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Sentenze bianconere

di Darwin Pastorin

No, non è gol

Torino, Inverno 2023

Io c’ero, l’ho visto e ancora oggi non riesco a crederci. Uno dei più bei gol della storia del calcio annullato per un “fuorigioco di posizione” inesistente: una perla meravigliosa realizzata, alla Pelé, da Michel Platini. Accadde a Tokyo, Japan National Stadium, l’8 dicembre 1985: finale di Coppa Intercontinentale tra la Juventus del Trap e l’Argentinos Juniors, la squadra delle prime glorie di Diego Armando Maradona, il Borges della pelota. Inviato di Tuttosport, scoprivo per la prima volta il fascino indiscreto di una metropoli confusa tra l’antico avvolgente e il moderno esagerato, a passeggio con Franco Colombo, Vladimiro Caminiti, Gianfranco Accio, il radiocronista per antonomasia dei match bianconeri, e Angelo Caroli, venivamo affascinati dalle centomila abbaglianti luci e dai templi misteriosi. Poi arrivò il giorno della partita. Destinata a fare storia: per le emozioni, il pathos, la “garra” e quella indimenticabile beffa. 2-2 (Platini su rigore, Laudrup; Ereros, Castro) dopo i tempi regolamentari e supplementari, 4-2 ai penalty, con il tiro decisivo dagli undici metri di Michel Platini e due parate di Stefano Tacconi. 6-4, dunque, il risultato complessivo a favore di Madama, alla sua prima conquista mondiale. Gli argentini presentarono un centravanti elegante: Claudio Borghi, che fece anche una breve apparizione nel nostro campionato (al Como) e, alla resa dei conti, non mantenne le promesse e le premesse.

Michel urla la propria gioia, ma il tempo improvvisamente si ferma. Bandierina alzata e Roth dice che no, non è gol

Ma quella sfida resterà, sempre e per sempre, legata a quella rete incredibilmente, assurdamente, grottescamente “cancellata” dall’arbitro tedesco occidentale Volker Roth, su segnalazione di un guardalinee di Singapore. Ma andiamo con ordine. Siamo al 68’, sull’1-1. Dopo un corner, il pallone arriva a Bonini, l’erede di capitan Furino, il caminitiano “capitano con l’elmetto”. Il mediano, di testa, trova Platini, appostato sulla sinistra dell’area argentina. E cosa ti inventa il francese? Qualcosa di sublime, di poetico, di meraviglioso. In un lampo: stop di petto, “sombrero” ai danni di Pavoni con il destro e, sempre tutto al volo, sinistro imprendibile alla sinistra del portiere Vidallé. Michel urla la propria gioia, ma il tempo improvvisamente si ferma. Bandierina alzata e Roth dice che no, non è gol. Michel, incredulo, cosa fa? Sentiamolo: «Mi sono sdraiato a terra, mi sono appoggiato su un gomito, ho guardato l’arbitro. Era un gesto di protesta non violenta. Non era per la televisione, era pura disperazione». Sembrava, il campione francese, in quella posa plastica, Paolina Bonaparte Borghese, sorella di Napoleone, nella famosa scultura neoclassica di Antonio Canova (la “Venere vincitrice”). Un solo fotografo riuscì a immortalare quella immagine, Salvatore Giglio: «Eravamo cento fotografi, ma sono riuscito a farla solo io. È successo che quando inquadro lo faccio con l’occhio sinistro e non con il destro, come gli altri. Roth annulla, i giocatori juventini vanno a protestare e con l’occhio destro ho visto Platini buttarsi in terra. Così ho fatto in tempo a fare tre scatti, mentre tutti gli altri non hanno visto la scena. Sono stato fortunato». Una prodezza fantastica, da mille e una notte: ma che non troverete in nessun almanacco. Purtroppo.