto pagine intense e bellissime della storia della Juventus. Correva e marcava, senza demordere mai, indossava la fascia sul braccio con orgoglio, per i giovani rappresentava una bussola, un punto di riferimento, era un beniamino della curva per il suo agonismo, per il suo temperamento, lo stimava moltissimo il presidente Giampiero Boniperti, che vedeva in lui uno dei simboli forti della Vecchia Signora. Uomo di valori e di certezze: questo continua a essere Beppe Furino, il caminitiano ‘furiafurinfuretto’.