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#iosonotorino

di Giovanni Di Perri

«Torino può essere ambiziosa»

«Veder crescere Torino e vederla in parte trasformarsi nell’era post-olimpica, recuperando un po’ della sua identità di capitale, mi ha dato la misura delle sue potenzialità. Importando qualcosa dai luoghi in cui ho vissuto, direi che Torino potrebbe essere un po’ più ambiziosa, coniugando un maggior rispetto (anche edilizio) del suo profilo risorgimentale con la valorizzazione di quel genio inventivo e imprenditoriale che, troppe volte, appare a malapena sopportato.

Bisogna puntare su ciò che funziona bene e investire su ciò che è migliorabile, come la rete ospedaliera cittadina

Spesso, all’estero mi parlano di eccellenze produttive torinesi di cui nessuno a Torino parla… Ciò che è bello e funziona bene condiziona spontaneamente comportamenti migliori (ad esempio, quanto costruito per il Politecnico) e magari cancella quelle aree di rassegnazione che ancora esistono, e che ci fanno sembrare normale che la bici te la devono comunque rubare.

Da medico, inoltre, non posso esimermi dal dire che ciò deve valere anche per la rete ospedaliera cittadina, meta di tante migrazioni per motivi di salute, ma ormai oltremodo inadeguata a ospitare la qualità che comunque esprime».

 

 

Giovanni Di Perri

Arrivato a Torino 21 anni fa, vive in città da ormai oltre un terzo della sua vita. Italo-svizzero di padre eoliano, nato e cresciuto a Siena, dove si è laureato in Medicina, ha poi vissuto e lavorato a Pavia, Londra, Verona, in Africa e nel Sud-est asiatico, per approdare quindi a Torino. Professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Torino, con sede all’Ospedale Amedeo di Savoia, ha percorso le diverse tappe accademiche (PhD, ricercatore universitario, professore associato e quindi cattedratico all’età di 42 anni) lavorando in particolare sui tre bersagli della WHO, vale a dire tubercolosi, malaria e HIV. A Torino ha sviluppato un centro di farmacologia clinica di risonanza internazionale, dal quale diversi suoi allievi torinesi sono stati chiamati a ricoprire posizioni accademiche all’estero.

 

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